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Cecchi Gori racconta Gassman: “Giocava centravanti, io mediano. Parlava, incitava e s’incazzava”

Al Fatto: “Il nostro agonismo ci impediva di mollare un millimetro all’altro. Una sera a casa sua ho conosciuto Pablo Neruda. Sembrava una cartolina. Quell’immagine, trent’anni dopo, l’ho ritrovata ne Il postino di Troisi”.

Cecchi Gori racconta Gassman: “Giocava centravanti, io mediano. Parlava, incitava e s’incazzava”

In una lunga intervista al Fatto Quotidiano, Vittorio Cecchi Gori ricorda Vittorio Gassman a vent’anni dalla morte. Lo definisce “un signore”.

“Vittorio era di famiglia, prima legatissimo a mio padre, poi il feeling si è maggiormente sviluppato con me; se chiudo gli occhi posso ancora vederlo seduto sul divano di casa o affacciato al balcone mentre fumava una delle sue sigarette. E pensava, erano attimi che dedicava a se stesso”.

E fuori dal set?

“Penso subito al suo rapporto con le donne. Molto intenso, e lo capivo. Poi era una persona seria, un amico vero, uno che sapeva quali erano i confini tra la finzione del set e la quotidianità vissuta con i fari spenti”.

Cecchi Gori racconta che, nelle pause tra una ripresa cinematografica ed un’altra, si incontravano.

“Magari ci vedevamo a casa di Ettore Scola per dei giochi di società: divisi in squadre rispondevamo a degli indovinelli; oppure sfide a pallone, o a tennis. Insomma, ci massacravamo in infinite battaglie sportive, il nostro agonismo ci impediva di mollare un millimetro all’altro; a calcio lui giocava da centravanti, io mediano, e parlava e incitava e s’incazzava. Un continuo“.

Un po’ guascone ma anche timido e riservato.

“Molto più di Ugo Tognazzi, ed era chiaro dalla differente gestione delle loro ville a Velletri. Da Ugo era un’infinita tavolata sempre apparecchiata, con un riciclo quotidiano di persone; in quella di Vittorio non andava quasi mai nessuno, e lui non aveva grandi rapporti con i colleghi, si trovava bene giusto con Paolo Villaggio, amicizia nata durante le riprese spagnole di Brancaleone alle crociate. Uscivamo quasi ogni sera”.

Anche Gassman però aveva un gruppo di amici.

“Certo, ma senza esagerare, a modo suo; nella sua villa romana all’Aventino si ritrovavano spesso vari amici e colleghi, anche giovani attori che lui seguiva, come Gigi Proietti, ed era possibile incappare in piacevoli sorprese. Una sera lì ho conosciuto Pablo Neruda, ospite della casa: sembrava una cartolina, un’icona, vestito di bianco con il Panama in testa. Quell’immagine, trent’anni dopo, l’ho ritrovata ne Il postino di Troisi“.

Cecchi Gori racconta di non aver frequentato Gassman fino alla fine.

“Purtroppo no, poi un giorno mi ha chiamato e con tono freddo mi ha offeso, senza motivo. Io sbigottito. È stato un ceffone improvviso, un attacco talmente immotivato da lasciarmi gelato. Non avevo capito che quelle parole erano generate dal suo esaurimento nervoso, e poco dopo è morto”.

Al funerale non ci andò.

“No, non ci vedevamo da tempo, e la sua morte non potevo accettarla”.

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