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Ma davvero Allegri ha rifiutato il Real Madrid per questa Juve?

Quella di Max appare una scelta che sfugge ad ogni logica. Per lui sarà una stagione lose-lose

Ma davvero Allegri ha rifiutato il Real Madrid per questa Juve?
Db Torino 28/08/2021 - campionato di calcio serie A / Juventus-Empoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Massimiliano Allegri

Escludendo categoricamente che si tratti solo di un fatto di soldi – pure se nove milioni netti sono nove milioni netti – e lasciando perdere altrettanto perentoriamente discorsi che col calcio attuale hanno ben poco a che vedere (tipo quello sull’amore per la maglia), si fa parecchia fatica a comprendere il senso della scelta professionale fatta da Allegri accettando di tornare ad allenare la Juventus. Questa Juventus. Soprattutto se l’alternativa – come ha dichiarato Max stesso quando è stato presentato – era il Real Madrid.

E questo perché, nonostante il tonfo nella doppia sfida all’Ajax, la sua Juventus è stata l’ultima a dominare con una certa autorevolezza il campionato italiano. Il resto poi è storia recente: la spaccatura con Paratici e Nedved, il board bianconero che pretendeva di giocar “meglio” nonostante i cinque scudetti consecutivi, le divergenze con Agnelli sul percorso da intraprendere per rinnovare una rosa che (e su questo non c’è dubbio) andava certamente rinnovata.

E se già ai tempi dello scudetto di tampone di Sarri (vinto ancora coi Pjanic, coi Matuidi, coi Khedira, con gli Higuain) nella piazza bianconera s’era levato un certo mugugno a sostegno delle tesi del tecnico livornese, è nell’anno difficile vissuto col povero Pirlo in panchina che Allegri s’è preso la sua umile rivincita: si faceva fatica, pochi mesi fa, a trovare un solo tifoso bianconero che non ambisse al ritorno di Max, che non condividesse (ex post) la strada che aveva indicato.

Una stagione lose-lose

Eppure, se le condizioni fissate a maggio scorso erano queste, era (ed è, perché questi non possono certo essere giudizi definitivi) piuttosto prevedibile che questa stagione per Allegri non fosse altro che un lose-lose.
E questo perché nonostante l’inesperienza e la tenera inadeguatezza di Pirlo, in campo ci vanno i calciatori, e quelli della Juve – che Sarri definì inallenabili – l’anno scorso sono riusciti a strappare il quarto posto solo grazie al clamoroso suicidio del Napoli di Gattuso. Con un piccolo dettaglio, peraltro: in quella squadra giocava un calciatore che – che piaccia o meno – ti fa partire con un gol sopra tutte le domeniche (e pure di mercoledì). Che da solo può valere almeno una quindicina di punti ma che per la stampa di questo Paese è diventato in un battibaleno un peso.

E non un peso economico, s’intenda, perché che fosse un peso economico è innegabilmente vero. Un peso tecnico. Qualcuno s’è perfino spinto a definirlo un “tappo” all’esplosione del talento di Dybala, un ottimo calciatore, certo, che però a un passo dai trent’anni fa ancora tanta fatica a trovare una posizione in campo ed una stoffa da vero leader. Tanto da non essere considerato un imprescindibile nella sua Nazionale. E che comunque – come tutti o quasi – non è certo Cristiano Ronaldo.

Uno splendido ricordo

A quali condizioni s’accetta di tornare in un posto dove s’è lasciato uno splendido ricordo rischiando così tanto d’inquinarlo? Per Allegri, ad oggi, è complicatissimo fare meglio di quanto ha fatto il suo pur umile predecessore. Fare poi qualcosa che s’avvicini a quanto fatto da lui stesso nell’ultima esperienza alla guida della Vecchia Signora sarebbe invece da ascrivere al libro dei miracoli.

Fuori Ronaldo, dentro Kean. Chiavi del centrocampo al giovane Locatelli, che qualche anno fa sarebbe stato inserito con la dovuta serenità – come ha fatto Mancini con l’Italia – senza fargli sentire il peso della squadra addosso. Una coppia di difensori centrali che, messa in condizione, può ancora farti vincere una competizione breve (come l’Europeo), ma che non può certo reggere per quaranta partite. Con un De Ligt che – e per quanto è stato pagato fa un certo effetto – non è ancora riuscito a strapparsi di dosso l’etichetta della riserva. Intorno c’è una rosa costruita male, che giocava e gioca con questo 4-4-2 perché di fatti non può fare altro, con tanti calciatori con stipendi da nababbi che superano in maniera piuttosto indiscutibile il loro reale valore: Rabiot e i suoi 7 netti + bonus, Ramsey coi suoi 7, Alex Sandro (sempre più irriconoscibile) oltre i 6, il fantasma Arthur oltre i 5.
A riprova che avere il monte ingaggi di gran lunga più alto del campionato non equivale ad avere a disposizione la squadra più forte.

Questa Juventus viene da una serie di disastri economici ed errori pacchiani della dirigenza. Valutazioni sbagliate che erano, in larga parte, tra i motivi della separazione di qualche anno fa.
E allora, al di là delle idee dello stesso Max, che non può certo pensare – con questi calciatori a disposizione – di riproporre lo stesso spartito (a tratti speculativo) di qualche tempo fa, la domanda è chiara: a che pro Allegri mette oggi il suo faccione a difesa di un progetto che balbetta al punto da accogliere con una certa soddisfazione una vittoria sofferta e stentata (la prima in campionato) al Picco di La Spezia? E a che pro lo accetta se fu lui stesso – prima di andar via – a chiedere che la rifondazione venisse fatta diversamente?

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