È tornato il Napoli che azzanna le partite, al di là della difesa a tre e del nuovo assetto tattico

Con Neres e Lang, Conte si è inventato un altro ribaltone. Nel primo tempo pressing perfettamente coordinato, orientato sugli uomini.

Napoli

Ni Napoli 22/11/2025 - campionato di calcio Serie A / Napoli-Atalanta / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: David Neres-Isak Hien

La nuova intensità del Napoli

La cosa più sorprendente, per chi ha visto Napoli-Atalanta 3-1, non è stata il cambio di modulo degli azzurri. O meglio: il passaggio al 3-4-2-1 è una parte importante del lavoro fatto da Antonio Conte per sistemare un po’ la sua squadra, e ne parleremo. Molto prima del nuovo assetto, però, il Napoli ha manifestato una dote/qualità/caratteristica che si era un po’ affievolita, per non dire che si era spenta completamente, nelle ultime settimane. Stiamo parlando dell’intensità, intesa come volontà/capacità di azzannare la partita attraverso il pressing, attraverso la verticalità, attraverso giocate dirette, immediate eppure creative.

Soprattutto nel primo tempo, il Napoli ha travolto l’Atalanta e ha banchettato in spazi ampi, aperti, ha fatto leva su una riconquista del possesso feroce e molto avanzata, su un’applicazione assoluta e su meccanismi offensivi funzionali. Certo, come vedremo anche come le scelte – tattiche e di formazione – di Palladino hanno “agevolato” un po’ Conte. Ma questa nuova veste/forma del Napoli sarebbe risultata indigesta per molte squadre iscritte alla Serie A. E alla Champions League.

Ma andiamo con ordine, partiamo cioè dalle scelte di formazione dei due allenatori. E da uno scanning meno superficiale del nuovo sistema del Napoli. Conte ha disegnato una squadra molto più fluida di quanto si potrebbe pensare, almeno in costruzione: il 3-4-2-1 con Beukema-Rrahmani-Buongiorno in difesa, Di Lorenzo-Gutiérrez esterni, Lobotka-McTominay interni di centrocampo si deformava spesso  in una sorta di 4-2-3-1, con Beukema che da braccetto diventava terzino, con Rrahmani e Buongiorno centrale. E con Gutiérrez che stava più basso rispetto a Di Lorenzo, con Lobotka e McTominay a comporre il doble pivote e con David Neres a muoversi nel mezzo spazio di centro sinistra, sotto e/o comunque alle spalle di Hojlund. In altre situazioni, la difesa a quattro si veniva a formare con lo scivolamento di Lobotka accanto ai centrali.

Il Napoli che imposta gioco con una linea difensiva a quattro

In altri momenti, la squadra di Conte ha costruito gioco con il diamante basso (Rrahmani e i due braccetti più Lobotka), con McTominay in posizione più avanzata rispetto al centromediano slovacco. E ancora: in alcune occasioni gli azzurri hanno impostato la manovra con uno schieramento 3+2, ovvero con McTomiay sulla stessa linea di Lobotka davanti ai tre componenti “ufficiali” della difesa, ovvero Beukema, Rrahmani e Buongiorno.

In alto, vediamo il Napoli imposta il gioco con la disposizione 3+2. Sopra, invece, un’azione in cui la squadra di Conte costruisce dal basso con il 3+1.

Il punto, però, non sta tanto – o comunque va ben oltre – queste formule numeriche e questi scivolamenti. Il senso di tutte le mosse di Conte va ricercato nell’idea di creare e sfruttare gli spazi alle spalle della difesa dell’Atalanta. Difesa che, come da dna storico del club bergamasco, era fondata sulle marcature uomo su uomo, sui duelli individuali a tutto campo. Ecco, qui torniamo all’intensità di cui sopra: il Napoli, grazie alle sue marce alte, ha vinto buona parte di quei duelli. Li ha vinti anticipando le giocate, quindi alzando i ritmi, li ha vinti spingendo forte sull’acceleratore. Aggredendo il campo in verticale dopo aver “richiamato” il pressing alto dell’Atalanta. È così che è nato il gol di David Neres:

Un gol fato in due passaggi, praticamente

Dal punto di vista difensivo, questa nuova intensità è stata alimentata da un approccio più lineare, più definito, a livello di schieramento: l’inserimento di un quinto difensore ha determinato un modulo che si potrebbe definire attraverso la formula 5-4-1, con Di Lorenzo e Gutiérrez quinti e con Neres e Lang esterni alti. La differenza rispetto al 4-3-3/5-3-2 utilizzato finora sta proprio nel fatto che il quinto a destra non è l’esterno offensivo che retrocede, ma un laterale a tutta fascia che, inevitabilmente, deve fare meno metri per accorparsi alla linea difensiva. Ecco gli screen che mostrano come si è disposto il Napoli quando l’Atalanta riusciva a superare il pressing.

