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Il Feyenoord campione d’Olanda, 18 anni dopo: il progetto, i simboli, il futuro

Come ha fatto il club di Rotterdam a tornare alla vittoria: la ricostruzione di Koeman, la svolta Van Bronckhorst, i giovani e l’uomo della provvidenza, Dirk Kuyt.

Il Feyenoord campione d’Olanda, 18 anni dopo: il progetto, i simboli, il futuro

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Rotterdam, 8 maggio 2002. Come nelle migliori favole, il Feyenoord vince in casa la Coppa Uefa. È una partita indimenticabile, dominata tecnicamente ed emotivamente da Pierre van Hooijdonk e impreziosita da uno dei gol più belli dell’ultimo ventennio, uno splendido destro al volo del ceco Jan Koller. Solo che Koller giocava nel Borussia Dortmund, la squadra avversaria.

Da allora a sabato scorso, il club olandese aveva portato a casa due Coppe d’Olanda. Una nel 2008, una lo scorso anno. Poi, il titolo nazionale, che mancava dal 1999. Vinto con merito, dopo aver sofferto, al termine di un lungo processo di ricostruzione che ha tre uomini di riferimento: il tecnico, Gio van Bronckhorst; il capitano, Dirk Kuyt; il giovane Tonny Vilhena, uomo simbolo della generazione di giovani talenti allevata a Rotterdam. Avremmo potuto scegliere Terence Kongolo o Rick Karsdorp. Sarebbe stata la stessa cosa.

Le tre anime

I tre simboli di questo Feyenoord rappresentano le tre anime della squadra. Il progetto tattico, il progetto emotivo, il progetto in senso assoluto. Van Bronckhorst è l’uomo della svolta in campo, non lontana dai dettami classici del gioco olandese (a cominciare dal modulo 4-3-3 passando per principi di gioco brillanti, estetici), ma in realtà il turning point è stato l’arrivo di Ronald Koeman, nel 2011. Un passaggio fondamentale per il club, che ha iniziato a sfornare una grande quantità di giovani interessanti (De Vrij, Wijnaldum e Martins Indi tra i più interessanti) e ha pian piano ripianato i debiti. Quelli economici, quelli del campo.

Poi Van Bronckhorst, appunto, uomo delle ultime due stagioni dopo il periodo di formazione nelle giovanili. Una buona corsa nello scorso campionato e l’affermazione oggi, grazie a un lavoro perfezionato nel corso del tempo. E che ha trovato in Dirk Kuyt l’uomo della trasformazione carismatica, l’ex top player in grado di guidare i giovani dell’academy ma anche tanti calciatori in cerca di riscatto.

I reduci da brutte esperienze in giro per l’Europa, ad esempio: Eljero Elia, che i più attenti ricorderanno alla Juventus; Karim El AhmadiSteven Berghuis. Durante le incredibili feste che hanno animato e stanno animando Rotterdam, il biondo esterno ex Liverpool è arrivato a definire questo come «il momento migliore di tutta la mia carriera». A 37 anni da compiere. Dopo 99 presenze nelle coppe europee, 104 in nazionale e una finale di Coppa del Mondo e una di Champions League giocate (e perse). Del resto, una tripletta nel match decisivo per il titolo nazionale non si segna proprio tutti gli anni.

I giovani

Infine, Vilhena. Un calciatore dalla grande tecnica individuale, un fantasista classico trasformato da Van Bronckhorst in centrocampista totale. Più che indugiare sul suo rendimento, il discorso di Vilhena è riferito all’intero organico del Feyenoord. Al criterio con cui è stato costruito. Cessione sistematica, progressiva, di tutti i giovani più promettenti; sostituzione di questi con le nuove promesse dell’Academy; e integrazione, su un telaio a chilometri zero, di calciatori di buone qualità provenienti da altri club. Come Nicolaj Jorgensen, uomo della provvidenza offensiva: 21 gol e 13 assist in 32 partite. A 26 anni, dopo una carriera a rincorrere un’affermazione che forse potrebbe essere finalmente arrivata. 

Esattamente come quella del Feyenoord, che non vinceva il campionato dai tempi di Julio Cruz e ora promette finalmente un rinascimento reale della scuola olandese. L’Ajax in Europa League, il primo club dei Paesi Bassi a vincere in Europa (nel 1970 la prima Coppa dei Campioni del calcio totale fu proprio del Feyenoord) che torna al trionfo in campionato. Il miglior modo possibile per ricominciare, e per guardare a un futuro che sembra roseo. Il De Kuip, storico stadio del club nazionalista per eccellenza (anche per questo il vero classico d’Olanda è contro l’Ajax, internazionalista e filosionista), diventerà un gioiello da 70mila posti. Poi ci sarà la Champions, il Feyenoord non partecipa ai gironi dal 2002/2003. L’ultima stagione prima dell’addio di Pierre van Hooijdonk, ultimo dei grandi prima della decadenza. Oggi è tutto diverso.

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