Il Napoli si è dimostrato un ottimo allievo ma anche gli ottimi allievi commettono errori
ANALISI TATTICA - La partita vera e propria è durata venti minuti, fino all'espulsione di Di Lorenzo. Il Napoli da ora in poi non incontrerà più una squadra come il City

Manchester City's Norwegian striker #09 Erling Haaland (R) scores past Napoli's Serbian goalkeeper #32 Vanja Milinkovic-Savic during the UEFA Champions League league stage football match between Manchester City and Napoli at the Etihad Stadium in Manchester, north west England, on September 18, 2025. (Photo by Darren Staples / AFP)
Una partita durata troppo poco
Manchester City-Napoli sarà ricordata come una partita durata poco meno di 20 minuti, almeno nella sua forma più significativa. Sì, perché l’espulsione di Di Lorenzo ha trasformato la serata di Etihad in un inevitabile monologo della squadra di Guardiola. Che, lo sappiamo, ama governare le gare attraverso il controllo della sfera, infatti il dato del possesso era già 70% City e 30% Napoli al momento del rosso a Di Lorenzo, e che quindi non ha dovuto fare altro che esprimersi per quelle che sono le sue qualità storiche, aspettare il momento giusto e trovare i due gol che hanno determinato il risultato.
In dieci uomini, di fatto, le distanze – già evidenti – tecniche tra le due squadre si sono dilatate a dismisura. E quindi, si può dire, Conte non ha avuto neppure la possibilità di proporre qualcosa in fase offensiva, o semplicemente di ripartenza. Ed è un peccato, perché – come vedremo – i primi 20 minuti di gioco sono scivolati via in modo molto promettente, per gli azzurri.
Cominciamo dalle formazioni: Conte ha riproposto il Napoli visto in casa della Fiorentina, quindi ha schierato di nuovo Milinkovic-Savic, Beukema, Spinazzola e Hojlund accanto ai titolarissimi – Di Lorenzo, Buongiorno, Lobotka, Anguissa, De Bruyne, McTominay e Politano. Le conferme in blocco, però, non hanno impedito al tecnico del Napoli di attuare delle piccole ma significative variazioni al piano tattico della sua squadra. Prima tra tutte: il passaggio, in fase difensiva, dal 5-3-2 al 5-4-1.
Due momenti in cui il Napoli è schierato con il 5-4-1
L’idea era semplice da leggere e da interpretare: Conte voleva schermare il 3-4-3 offensivo del City (sistema che si determinava grazie allo scivolamento di Khusanov come braccetto e/o alla salida lavolpiana di Rodri in mezzo ai centrali, oltreché ai movimenti interni dei terzini) senza far lavorare gli esterni in inferiorità numerica. E quindi McTominay difendeva allargandosi a sinistra, De Bruyne retrocedeva nello slot di interno e Politano arretrava fino a portarsi sulla stessa linea dei quattro difensori. Come succede da un anno a questa parte, ormai.
Certo, sempre prima dell’espulsione di Di Lorenzo ci sono stati dei momenti in cui KDB si à alzato per aiutare Hojlund in fase di prima pressione, e così il Napoli finiva per difendere con l’ormai consueto 5-3-2. Però poi la squadra di Conte rinculava subito, in maniera ordinata e armonica, non appena il City riusciva a fare uscire il pallone muovendolo tra le le linee o sulle fasce. A quel punto, gli azzurri finivano per ricompattarsi e presidiare gli spazi a ridosso della sua area. Senza aggredire troppo, quasi in attesa che il City finisse di tessere la sua ragnatela di passaggi, di orchestrare le sue azioni di accerchiamento.
Questa scelta ha portato il Napoli a subire poco e nulla. Fino all’espulsione di Di Lorenzo, infatti, il possesso esasperato del City di cui abbiamo già parlato (nell’ordine del 70%) ha prodotto un solo tiro in porta. La squadra di Guardiola ci ha messo vicino altre 3 conclusioni, una respinte dai difensori di Conte e altre 2 arrivate su azione d’angolo. Nessun pericolo serio, anzi l’occasione più significativa è stata quella capitata a Beukema, sempre da corner: il colpo di testa del difensore olandese è stato deviato bene da Gigio Donnarumma.