Il 5-4-1- difensivo del Napoli

Ecco, la chiave di tutto il primo tempo del Napoli, un primo tempo dominato e finito giustamente col risultato di 3-0, sta proprio nella difficoltà manifestata dall’Atalanta a superare il pressing degli azzurri. Pressing che era perfettamente coordinato, e che era orientato sugli uomini. Nel senso che era basato su accoppiamenti anche piuttosto facili da individuare: Rrahmani, Lobotka e McTominay che si alternavano su Ederson, De Roon e Pasalic, David Neres su Ahanor, Hojlund su Hien, Lang su Djimsiti. E poi Gutiérrez su Bellanova, Buongiorno su De Ketelaere, Beukema su Lookman.

Come detto prima, però, anche in fase difensiva il Napoli ha mostrato un cambiamento di concetti, di spirito, rispetto alle ultime partite. Nel primo tempo la squadra di Conte non ha quasi mai permesso all’Atalanta di giocare su tracce pulite, i giocatori in maglia azzurra non avevano paura di rompere le linee quando gli uomini di Palladino impostavano dal basso. Anzi, in quei momenti diventavano ancora più aggressivi, ancora più incisivi. Come nel caso del secondo gol di David Neres, che nasce da una pressione altissima di Lobotka e David Neres, da un rilancio forzato e quindi impreciso di Carnesecchi, da un anticipo perfetto di Rrahmani. Il resto, ovvero il filtrante servito da McTominay e la girata di rapina di Neres, si può definire con un solo termine: qualità. Anzi, con due parole: qualità pura.

Quanto è importante riconquistare il pallone in posizione avanzata

Alla fine del primo tempo, il (nuovo) Napoli di Conte ha fatto registrare 5 tiri tentati, di cui 3 (ovvero le 3 reti messe effettivamente a segno) finiti nello specchio della porta. Il dato del possesso è stato leggermente favorevole all’Atalanta (53%-47%), ma tanti altri indicatori si sono rivelati tutti favorevoli agli azzurri: i dribbling tentati (9-4), i duelli aerei vinti (9-2), i contrasti vinti (67% contro il 50%), i gol attesi (0.91 contro 0.18). Insomma, il Napoli si è difeso molto bene e ha attaccato con buonissima efficacia. Ed ecco un ultimo dato, forse quello più significativo considerando la grande aggressività della squadra di Conte: l’Atalanta è scesa negli spogliatoi, per l’intervallo, con un totale di 4 palloni toccati nell’area di rigore di Milinkovic-Savic. E non 0 conclusioni tentate dall’interno dei 16 metri.

La partita strepitosa di Rasmus Hojlund

La manifestazione di tutto questo ben di dio tecnico-strategico, considerando anche il terzo gol di Lang prima dell’intervallo, va ascritta a diversi padri. Ovviamente a Conte, che ha trovato un modo per rendere più aggressiva la sua squadra, in tutti gli aspetti del suo gioco, senza attentare all’equilibrio tattico. Anzi, rafforzandolo. Ma c’è un altro protagonista assoluto, che in quanto tale deve essere citato e applaudito: Rasmus Hojlund. Che è stato l’autore di un assist meraviglioso per David Neres, e l’abbiamo già visto sopra,  che è stato decisivo con la sua spizzata di testa poco prima del gol di Lang. Ma soprattutto è stato un giocatore capace di vincere i duelli, anche contro un difensore bello grosso come Hien, e mandare quindi in tilt il sistema dell’Atalanta di Palladino.

Tutti i palloni giocati da Hojliund nel primo tempo di Napoli-Atalanta. In questo campetto, il Napoli attacca da sinistra verso destra.

Come si vede chiaramente in questa grafica, Hojlund ha fatto praticamente da apriscatole. Ha allungato e allargato la difesa dell’Atalanta, ha battagliato poco al di qua e poco al di là del centrocampo, soprattutto sui passaggi alti e sulle ripetute verticalizzazioni indirizzate alla sua figura. Non è stato sempre preciso nei controlli,  ma nel primo tempo ha toccato più palloni (28) rispetto a Lang (25), Neres (25), Gutiérrez (21) e persino Lobotka (27), tutti calciatori con un impatto decisamente più alto nel gioco di impostazione del Napoli, quantomeno sulla carta.

Ecco, questo è un dato molto interessante. Anzi, è la grande notizia che viene fuori dalla serata vissuta allo stadio Maradona: il nuovo Napoli cerca costantemente e continuamente il suo attaccante, la sua boa. Certo, il fatto che Palladino e la sua Atalanta giochino uomo su uomo finisce per liberare spazi in cui è (più) facile far scorrere la palla. Banalmente, un lancio lungo verso Hojlund può arrivare mentre Neres e Lang sono seguiti fino a centrocampo dai loro marcatori, quindi l’attaccante danese ha molto più campo da prendersi, in cui correre. Ma fare teoria è una cosa, ed è una cosa anche piuttosto facile, mentre invece fare pratica nasconde molte insidie.

