Pat Cash: «Boris Becker era assurdo! Potevo giocare alla perfezione ma perdere comunque»
A Repubblica il vincitore di Wimbledon 1987: «Sono andato sugli spalti a ringraziare i miei, non mi importava della Royal family. In Australia crediamo nella Repubblica»

NEW YORK, NY - AUGUST 31: Pat Cash (L) watches Ons Jabeur of Tunisia play against CoCo Vandeweghe of the United States during their second round Women's Singles match on Day Four of the 2017 US Open at the USTA Billie Jean King National Tennis Center on August 31, 2017 in the Flushing neighborhood of the Queens borough of New York City. Richard Heathcote/Getty Images/AFP Richard HEATHCOTE / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images
Repubblica intervista una leggenda del tennis, l’australiano Pat Cash. All’interno del circuito lo chiamavano il pirata, un po’ per la bandano un po’ per il suo atteggiamento brusco. Lui assicura di non esser un badboy, anzi se è apparso un po’ sopra le righe è solo perché in testa aveva solo la vittoria. Ha vinto Wimbledon nel 1987:
«A Wimbledon lo stress è enorme, prima, durante e dopo. Poi pian piano svanisce ma tutti ti dicono e pensano che puoi e devi vincere. E anche tu lo sai. Succede che data l’idea di poter vincere, tutti i colleghi te lo dicono prima di giocare qualsiasi match, specie i più importanti. E la cosa disturba, infastidisce, stressa».
L’opinione sugli italiani Sinner e Berrettini:
«Sinner se mantiene la forma e migliora fisicamente gambe e braccia, può puntare alla top 3. Può anche giocarsela con Alcaraz. Nel giro di due, tre anni Sinner sarà molto in alto. Berrettini ha qualcosa di speciale, un servizio veramente enorme. Ma il rovescio deve migliorare molto».
Tra gli aneddoti del Pirata c’è quello di essere stato il primo a rompere il rigido protocollo di Wimbledon. Lui è stato il primo a scalare gli spalti per festeggiare la vittoria insieme ai suoi cari lasciando a bocca aperta anche la famiglia reale inglese:
«Io l’ho fatto perché c’erano le persone per me più importanti. Tornavo da un infortunio di oltre un anno e volevo ringraziare mio padre, la mia famiglia, il mio coach, la mia squadra. Tra l’altro, non mi è mai importato molto della Royal family. Con tutto il rispetto, in Australia crediamo nella Repubblica e nell’indipendenza».
Pat Cash ricorda il serve&volley, uno schema che portava a raggiungere la rete dopo aver battuto. Oggi questo schema non è più quasi usato:
«L’hanno distrutto. Per farlo al meglio devi essere veloce a salire a rete ma anche rapido nel tornare indietro. Con le palline di oggi, più pesanti e lente, è difficile giocarlo. Il serve and volley è rischioso e difficile, presa la rete devi poi diventare il padrone del gioco. Oggi si sta 5 minuti a rete e 40 dietro».
Tra i grandi di oggi che lo hanno riproposto ci sono Nadal e Alcaraz:
«E anche Djokovic. Sono veloci e forti, sfruttano il serve and volley in certi frangenti del match. Ma hanno altri stili. Djokovic è molto forte ma ha problemi con il servizio, un po’ altalenante. Alcaraz è già un campione, con tante soluzioni e la giusta spavalderia. Ha 20 anni, è il n. 1, sarà il futuro».
E ancora:
«Oggi non vedo altri Cash o Rafter: Pat è stato l’ultimo volleista puro. Io e lui siamo dei dinosauri».
E giusto per aumentare la nostalgia:
«Boris Becker era assurdo! Potevo giocare alla perfezione ma perdere comunque. Boris era sempre forte e potente, non mi sono mai sentito a mio agio nel giocarci contro».