Il piano partita originario
Proprio l’azione da cui sono scaturiti l’angolo e il colpo di testa pericoloso di Beukema mostra quale avrebbe potuto essere il piano partita originario del Napoli. Vale a dire: costruzione dal basso per attirare il pressing del City, formazione del doble pivote composto da Lobotka e De Bruyne, determinazione di una sorta di 4-4-2 asimmetrico con i due play in mezzo ai due centrali difensivi, con McTominay a stringere verso il centrodestra, con Politano e Spinazzola a dare ampiezza sulle fasce, con Di Lorenzo/Anguissa ad attaccare la profondità di fianco a Hojlund.
Un’azione di qualità
Dal punto di vista puramente difensivo, al di là del sistema 5-4-1/5-3-2 di cui abbiamo detto, Conte aveva studiato un dispositivo di pressing piuttosto ambizioso. L’idea, almeno sulla primissima costruzione del City, era quella di seguire i giocatori avversari creando dei duelli uomo contro uomo. Al punto che uno dei due centrali, più spesso Buongiorno, finiva per pedinare la mezzala avversaria che si abbassava per offrire un’ulteriore linea di passaggio. Con questo approccio, di fatto, si sono determinate le condizioni per cui il Napoli ha difeso in parità numerica sui lanci lunghi e/o sulle verticalizzazioni del City. Ma gli azzurri hanno retto bene. A dirlo sono i numeri, ma anche le percezioni. Non a caso, viene da dire, l’episodio che ha cambiato la partita è arrivato su un’azione piuttosto casuale:
Il momento che ha deciso la partita
Come si vede in questo video, il buon pressing del Napoli costringe Donnarumma a un lancio forzato. La palla volteggia verso Haaland, anticipato bene da Beukema. Il difensore olandese, però, cade a terra – l’intervento di Haaland su di lui ha sollevato un po’ di dubbi, anche perché di fatto ha portato all’espulsione di Di Lorenzo – e così il pallone, finito tra i piedi di Foden, può essere lanciato facilmente nello spazio alle spalle di Di Lorenzo. Che, questo bisogna dirlo, non legge benissimo la traiettoria e si fa bruciare da Haaland (come accadrebbe al 99,3% della popolazione mondiale). L’intervento in scivolata non è scorretto, è solo leggermente fuori tempo. E quindi il cartellino rosso – specie dopo la chiamata dell’arbitro Zwayer al Var – è inevitabile. Napoli in dieci, piano partita da accartocciare e buttare nella spazzatura. Ed è questo il vero peccato: le promesse e le premesse erano davvero incoraggianti.
Il Napoli senza De Bruyne, per forza di cose
Dopo qualche istante di assestamento, con Politano terzino destro d’emergenza, Conte ha deciso di togliere De Bruyne. E di inserire Olivera, spostando Spinazzola a destra. Ora, naturalmente, viene da chiedersi: perché Conte non ha insistito con l’assetto d’emergenza, cioè con Politano terzino destro? Risposta semplicissima: perché aveva bisogno di giocare con cinque difensori in fase passiva, quella era la sua idea e quella è rimasta. Di conseguenza, inevitabilmente, De Bruyne era l’unico giocatore candidato a uscire. Per un motivo abbastanza facile da individuare: in una partita che poteva essere interpretata solo come una prova di eroismo difensivo, rinunciare alla fisicità di McTominauy e Anguissa sarebbe stato ingenuo. Per usare un eufemismo.
Il nuovo assetto difensivo del Napoli dopo l’espulsione di Di Lorenzo
Come si vede in questi screen, l’ingresso di Olivera ha determinato il passaggio al 5-3-1 difensivo. Con Politano largo a destra in aggiunta a Spinazzola, l’uruguagio largo a sinistra e la coppia Beukema-Buongiorno a chiudere il pacchetto arretrato. Dal punto di vista tattico, a livello di analisi, non c’è molto altro da rilevare e quindi da aggiungere: il Napoli è andato in trincea, l’assenza di De Bruyne e il pressing martellante del City hanno tolto qualsiasi velleità di costruzione alla squadra di Conte. Che, volente o nolente, si è aggrappata a Milinkovic-Savic e a Politano per non andare sotto già nel primo tempo. Ma la resa, era evidente, sarebbe stata solo questione di tempo.