L’inevitabile calo del secondo tempo

Come avrete intuito tra le righe, Palladino ha fatto delle scelte che hanno agevolato il Napoli. Oppure, per dirla meglio: ha preparato la partita secondo quelle che sono le sue convinzioni e anche le “inclinazioni genetiche” dell’Atalanta, solo che però nel primo tempo quelle stesse convinzioni si sono ritorte contro la squadra nerazzurra. Per merito del Napoli, chiaramente e primariamente, ma c’è anche da dire che la decisione di schierare Ahanor (bruciato due volte da David Neres in occasione dei due gol, soprattutto il secondo) e di non utilizzare un centravanti vero dal primo minuto, beh, si sono rivelate errate. E infatti le correzioni all’intervallo sono andate esattamente in quella direzione: gli ingressi di Kossounou (per Ahanor) e di Scamacca (per Pasalic) hanno dato nuova linfa all’Atalanta.

Il 3-4-3 dell’Atalanta nella ripresa

Il passaggio al 3-4-3 puro che vedete nello screen appena sopra ha determinato degli scompensi nel piano-marcature del Napoli. L’inevitabile stanchezza per un primo tempo giocato a mille ha fatto il resto, nel senso che ha costretto il Napoli a difendersi in modalità-trincea. Modalità per altro attivata subito dopo il gol di Scamacca, una bella azione sugli esterni costruita con i tempi giusti, su cui tutti i difensori del Napoli, a cominciare da Miguel Gutiérrez, erano in ritardo.

I dati, stavolta, dicono più di mille parole: il baricentro medio della squadra di Conte, tra primo e secondo tempo, si è abbassato di circa 15 metri (da 55,11 a 40,48). L’Atalanta ha alzato il ritmo e consolidato il possesso, portandolo fino a quota 58%. Anche gli indicatori del primo tempo (dribbling, duelli aerei, contrasti vinti) risultano tutti ribaltati.

Eppure, come dire, l’Atalanta ha costruito poche palle gol davvero nitide. I 6 tiri tentati tra il minuto 60′ e il minuto 75′ sono finiti tutti fuori. Tranne uno, quello tentato in girata da Scamacca su cui è intervenuto Milinkovic-Savic (e la sensazione, rivedendo il replay, è che anche quella conclusione sarebbe uscita). I tiri tentati dall’interno dell’area di rigore sono stati solo 3, di cui uno respinto e uno arrivato sugli sviluppi di un corner.

E poi, ecco il dato più significativo, il forcing della squadra di Palladino, di fatto, si è esaurito al minuto 75′. Da allora, e fino al fischio finale, i bergamaschi sono riusciti a mettere insieme un solo tiro in porta. Con Lookman, che ci ha provato da distanza siderale. Gli ingressi di Maldini e di Samardzic, poco dopo, sono stati poco fruttuosi. Anzi, si può dire: non hanno aggiunto nulla. E così il Napoli ha condotto in porto una vittoria pesantissima con relativa tranquillità.

Conclusioni

Il Napoli aveva bisogno esattamente di quanto si è visto nel match contro l’Atalanta. Vale a dire un cambio significativo di approccio, una virata di concetti più che di posizioni in campo. Certo, ci sarà modo e tempo di verificare l’impatto di Neres e Lang in partite diverse, contro avversari più chiusi. Ma la premesse di questo nuovo corso sono molto interessanti, anche perché si sposa benissimo con quella che è la situazione-infortuni della squadra di Conte. La quale, è sempre bene ricordarlo, sta facendo e dovrà fare a meno di De Bruyne, Anguissa, Lukaku. Anche Gilmour e Spinazzola sono fuori, anche se il loro rientro è decisamente più prossimo rispetto a quello dei lungodegenti.

Insomma, Conte si è inventato un ribaltone che gli ha permesso di uscire dalle difficoltà. Di dare nuovo mordente a una squadra che aveva dato la sensazione di essersi messa a ristagnare, soprattutto in fase offensiva. Le cose erano andate così anche l’anno scorso, a pensarci bene, e furono proprio le intuizioni del tecnico azzurro a rimettere a posto le cose.

Ecco, Napoli-Atalanta ci ha detto che anche in questa stagione potrebbe andare così. Che Conte non ha perso il tocco, non si è impantanato in un qualcosa che non funziona. Ha anche fatto di necessità virtù, in fondo non c’erano tante altre soluzioni a parte la conferma del sistema che abbiamo visto fino all’altro ieri. Che ha sempre funzionato a singhiozzo, a dirla tutta, ma il Napoli era – e resta – una squadra di grande qualità e quindi aveva tenuto botta sia in campionato che in Champions League. Proprio in Champions, contro il Qarabag, vedremo se questa rivoluzione dell’intensità è davvero la ricetta giusta per permettere al Napoli, a questo Napoli incerottato ma ancora ricco di qualità, di rendere secondo i suoi valori.

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