Totti: «L’Inter non è una squadra da giacca e cravatta, meglio indossare l’elmetto» (Gazzetta)

«Potrei essere scontato e dirvi che Dybala o Lautaro cambieranno la partita, ma io punto tutto sulla presenza di Cristante a centrocampo»

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Db Milano 06/12/2019 - campionato di calcio serie A / Inter-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Francesco Totti

Totti, leggenda della Roma, è un giocatore che tutti conosciamo. L’Inter è una di quelle squadre che ha segnato la sua carriera, nel bene e nel male. In carriera l’ha affrontata ben 48 volte e, in molte occasioni, in palio c’era qualcosa di più dei semplici tre punti.

Oggi ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, proprio alla vigilia della prossima Roma-Inter. Di seguito le sue parole.

«Di sfide Importanti con l’Inter ne ho giocate tantissime – dice lo stesso Totti all’inaugurazione della nuova boutique romana di MooRER, di cui è diventato recentemente ambassador – so bene cosa vuol dire questa partita, soprattutto in un momento come questo, con la Roma prima in campionato».

Per l’occasione sabato sera la Roma dovrà mettersi il suo abito più bello…

«Questa è una di quelle partite dove non servono giacca e cravatta, piuttosto sarà fondamentale mettersi l’elmetto. L’Inter probabilmente è la squadra più elegante del camponato, all’Olimpico ci sarà da lottare parecchio».

Chi sono i giocatori da una parte e dall’altra che possono decidere?

«Sarò anche banale, ma Lautaro e Dybala sono sicuramente 1 due calciatori in grado di cambiare la partita. Questa, ma anche qualsiasi altra in cui vengono schierati. Solo che uno sabato è sicuro di glocare e l’altro ancora no… Ma se devo scegliere un giocatore su cui puntare per questo Roma-Inter io vado su un altro, in un altro ruolo del campo».

Su chi punterebbe Totti allora?

«Torniamo al discorso di prima, della necessità di mettersi l’elmetto. In campo ci sarà da lottare e allora in questi casi contano soprattutto i centrocampisti. E nella Roma ce n’è uno come Cristante con cui si va sempre sul sicuro. De Rossi aveva ragione quando lo disse qualche anno fa, ad avercene come lui… Bryan è calcisticamente intelligente e spesso sottovalutato. Ma In campo la sua presenza si sente, è uno di quel giocatori che ti dà sempre qualcosa in più, uno di quelli che non tira mai indietro il piede».

Intanto però la Roma arriva a questa sfida da capolista. Si può davvero sognare in grande?

«È chiaro che la speranza è che possa continuare così fino alla fine. Il viaggio però è lungo e allora diciamo che spero in un red carpet lunghissimo. Ma aspettiamo prima di dare giudizi, siamo ancora all’inizio. Vediamo, dovesse restare tra le prime anche in primavera, a 7-8 partite dalla fine del campionato, allora si potrà anche sognare. Per ora è prematuro stabiltre obiettivi di così alto respiro. Ma la squadra ha tutto per puntare almeno alla Champions League. Anche perché penso che l’obiettivo principale sia proprio quello».

Ma si aspettava una Roma così in alto?

«Penso che in realtà non se lo aspettasse nessuno, forse neanche Gasperini. Il fatto di stare in vetta aiuta a sognare, ma il difficile è sempre restare in vetta. E allora quella di sabato è una gara che diventa importante per tutte e due le squadre, per capire a che punto sono davvero».

Già, lo scudetto, forse la gioia più grande della carriera di Totti….

«L’ho vinto con la mia maglia, da capitano e da simbolo della Roma. Per me vale anche più del Mondiale vinto nel 2006».

Secondo lei stavolta gli azzurri ce la faranno a centrare l’obiettivo?

«Speriamo di sì, che gli azzurri ce la possano fare davvero. Credo che la vera forza di questa Italia allenata da Gattuso sia il collettivo».

Tornando alla sfida con l’inter, ai nerazzurri segnò forse uno dei gol più belli della sua storia calcistica.

«Quello segnato a San Siro contro l’Inter è probabilmente il gol più bello della mia carriera, anche se ho molto a cuore anche quello realizzato a Genova, contro la Sampdoria. Penso siano le due reti più belle della mia vita, anche se sono due vestiti diversi, possiamo anche dire così. Uno l’ho fatto con le scarpe da ginnastica e uno con i mocassini, lascio a voi la scelta su quale preferite».

Quello ad Handanovic fu però un cucchiaio, un gesto tecnico che per lei strada facendo è diventato quasi un marchio di fabbrica.

«Diciamo che per quel tipo di giocata sì che cl vogliono la giacca e la cravatta. Anzi, probabilmente anche lo smoking».

La scelta a cui è più legato nei ricordi della sua carriera?

«Di certo quella di restare per 25 anni alla Roma. Anche se oggi potessi tornare indietro, questa è una scelta che non cambierei mai nella mia vita. Non rinnego nulla di quello che è stato e di ciò che ho deciso di fare. E stata una scelta diversa da tutte le altre, che penso che la gente abbia apprezzato e spero apprezzi ancora. Forse è la cosa che mi ha differenziato di più da tutti gli altri calciatori».

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