Jeremy Doku, Phil Foden Erling Haaland
L’altro momento decisivo della partita è stata l’ammonizione di Politano al minuto 52′. Fino a quel momento, infatti, l’esterno del Napoli era stato tra i migliori in campo. Di certo era stato il migliore tra i giocatori schierati da Conte. Poi però è arrivato un fallo tattico su Doku, giocatore a dir poco irrefrenabile negli scatti palla al piede. L’ex esterno di Inter e Sassuolo ha speso il suo giallo, Conte ha deciso di toglierlo e di inserire Juan Jesus – un altro indizio piuttosto forte sul fatto che il tecnico del Napoli, come dire, non avrebbe ami rinunciato alla difesa a cinque. E a quel punto il Napoli ha ceduto.
Naturalmente non abbiamo la controprova, nel senso che non possiamo sapere se, con Politano ancora in campo, il Manchester City avrebbe continuato a sbattere contro il muro eretto dal Napoli. Quello che sappiamo è che, dopo un’accelerazione di Doku e l’ingresso di Juan Jesus è arrivato il vantaggio della squadra di Guardiola. Che, per altro, ha dovuto “attendere” una giocata deliziosa di Foden per bucare la difesa azzurra. Era il minuto 56′, poi al minuto 65′ è arrivata un’altra accelerazione devastante di Doku e la partita è finita.
Va detto, quindi, che il 2-0 del City resta assolutamente meritato. Ma va detto anche che i due gol nascono da grandi giocate individuali. Da meravigliose intuizioni di calciatori di primissimo livello. Senza parlare del killer instinct di Haaland, a cui sono bastati 14 palloni giocati in 80 minuti per mettere a referto un gol, un’espulsione procurata e 4 tiri verso la porta di Milinkovic-Savic.
Conclusioni
Ecco, è questa la notizia più positiva registrata a Manchester, per il Napoli e per Conte: una squadra molto forte come quella di Guardiola, che tra l’altro si è giovata della superiorità numerica per quasi tre quarti di gara, ha dovuto aspettare delle azioni casuali e/o un’illuminazione dei suoi giocatori di talento, per indirizzare il risultato. O per armare/azionare Haaland, che poi è la stessa cosa. I buoni segnali arrivati prima dell’espulsione di Di Lorenzo e i soli 2 gol subiti nonostante la gara in salita, poi, contribuiscono a dare un ulteriore tocco di positività alla notte di Etihad.
C’è anche un altro aspetto di cui tener conto: il Napoli non affronterà più, quantomeno nella League Phase, una squadra anche solo lontanamente paragonabile – per caratteristiche tattiche, ovviamente per valore assoluto – al Manchester City. La sensazione per cui la squadra di Conte avrebbe potuto giocarsela persino col City, ovviamente se non fosse rimasta in inferiorità numerica, si è fatta percepire chiaramente. E rappresenta un viatico fondamentale per dare slancio alle ambizioni degli azzurri.
È una questione di pura qualità: lo Sporting, il Psv, l’Eintracht, il Qarabag, il Benfica e il Copenaghen, volendo anche il Chelsea, faranno molta più fatica a indurre Di Lorenzo a un errore come quello commesso affrontando Haaland. Sono squadre che presseranno meno, che giocheranno il pallone per meno tempo e in maniera meno sofisticata. Insomma, permetteranno al Napoli di esprimersi in maniera diversa. Di certo più ambiziosa, molto probabilmente più efficace. A dirlo è stata una sconfitta amara come quella di Manchester contro il City. Conte lo sa, lo ha detto nelle interviste postpartita («Porto via solo sensazioni positive»), lo sapeva già prima della partita, quando ha parlato di sé e della sua squadra come allievi. Ma si può essere anche degli ottimi allievi, e il Napoli ha dimostrato di esserlo. Di poterlo essere.