Bertolucci, poiché ne sa, ha reso il tennis alla portata di tutti. Il percorso inverso di Caressa e Adani
I telecronisti di calcio hanno riempito le loro telecronache di un incomprensibile e grottesco grammelot tecnico, hanno ridotto lo sport a geometria. Bertolucci, invece, non aveva nulla da dimostrare

Db Milano 23/11/2011 - Champions League / Milan-Barcellona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Bertolucci
Bertolucci, poiché ne sa, ha reso il tennis alla portata di tutti. Il percorso inverso di Caressa e Adani
MICROFONI CONTRO
Ora che la vittoria di Sinner è ripassata in tv mille volte, il dettaglio che mi rimane più impresso non è la battuta finale che vale Wimbledon o l’enciclopedica sinneriade che fuoriesce da ogni byte dei nostri device e che piove persino dal cielo sulle nostre teste, quanto il modo di raccontare l’impresa.. E lo stentoreo “No trip for cats” lanciato da Paolo Bertolucci che storico tennista del tempo che fu, fraterno sodale di Panatta, ha popolarizzato il tennis togliendogli qualsiasi spocchia snobistica e ossessione sado linguistica. Puro e semplice come un whisky liscio.
Voglio dire, uno che potrebbe permetterselo e ammantare ogni colpo di un linguaggio che solo lui potrebbe capire e interpretare, scende al livello di noi comuni telespettatori. Già Gianni Clerici, mio compagno di lavoro e di redazione, il più grande aedo del tennis novecentesco, aveva fatto della leggerezza, del sarcasmo e della cultura, fino a farne letteratura, il suo timbro. Portando letteralmente il tennis in un’altra dimensione, direi assolutamente superiore.
Ecco sarà perché il circolo del tennis, inteso in senso lato e non meramente il posto dove si trovano 8-10 campi per l’esibizionismo ginnico di commendatori vestiti di bianco, è un ambiente che non soffre di alcuna soggezione culturale nei confronti del resto dello sport. Anzi probabilmente è l’opposto, si considera proprio al vertice della piramide.
Non so per quale motivo, o meglio lo so ma sarebbe troppo lunga star qui a spiegarlo, e comunque è qualcosa che fa parte della presunzione, vanità e saccenteria umana – in una parola paraculaggine – i telecronisti del calcio hanno fatto il percorso diametralmente opposto. E hanno riempito le loro telecronache di accessori inutili, ammennicoli e un incomprensibile e grottesco grammelot tecnico, che riduce lo sport a un fatto puramente sequenziale per non dire geometrico. A forza di tirare linee immaginarie sul campo si racconta uno sport che non esiste. Insomma guardate lo straordinario Dario Fo dell’Opera Buffa ma non solo e dite se non ci rivedete qualcuno che conoscete molto bene…
Fabio Caressa non è un caposcuola ma è quello che ha trasformato il telecronista in un dj da discoteca, ha riempito il nulla di urla, e ammantato l’evento di pseudo spiegazioni, pseudo motivazioni, pseudo ragionamenti. Insomma lo pseudo telecronista che si è astrusamente impancato nella sua stessa cabina tv. Daniele Adani sul linguaggio inventato del calcio ci ha costruito una carriera e un mestiere, ponendosi lui stesso come tramite tra il volgo e il sapere. Lui assume il ruolo indispensabile di quello che sa leggere e scrivere in un mondo di miseri analfabeti (noi).
Li faremo affrontare Bertolucci e i suoi boriosi dirimpettai Caressa e Adani in un triello alla Sergio Leone, ma in una tavola di bucatini. E siccome in piedi resterà solo il mite e pacioso Bertolucci, noi faremo festa.