Nel 2018 il reietto Allegri disse: «Le scuole calcio stanno rovinando i ragazzi» e venne preso a pernacchi
Fece il Nanni Moretti del calcio, pronunciò il suo manifesto politico: “Nei settori giovanili si lavora per meccanizzare i giovani”. Lo derisero. Oggi tutti parlano di mancanza di talento

Juventus' Italian coach Massimiliano Allegri attends a press conference on the eve of the UEFA Champions League group H football match Juventus vs Valencia on November 26, 2018 in Turin. (Photo by Marco BERTORELLO / AFP)
Quando il reietto Allegri disse: «Le scuole calcio stanno rovinando i ragazzi» e venne preso a pernacchi
Novembre 2018, Massimiliano Allegri viene premiato con la Panchina d’oro. Il tecnico livornese, già allora un reietto per il circo mediatico che vive attorno al calcio, sale sul palco e lancia il suo grido d’allarme. Una scena morettiana. Come quando il buon Nanni scosse il centrosinistra a piazza Navona e disse: “con questi dirigenti non vinceremo mai”. Fassino e Rutelli erano due cenci.
Massimiliano Allegri, uno dei pochissimi ad aver capito con largo anticipo il naufragio cui sarebbe andato incontro il calcio italiano, espresse concetti simili: “con queste scuole calcio non vinceremo mai”. O meglio: “non vinceremo più”. Con una frase che oggi tutti hanno dimenticato o fatto finta di dimenticare: “Nei settori giovanili si lavora per meccanizzare i giovani”.
Nel 2018, Allegri salì sul palco e disse:
Cosa si insegna ai bambini? Che il 2 deve dare la palla al 3; il 3 al 4; il 4 al 7. E infine si arriva al 9. E la creatività? Chi insegna al bambino a sviluppare la genialità? Il calcio italiano deve smettere di scimmiottare i metodi dei settori giovanili di altri Paesi. Agli altri piacerebbe copiarci ma non ci riescono perché siamo speciali. Abbiamo doti innate nel confrontarci col pallone. Sono stufo di sentirmi dire “Non vengono fuori talenti”. È vero in parte. L’ultima partita della Nazionale ha dimostrato che l’Italia riesce a proporre giocatori di qualità. Ma sono eccezioni. E spesso sbocciano da soli. Nei settori giovanili si lavora per meccanizzare i giovani. Li trasformiamo in impiegati. Imprigionati in schemi e movimenti fissi. E la creatività? Ce la siamo dimenticata. Torniamo a insegnare ai bambini a giocare divertendosi. Ci sarà il tempo per tattica e tatticismi. Ma difendiamo il nostro dna, la capacità di inventiva. E non è un problema di inseguire o meno vittorie già nelle giovanili. Giocare per vincere aiuta a crescere. Lo spirito deve essere diverso».
Il Napolista ne scrisse e colse la sufficienza con cui Allegri venne trattato anche negli studi di Sky Sport. Il suo calcio – cinque scudetti di fila e due finali di Champions – era considerato il vecchio che ristagnava. Si era in pieno sarrismo, era cominciata la moda di contare i passaggi prima di un gol. La perversione che è dilagata e che ha portato al disastro che è sotto gli occhi di tutti.
Scrivemmo così:
A Sky la scena di qualche mese fa si è ripetuta recentemente, al termine di Empoli-Juventus, quando Allegri è tornato all’attacco dopo il gol di Cristiano Ronaldo da trenta metri. Prima che il conduttore lo invitasse a non ricominciare lo show, Allegri ha fatto in tempo a dire che le scuole calcio in Italia stanno rovinando i bambini, che i piccoli non si divertono più perché gli allenatori non insegnano più loro a giocare a calcio, non li lasciano liberi di correre dietro a un pallone ma li ingabbiano in determinati schemi. «Stanno rovinando il calcio italiano». Sorrisini a Sky, virtuali pat pat sulla spalla, e ok Allegri può andare.
Allegri, come Capello e prima Ancelotti, tutti trattati come il vecchio che ristagna da un circo mediatico che di calcio sa zero
Questa accadeva a novembre 2018. Oggi, giugno 2025, sette anni dopo, ci si riempie la bocca della mancanza di talento e dei calciatori italiani che non sanno più che cosa sia il dribbling. È tutto un dibattito sull’Italia che non ha talento. Ma nessuno ricorda le frasi di Allegri sulle nostre scuole calcio. Ci si riempie la bocca dopo averci ammorbato col baricentro, gli expected goals, il numero degli uomini in area, le statistiche di alcun significato.
È molto interessante il ruolo di Allegri nel sistema calcio Italia. Uno degli allenatori più vincenti trattato come se fosse un ebete. Un rincoglionito. Lo stesso Ancelotti a un certo punto fece la stessa fine. Fabio Capello è considerato da alcuni un anziano signore fuori dal mondo. Hanno il torto di parlare di sport, di calcio, di agonismo, di talento, di senso della partita. Argomenti fuori moda. Oggi il calcio è trattato come le previsioni del tempo. Ci sono tanti colonnelli Bernacca che con la loro bacchetta ci mostrano degli strani nuvoloni che si aggirano per il campo, con la partita e le prestazioni individuali parcellizzate in percentuali di qualsiasi ordine e grado. Fondamentalmente paccottiglia. Che però piace tanto e serve a ottenere i quindici minuti di notorietà.
Lo sprofondo del calcio non è per niente scollegato dalla sua narrazione, anzi. Si parla del nulla. Dimenticando che – da sempre – la differenza la fanno i calciatori, gli atleti. Se hai Baggio, vai in finale a Usa 94, sennò non ci vai. Con tanti saluti al sacchismo imperante. E i Baggio vanno protetti, innaffiati, incoraggiati, lasciati liberi. Yamal e Doué nelle nostre scuole calcio sarebbero finiti per fuggire dall’ennesimo rimprovero sul pallone che andava passato. O forse in prestito alla Carrarese e al Foligno.
Ci attendono altri fiumi di parole inutili se non si torna alle parole di Allegri e se non le si affiggono in tutte le scuole calcio d’Italia. Se le stesse scuole calcio non vengono bonificate da quella miriade di mister che credono di essere Guardiola in 64esimi. Vanno recuperate le parole di Viscidi coordinatore giovanile Figc: «In Italia i talenti li roviniamo, troppa tattica, si fa solo possesso palla. Coi loro club non lavorano sui duelli 1 contro 1 e spesso fanno l’11 contro 0, l’esercitazione più stupida che ci sia».
Bisognerebbe avere il coraggio di ammettere di aver sbrodolato cazzate da oltre dieci anni. E ristabilire una gerarchia (“esistono le categorie disse il filosofo livornese”). Far tornare a parlare di calcio chi di calcio sa. Come i signori sopra citati. Insomma, è sufficientemente chiaro che la crisi del nostro football è destinata a durare in eterno.