Senza De Bruyne, il Napoli è tornato a un 4-3-3 troppo scolastico. Urge intuizione di Conte
Lo scorso anno, il 4-3-3 funzionò prima grazie alla forza combinata di Kvara e Lukaku, poi con l'invenzione di Raspadori finto esterno che apriva spazi per McTominay

Ni Napoli 25/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Inter / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: esultanza gol Kevin de Bruyne
Il Napoli a una dimensione
La sensazione trasmessa di Napoli-Eintracht Francoforte, in riferimento alla squadra di Conte, è stata quella del già visto. Gli azzurri hanno provato a muovere la palla, a disarticolare la difesa avversaria, a forzare il contesto dal punto di vista tecnico e fisico, ma hanno fatto tutti questi tentativi in modo monotono e ripetitivo. Utilizzando sempre gli stessi giochi, gli stessi meccanismi. Gli stessi concetti tattici. Come se si trattasse di una squadra monodimensionale, inevitabilmente costretta a muoversi secondo uno schema prestabilito e inviolabile, nel senso di immodificabile. Persino i cambi, tutti effettuati in chiave offensiva in virtù di un risultato che non si sbloccava, hanno seguito un copione già visto.
Ma il problema, a pensarci bene, non era e non è stato neanche questo. Perché, detto banalmente, ci sono squadre che vincono pur facendo sempre le stesse cose. Il problema è che il Napoli, almeno in questo momento, fatica a essere pericoloso. Perché basta poco, cioè basta conoscerlo, per difendersi rischiando poco. Poi è chiaro, stiamo parlando di una squadra forte, di qualità, che inevitabilmente crea almeno un paio di occasioni nitide in ogni partita. Anche con l’Eintracht, Anguissa, McTominay, Elmas e/o Hojlund nel finale avrebbero potuto sbloccare il risultato. Ma il fatto di non aver trovato il gol, a un certo punto della partita, avrebbe dovuto spingere Conte a varare qualche cambiamento tattico vero, in modo da poter modificare l’inerzia della gara.
Per condensare tutto in poche frasi: ci vuole anche un po’ di fortuna per sbloccare il risultato oppure per indovinare la mossa tattica giusta, che sia un inserimento a inizio partita o un cambio dalla panchina. E al Napoli, almeno contro l’Eintracht, questa fortuna è mancata. Ma se la fortuna aiuta gli audaci, allora al Napoli è mancata anche l’audacia di provare a percorrere delle strade tattiche alternative.
Un 4-3-3 fin troppo scolastico
Contro l’Eintracht, Conte ha scelto di varare un 4-3-3 molto rigoroso, molto scolastico, sia negli uomini mandati in campo che nella loro interpretazione. Cosa intendiamo dire? Semplice: che i ruoli, i movimenti e i meccanismi derivanti dalle scelte di formazioni erano facilmente intuibili fin dalla lettura dell’undici titolare. Con Elmas e Politano schierati a piede invertito in avanti, lo sviluppo sugli esterni si sarebbe basato sulle sovrapposizioni dei terzini e sui giochi a tre con le mezzali. La mossa di inserire Gutiérrez dal primo minuto, poi, ha tacitamente confermato questa lettura.


Lo schieramento del Napoli in fase offensiva
Come si vede in questi screen, il Napoli ha cercato di invadere la metà campo avversaria scaglionandosi con una sorta di triangolo di costruzione Rrahmani-Buongiorno-Lobotka, con due laterali per fascia che garantivano ampiezza e con Anguissa e McTominay che gravitavano nei mezzi spazi ai lati di Hojlund, più alti o più bassi a seconda della posizione della palla. Per limitare una disposizione del genere, all’Eintracht è bastato disporsi con un classico 5-3-2 difensivo in blocco medio, in modo da togliere qualsiasi parvenza di profondità a Hojlund e di poter retrocedere facilmente nei momenti in cui gli azzurri riuscivano a penetrare o a saltare la prima linea di pressione. Anche l’impostazione difensiva della squadra tedesca si intuisce e quindi si legge facilmente guardando gli screen appena sopra.
In un contesto tattico del genere, la differenza poteva essere fatta attraverso la creatività dei singoli e/o la capacità di muovere il blocco avversario, attraverso passaggi in verticale oppure con cambi di gioco panoramici da una fascia all’altra. Il Napoli, che in questo momento paga proprio una drammatica mancanza di giocatori creativi, ha dovuto necessariamente seguire la strada numero due, quella del gioco in verticale e/o cambi di campo. Sia diretti, cioè con lanci da una fascia all’altra, sia passando attraverso le sponde di Hojlund. È grazie a questi due meccanismi che sono nate le azioni più pericolose costruite dagli azzurri. Come per esempio quella che ha portato, dopo 5 minuti di gioco, alla conclusione di Hojlund. Oppure come quella che ha liberato Elmas al diagonale di sinistro al minuto 10′.
