ilNapolista

Per scegliere le facce, Fellini veniva sempre a Napoli

Su Repubblica Napoli. Amava Peppino De Filippo. Definiva Napoli “una città misteriosa e inquietante, orientale, greca, spagnola”

Per scegliere le facce, Fellini veniva sempre a Napoli

Il 20 gennaio ricorrerà il centenario della nascita di Federico Fellini. Oggi, su Repubblica Napoli, Pier Luigi Razzano racconta il forte legame che esisteva tra il regista e Napoli.

Napoli, scrive,

“fu per Fellini un cantiere di volti, un’ossessione costante”.

Ogni volta che doveva scegliere gli interpreti per le sue pellicole, il regista veniva in città. Lo racconta Marcello Mastroianni nella sua autobiografia,”Mi ricordo, sì, mi ricordo”.

«Per scegliere le facce, Fellini andava sempre a Napoli. Qualche volta sono andato con lui […] Entrò il primo napoletano. Fellini, che per quel film cercava dei musicisti, gli domandò: “Che strumento suoni?” “Io niente, ma mio fratello è un genio!”. Mi domando quale altro registra avrebbe preso in considerazione la pazzesca battuta di questo signore. Fellini lo scritturò immediatamente».

Razzani racconta la stima del regista nei confronti di Peppino De Filippo e di Totò. De Filippo fu protagonista del primo film di Fellini, “Luci del varietà”. In ‘Dizionario Intimo’ è sintetizzato il suo pensiero:

«Era un attore che mi piaceva moltissimo, un buffone glorioso, un attore comico straordinario e a mio parere molto più bravo del fratello Eduardo, più cattivo, più originale: il povero cristo che impersonava sempre Eduardo era stato già anticipato in tanti racconti di Cechov, in tanto teatro, lo stesso Viviani in fondo lo aveva interpretato in maniera molto più scattante, diavolesca e potente. Mi sembrava che Peppino fosse una delle incarnazioni più riuscite di questo personaggio sfrontato, patetico nella sua spavalderia, come sapeva muoversi in scena, con l’arroganza e la disinvoltura di certi cani, una presunzione, una spavalderia solo sua»

Fellini adorava anche Totò, che diresse in “Dove è la libertà”. In ‘Fare un film’ di lui Fellini dice:

«Come tutti i grandi clown, Totò incarnava una contestazione totale, e la scoperta più commovente e anche confortante era riconoscere immediatamente in lui, dilatati al massimo, esemplificati in quell’aspetto da personaggio di “Alice nel paese delle meraviglie”, la storia e i caratteri degli italiani: la nostra fame, la nostra miseria, l’ignoranza, il qualunquismo piccolo borghese, la rassegnazione, la sfiducia, la viltà di Pulcinella».

Razzani racconta che a Napoli, Fellini avrebbe voluto ambientare “Toby Dammit” – episodio di “Tre passi nel delirio” – per il quale invece alla fine scelse Roma.

A Repubblica il regista raccontò che

«Napoli è una città misteriosa e inquietante, orientale, greca, spagnola: una divina commedia reale».

 

ilnapolista © riproduzione riservata