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Sul motorino c’ero io con il presidente

Ero io! C’ero io su quello scooter, ieri! Travestita da uomo, perché così funziona nel calcio, che se sei femmina per forza non devi capirci niente. Così mi sono messa una bella felpa grigia abbondante per far passare la paura. Quando l’ho visto uscire come una furia non credevo ai miei occhi. Il presidente! Il mio presidente! Mi è stato subito chiaro avesse bisogno di una mano, anzi, di un mezzo di locomozione. Con scatto felino sono saltata sullo scooter e l’ho guardato con fare ammiccante. I nostri occhi si incrociano, mi sorride sotto i baffi, salta su e dice “vai!”. Diamine! Ho il presidente sul sellino! Sgattaiolo tra le auto in corsa mentre lui continua ad urlare. È sudato, si agita, temo per un attimo mi faccia perdere il controllo del mezzo. Gli chiedo di contenersi, ma con grazia, eh, che questo è arrabbiato di brutto.
Gli chiedo “Aurelio, ma perché l’hai fatto?”. “Come, perché?” mi fa lui “ma non ti rendi conto di quello che ci stanno facendo? Un complotto! Ci temono e cercano di schiacciarci così, in mezzo alle grandi, tra una partita di Champions ed una di campionato. Mica si fa così. E che è? Una sceneggiatura? E se è così è scritta male e guarda, bello, che io me ne intendo di cinema, eh”. “Ma, presidente, sono una donna! Non se n’è accorto?”. “Ecco! Ci risiamo, un’altra imboscata della stampa, eh? Ha ragione mia moglie: me lo dice sempre che esagero, che prima o poi mi faranno un agguato”. “Ma no, Aurelio (posso chiamarla così, che amo il Napoli come se fosse la mia famiglia?), non sono giornalista, sono una tifosa, potrei essere sua figlia!” “Cioè non hai l’accredito??? Vabbè, vuoi fare l’attrice? Calcio femminile? Insomma, troviamo un modo per uscire da questa empasse!”.
Sono confusa. Mi ha spiazzata. Cioè vuole che qualcosa ci leghi per potermi gestire. Lo convinco che proprio non ce n’è bisogno, che so’ di Napoli, ‘a romà. Si fida, si allenta la cravatta (lo vedo dallo specchietto retrovisore) e mi chiede di fermarci a bere qualcosa di fresco che tutto quello sbraitare gli ha fatto seccare la gola. Ci sediamo al tavolino di un bar. Mi sento osservata. Siamo ormai distanti dal luogo incriminato e lui sembra sollevato. Inizia a rilassarsi. Ordina una Cocacola con ghiaccio senza limone “la coca mi aiuta a digerire” mi spiega “ma il limone no, lasciamo che a mangiarlo siano loro” dice sorridendo. Gli chiedo perché si sia sbilanciato tanto e subito dicendo che la partita con il Genoa è abbordabile, soprattutto dopo tutto quello che è successo con Gasperini nell’affaire Mazzarri, un minimo di tatto non poteva cercare di averlo? “Tatto? Ma di che parli?” e giù una sfilza di parolacce. Lo prego di smettere che con ‘sto fatto della moderazione dei commenti sul Napolista entro in crisi anche se si dice “scemo”, ché inizio a chiedermi se si può pubblicare oppure no. Inorridisce. “Napoche?” “Napolista” sussurro con un filo di voce” “Ah, fai parte anche tu di quel covo di serpi? Ne approfittate perché non tenete l’accredito e non vi si può dire una ceppa”.
Gli offro una pastarella alla crema per addolcirlo un po’. Si stravacca appoggiandosi allo schienale della sedia e mi guarda triste. “La verità è che sono un incompreso. Dico solo quello che penso. Ma perché, secondo te penso sbagliato?” gli stringo la mano in segno di contrizione mentre gli spiego che no, quello che dice non è sbagliato ma che in molti si chiedano se non dipenda da una brutta e particolare sindrome da stress. “Il cinema. Voglio tornare a fare cinema” recita come fosse un mantra “non posso fare a meno del cinema, è tutta la mia vita, ecco perché ho fatto mettere quella maschera a Inler, ecco perché recito a soggetto nelle conferenze stampa. Non mi capiscono, nessuno mi capisce”. “Ma, presidente, il 90% della tifoseria sta con lei!” “Sì, ma c’è sempre quell’infame di Gallo che rema contro e poi quelli del Mattino che ci ricamano su. Il fatto è che vorrei conquistare tutti, io, pure quel 10% che non ammette che io sia Dio, che mi dice che le rivoluzioni si fanno all’interno del palazzo, che devo cacciare i soldi e basta, che non si cambia così il mondo del calcio” “E se moderasse solo i termini, Presidente? Se cercasse di ragionarci un po’ di più?” “Ma io so’ del cinema, bella (ha infine realizzato che sono una donna). Si fa così il cinema. È il business, bellezza”. Si è fatto tardi e vorrei tornare a vedere il sorteggio del calendario. Con tatto mi offro di accompagnarlo dove desidera e lui docile come un agnellino alla corte del Re Leone paga il conto e si alza per seguirmi. “Posso farle una preghiera, Presidente?” “Non mi chiedere di cambiare che neppure mia madre c’è riuscita”. “No, no, per carità, vorrei solo che si mettesse il casco, mo che risaliamo sullo scooter. La tua testa va salvaguardata. Ed il suo corpo pure. Giuro che erano anni che non mi divertivo così”. Mi guarda felice, come se avessi pronunciato la battuta giusta. Alza un braccio come se volesse fare un cenno a qualcuno. “Stop!” sento qualcuno che grida “Buona la prima!”. Mi stringe la mano, mi ringrazia e va verso il regista. Poi si gira e mi dice “sei tagliata per il cinema, bellezza, il tuo campo è l’improvvisazione”. Mi porge il suo biglietto da visita dicendomi di chiamarlo che magari organizziamo un altro siparietto per la fine del mese. Insomma, era tutto già deciso. Siamo tutti finiti dentro il suo best-film.
di Ilaria Puglia

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