Sicuri che Marotta sia così potente? La realtà sta smontando la narrazione enfatica

Altro che Marotta League. Ha perso lo scudetto, l'allenatore, e ora lo ritroviamo sudaticcio nell'affannosa rincorsa a Fabregas. I potenti veri li ricordavamo diversi

Inter Marotta

Mp Pisa 02/08/2024 - amichevole / Pisa-Inter / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: Giuseppe Marotta

Sicuri che Marotta sia così potente? La realtà sta smontando la narrazione enfatica

A volte le narrazioni aiutano, oppure confondono. Fiumi e fiumi d’inchiostro spesi a descrivere la geometrica potenza di influenza (il fuoco lasciamolo stare) di Beppe Marotta presunto Richelieu del calcio italiano, e poi però la realtà si diverte a spernacchiarti e a mostrarti in calzoni corti mentre mi mangi nervosamente le unghie.

Marotta dovrebbe incarnare l’uomo forte del sistema pallone Italia. Marotta League, hanno e abbiamo scritto. “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità” è la celeberrima frase attribuita a Goebbels. Senza entrare nei meandri della paternità della frase, i fatti dell’ultimo mese ci hanno rivelato che l’Inter ha buttato via uno scudetto pur essendo nettamente la squadra più forte. Che, a voler essere onesti, è il secondo buttato via in pochi anni. Che nella lotta scudetto finale, ai nerazzurri – possiamo dirlo finanche dal Napolista – manca un rigore contro la Roma. E aggiungiamo che se uno è davvero potente, potrebbe anche accadere che il rigore per la Lazio (che c’era) non sarebbe stato assegnato. Siamo stati abituati a quei potenti là. Altrimenti che potente sei? Non è un caso che oggi l’Italia dello sport attende la candidatura di Franco Carraro alla presidenza del Coni. Quando ci hanno descritto uomini nevralgici delle stanze dei bottoni, abbiamo sempre pensato a profili simili.

Marotta ci pare una figura sbiadita da questo punto di vista. Un signor dirigente, ci mancherebbe. Ma non ci pare né un uomo particolarmente fantasioso, con una gestione innovativa delle squadre di calcio. Né un uomo in grado di comandare nel vero senso della parola. Di tenere la situazione sotto controllo. La sua Inter non solo ha perso lo scudetto, ma è stata anche malmenata in finale di Champions dove è scesa in campo una squadra allo sbando che non è stata in partita nemmeno trenta secondi.

Marotta ci pare lontano dal blitz notturno di Moggi per Capello

A tutto questo aggiungiamo che al triplice fischio finale, è cominciata la fuga di Simone Inzaghi verso l’Arabia Saudita. Fuga che a un potente vero sarebbe dovuta essere nota da almeno un paio di mesi. E certamente lo era. Fatto sta che il presidente dell’Inter ce lo ritroviamo sudaticcio in una affannosa rincorsa al tecnico del Como Cesc Fabregas con tanto di porte sbattute in faccia da parte dell’ultramiliardario indonesiano Mirwan Suwarso. Poi magari finisce che oggi Fabregas riesca a liberarsi del Como e vada all’Inter ma il tentennamento e l’imbarazzo restano. Ricordiamo che nottetempo Luciano Moggi andò a prendere Fabio Capello a Roma e lo portò alla Juventus. All’alba era tutto fatto. Sbraitate pure. Venendo a tempi molto più prossimi a noi, De Laurentiis – prima del dietrofront di Conte – aveva fuori dalla porta con le valigie in mano un certo Massimiliano Allegri non certo pizze e fichi. Vedere Marotta annaspare, con in sovrimpressione circolare i nomi di Vieira, Chivu, persino Mourinho e poi magari indire un concorso per fare l’allenatore dell’Inter, non è una bella pubblicità.

I momenti complicati fanno parte della vita. Ci mancherebbe. Marotta riprenderà l’Inter in mano. Perché è bravo, bravissimo, ha guidato l’Inter lungo transizioni finanziarie turbolente (e molto poco limpide). Ma non ci pare onnipotente. Né ubiquo. Tutto questo per dire che in Italia spesso esageriamo con le narrazioni, enfatizziamo, disegniamo traiettorie e parabole che poi alla prova dei fatti non reggono. Si dissolvono.

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