Nella prima azione, la giocata decisiva è il tocco in verticale che trova McTominay tra le linee. Nella seconda, invece, la differenza la fa il cambio di gioco di Anguissa.
All’Eintracht, di fatto, è bastato disinnescare questi due meccanismi – abbassando i ritmi del pressing e compattandosi nella propria metà campo – per poter depotenziare quasi completamente il gioco del Napoli. Per costringere la squadra di Conte a impantanarsi, letteralmente, in fraseggi sulle fasce completamente privi di sbocchi reali.
I numeri, in questo senso, sono eloquenti: nella prima frazione di gioco, gli azzurri sono riusciti a scoccare un solo tiro nello specchio della porta, quello di Elmas nella clip che vedete appena sopra. L’altra conclusione che trovate nel video è l’unica, tra quelle tentate dal Napoli, che è stata costruita su azione manovrata, che è arrivata dall’interno dell’area e che è stata respinta dai difensori dell’Eintracht. Per quanto riguarda invece la distribuzione del gioco della squadra di Conte, le rilevazioni a fine gara dicono che il 76% delle manovre sono state orchestrate su una delle due corsie laterali. Sì, esatto: il Napoli ha costruito due azioni su tre, anzi anche di più, senza passare dalla fascia centrale del campo.
Le possibili alternative (poche, in verità)
Prima di passare all’analisi del secondo tempo, è doveroso fare una piccola riflessione/digressione sulle eventuali alternative a disposizione di Conte. Il quale, contro l’Eintracht, aveva a disposizione Noa Lang e David Neres, i due giocatori che sono entrati nella ripresa, e poi Juan Jesus, Contini, Ambrosino, Vergara, Beukema, Olivera. Per amor di verità, rileggere questi nomi fa capire pure che il tecnico del Napoli non avrebbe potuto inventarsi granché, per provare a cambiare la partita. O anche, tornando per un attimo alle scelte iniziali, per pensare a qualcosa di nuovo o di diverso con la formazione titolare.
Resta il fatto, però, che il Napoli è rimasto ancorato al 4-3-3 per tutta la partita. Anzi, per dirla meglio: è rimasto ancorato a un certo tipo di 4-3-3, quello con gli esterni a piede invertito e con Hojlund centravanti. L’unico movimento vero, in campo, è stata la “retrocessione” di Elmas a centrocampo dopo la sostituzione tra Lang e Lobotka, al minuto 73. Forse è avvenuta troppo tardi, o forse magari Conte – una volta constatata la serata non proprio ispirata di Hojlund – avrebbe potuto riprovare la soluzione vista contro l’Inter, con l’inserimento di David Neres nello slot di prima punta. Proprio come avvenuto contro i nerazzurri, il tecnico del Napoli avrebbe potuto fare di necessità virtù. Non ci ha pensato, non è riuscito a farlo. O magari non ha voluto. Legittimo, per carità. Ma i risultati di questa stasi tattica si sono visti nella ripresa.
Squadre allungate
Per tutto il secondo tempo, infatti, Napoli ed Eintracht non hanno fatto altro che ripetere quanto avvenuto nei primi 45′. D’altronde, viene da dire, la squadra di Toppmöller aveva tutto l’interesse a uscire dallo stadio Maradona con lo 0-0. E quindi non ha forzato la partita, di fatto non ci ha nemmeno provato, l’unica occasione vera – il fortissimo tiro di Knauff respinto da Milinkovic-Savic – è arrivata al minuto 73. all’apice di un’azione confusionaria e sviluppatasi in spazi aperti, lasciati liberi da un Napoli stanco e anche slegato, provato dal suo tentativo di allungarsi pur di venire a capo della gara.
