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Ho perdonato tutti guardando La vie en rose

Ho perdonato tutti guardando La vie en rose

Le ricordate le cassatine della partita d’andata? No? Non vi preoccupate, a fine articolo vi torneranno in mente, tanto ‘ncopp ‘o stommec’ ‘e tenimm’ già. Deve essere chiaro che se i tifosi possono entrare nelle pasticcerie, il Napoli deve uscirne, no crema nelle gambe, no marmellata nei piedi, no miele nelle mani dei portieri.

So che vi aspettate il racconto del San Valentino di Behrami e Zuniga. Volete sapere cosa hanno fatto, se l’hanno passato insieme, dove l’hanno passato, se ci sono ciuffi di capelli di Behrami nel buco del ginocchio di Zuniga, eccetera. Mi dispiace deludervi ma ho deciso di rispettare la privacy dei due personaggi, per questo weekend. Sappiate solo che non torneranno tanto presto da dove si trovano.

Questo fine settimana ho avuto molte cose da evitare: Non guardare la partita per la rubrica, non seguire Sanremo perché non mi piace, non festeggiare San Valentino all’aperto perché Venezia è invasa, di conseguenza evitare il Carnevale come la peste. Abbiamo guardato un paio di film in dvd e ce la siamo cavata. Uno dei due film era La vie en rose il film sulla vita di Edith Piaf. Film molto bello. Siccome il Napoli è sempre presente, destino vuole che le ultime scene del film passino mentre la partita a Palermo sta finendo. Guardo il risultato mentre la Cotillard, la protagonista del film canta, nell’ultima scena, la meravigliosa Non, je ne regrette rien. La prima strofa tradotta fa più o meno così: “No, niente di niente! / Non rimpiango niente! / Né il bene che mi hai fatto / né il male, tutto questo mi è indifferente.” Mentre la canzone proseguiva io perdonavo il Napoli, perché un tifoso è un inguaribile romantico e il tifoso del Napoli è musicalmente sensibile, e allora perdonavo Rafael, perdonavo il nostro inguardabile centrocampo, perdonavo – di nuovo – De Guzman, li perdonavo tutti mentre le tre cassatine si depositavano dove sappiamo noi. Sanremo non Sanremo, San Valentino o non San Valentino, Carnevale o non Carnevale, a una certa ora i cani dovevano uscire. E siamo usciti. Già, normalmente, non li sopporto tutti questi vestiti da nobili del settecento, figuriamoci ieri sera a sconfitta avvenuta. A un certo punto, uno vestito da Doge, un americano, mi ha lanciato dei coriandoli dicendo : “Come on, Come on”. Credo mi sia venuto lo sguardo dell’Animale de Il Camorrista di Tornatore, o uno sguardo qualsiasi di Bruscolotti. Il Doge americano è sparito con tutto il suo seguito, come inghiottito dalla nebbia di Venezia. I cani mi hanno guardato, l’espressione di chi aveva compreso la gravità della situazione e mi hanno abbaiato, in veneziano: “Avimme perz’ frate’?”. Abbiamo proseguito il nostro giro.

Io, comunque, durante la scorsa settimana le frolle Gabbiadini me le sono mangiate, il ragazzo ha dimostrato anche ieri di meritare. E quanto mi sarebbe piaciuto oggi, dedicare le frittelle di Carnevale (l’unica cosa che salvo della festa) ai nostri calciatori, ma niente. L’operazione dolciumi non è andata a buon fine, per loro. Io le frittelle me le mangio lo stesso, non le nomino, il problema sarà trovare loro uno spazio nello stomaco, tra quelle bastardissime cassatine. La bella notizia è che per la terza settimana di fila non comprerò La Gazzetta. La mia serie positiva non è stata interrotta. Malfitano, non mi manchi. Non abbiamo uno che segni calciando direttamente le punizioni. Forse Gabbiadini potrebbe risolvere pure questa questione. Stamattina, ho visto uno travestito da Britos, è una maschera di Carnevale a tutti gli effetti. Una burla.

Note a margine:

–  Rafael: prega chi ti pare, ma dopo, mai durante

–  Mi sono ricordato di Michu, dove sta? È vivo?

–  Domani mattina prendo il Frecciabianca a sconfitta evaporata, potrò dormire.
Gianni Montieri

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