Spalletti sarà sommerso di applausi, lo stadio non sono i social

La legge del campo è diversa. Luciano ne ha commessi di errori, non conosceva il detto “morto il re, viva il re”. Chi si sobbarca la fatica di raggiungere il Maradona, sa separare il grano dall’oglio

spalletti Shakespeare calciomercato Spalletti Nazionale

Napoli's Italian coach Luciano Spalletti waves prior to during the Italian Serie A football match between Napoli and Sampdoria on June 4, 2023 at the Diego-Maradona stadium in Naples. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Spalletti sarà sommerso di applausi, lo stadio non sono i social

Ci sono varie categorie di tifosi ma due su tutte. Quelli che vanno allo stadio (attività a Napoli particolarmente faticosa, non è che prendi la metro viola ed è fatta, andata e ritorno) e quelli che non ci vanno. Quelli che non ci vanno, poi, distribuiscono le loro energie scrivendo sui social, girando video, chiamando radio e tv. Quelli che si sobbarcano la fatica, invece, rispettano la legge del campo. Allo stadio va ancora chi ha visto Giorgio Braglia. O Mocellin. I meno diversamente anziani possono ricordare Ignoffo, Toledo, Varricchio e via dicendo. Potrebbe scapparci perfino un Consonni. C’è chi ricorda quando la curva omaggiava con un fascio di rose gli ex o i calciatori che raggiungevano un record significativo di presenze. I tifosi da stadio domenica sera non avranno alcun dubbio. Una situazione che ci ricorda la descrizione che Elena Ferrante fa del momento in cui Lenù tradisce il marito con Nino Sarratore. Siamo andati a recuperarla.

«Ti sei decisa» gli sentii dire.
Sussultai, non mi chiesi decisa a cosa. Seppi solo che aveva ragione, mi ero decisa. Sfilai in fretta la camicia da notte, mi sdraiai accanto a lui malgrado il caldo.

Quando Spalletti spunterà dagli spogliatoi, sotto la tribuna centrale, emozionato e tremebondo, mormorerà la stessa frase di Nino Sarratore non appena capirà che lo stadio gli starà tributando quell’applauso che alle persone di campo partirà spontaneo. Come se non ci fosse mai stata alternativa. Lo stadio non sono i social. Non perdi sette ore della tua giornata, pagando l’impossibile ai garage, o rischiando che ti portino via l’automobile dai carri attrezzi (perché quando gioca il Napoli, la città si trasforma in Losanna) per fischiare chi ha contribuito a regalarti una delle gioie più intense della tua esistenza. Un dibattito surreale, come ha scritto Fabrizio d’Esposito.

Poi, va da sé, Spalletti ha commesso tanti errori. Parliamo del post-scudetto. Li ha commessi perché si è lasciato trascinare dall’euforia, da quell’effimera eccitazione dell’entusiasmo popolare che poi si trasforma in boomerang. Non conosceva, Luciano, la frase “Morto il re, viva il re”. Così come non sapeva che il muro contro il muro contro il padrone porta solo a una strada. Non aveva mai vinto. Non ha saputo gestire quella vittoria. Non seppe gestirla nessuno. Neanche De Laurentiis. Figuriamoci Giuntoli. Ma le emozioni restano. E soprattutto resta quello scudetto. Che se lo sia tatuato, poco importa, per noi dà solo la misura della condizione emotiva della persona.

Qualche anno fa, era il 2019, quando si giocò Napoli-Genk 4-0 e tutt’attorno sembrava una città che apparentemente non ne poteva più degli Ancelotti, al fischio finale il Maradona si alzò in piedi e riservò un applauso scrosciante a quel signore brizzolato che lasciava il campo. Sapevano che non lo avrebbero più rivisto su quella panchina. Lo stadio ha la sua legge. Vorremmo dire che è la legge dei competenti, di chi il calcio lo vive e lo ha vissuto. Ecco, lo abbiamo detto.

Correlate