Da questo punto di vista, cioè guardando all’impegno e alla volontà di provare a portare a casa il risultato pieno, la squadra di Conte è stata encomiabile. Anzi, i numeri dicono che gli azzurri, nella ripresa, hanno costruito più chance rispetto al primo tempo: 10 tiri complessivi, di cui però solo uno finito nello specchio della porta (quello di Hojlund sull’angolo battuto nei minuti di recupero). In realtà andrebbero citate anche le occasioni fallite da Anguissa (su tocco di Elmas) e soprattutto di McTominay. Dal punto di vista tattico, lo sviluppo dell’azione che ha portato alla (brutta) conclusione dello scozzese è una delle più interessanti di tutto il secondo tempo:
Il tiro di McTominay non c’entra davvero niente col McTominay che abbiamo conosciuto
Le parti interessanti di questa sequenza stanno nella casualità. Nel fatto che il Napoli, per dirla brutalmente, sia riuscito a costruire un’azione davvero pericolosa solo nel momento in cui l’Eintracht ha battuto un corner, quindi si è inevitabilmente allungato e disunito. Tutto parte con Lang che si ritrova in posizione di rifinitore sul centrodestra, poi Anguissa è la locomotiva della manovra dopo la conduzione e il tacco di Hojlund, David Neres e il danese ex Manchester United si muovono come due punte pure, non come un attaccante centrale e un esterno.
Insomma, l’azione più bella – nonché la chance più nitida tra tutte quelle costruite dal Napoli – non ha niente di tattico. È pura improvvisazione in contropiede. Non è un caso, viene da dire, visto l’andamento della gara. Ed è su questo che Conte deve riflettere e lavorare. Soprattutto in Champions League, la sua squadra ha bisogno di qualcosa in più a livello offensivo. Di un pizzico di inventiva, in modo da architettare e realizzare azioni un po’ più imprevedibili.
La crescita della difesa azzurra
Anche perché, in fondo anche questo è un punto importante dell’analisi, il Napoli ha ripreso a essere una squadra difensivamente solida. Al netto del valore assoluto e del sacrosanto approccio sparagnino e speculativo dell’Eintracht, una Eintracht che – ricordiamolo – era reduce da due gare di Champions con dieci gol subiti tra Atlètico Madrid e Liverpool, gli azzurri hanno rischiato solo in occasione del già citato tiro di Knauff. Per il resto, Milinkovic-Savic è stato inoperoso e l’intera partita è filata via liscia.

Il 5-3-2 del Napoli in fase passiva
Certo, come si vede in questo screen il sistema di Conte continua a prevedere una linea difensiva a cinque, con la scalata di Politano alla stessa altezza di Di Lorenzo, Rrahmani, Buongiorno e Gutiérrez. Ma il rendimento arretrato delle ultime quattro partite – un solo gol subito, per altro su rigore – tra campionato e Champions è un segnale forte. Di ritrovata compattezza. È da qui che bisogna necessariamente ripartire in vista del futuro, un futuro da immaginare e costruire senza l’apporto creativo di Kevin De Bruyne.
Conclusioni
Il Napoli 2025/26 era stato costruito con e per Kevin De Bruyne, almeno dal punto di vista offensivo. Dal momento del suo infortunio in poi, la squadra di Conte ha vissuto un netto miglioramento del rendimento difensivo e una chiara ed evidente regressione dell’efficacia in attacco. Gli unici tre gol – in tre partite e mezza – segnati dagli azzurri senza il belga sono arrivati al termine di una ripartenza lunga (McTominay contro l’Inter) e sugli sviluppi di una palla inattiva (Anguissa contro l’Inter dopo una rimessa laterale e Anguissa contro il Lecce dopo una punizione indiretta).
Ovviamente tutto questo non è un caso, non può esserlo. Perché KDB, in virtù delle sue doti, era una fonte di gioco e quindi di creatività perennemente attiva. Ma anche perché la sua assenza ha determinato il ritorno a un 4-3-3 fin troppo lineare, in cui gli esterni offensivi sono gli unici giocatori estrosi. E che, inevitabilmente, diventa molto stantio contro squadre che non concedono la profondità. Come il Como, come l’Eintracht, come lo stesso Lecce.
Lo scorso anno il Napoli fece funzionare – a singhiozzo, per altro – il 4-3-3 grazie alla forza combinata di Kvara e Lukaku, poi con l’invenzione di Raspadori finto esterno che apriva spazi per gli inserimenti di McTominay. Ora Conte ha bisogno di un’intuizione del genere, di un nuovo guizzo tattico che restituisca sapore a un modello di gioco diventato insipido. Certo, in questo senso gli infortuni e le gare da preparare/giocare ogni tre giorni non aiutano, ma l’anno scorso furono proprio gli imprevisti – la cessione di Kvara, l’infortunio di Neres, ecc. – a determinare le trasformazioni che hanno portato il Napoli allo scudetto. Quindi, come dire: Conte ha tutto ciò che occorre per farlo di nuovo. Da qui passano le ambizioni sue e della sua squadra, prima in Champions League e poi in campionato.











