Conte ha ricostruito il Napoli e ha quasi trasformato Hojlund in Lukaku: che cos’è il mestiere di allenatore
Riesce a venire fuori dalla crisi, ha rimesso in mare una barca che faceva acqua da tutte le parti. Spalletti, invece, è decisamente indietro: confuso lui, confusa la Juventus

Mp Firenze 13/09/2025 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Napoli / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: esultanza gol Rasmus Hojlund
Quanto pesa un allenatore
Ci sono partite di calcio che vengono indirizzate e si decidono in maniera ineffabile, inafferrabile, in un nanosecondo. E molto spesso succede attraverso le scelte degli allenatori. È il caso di Napoli-Juventus 2-1, una gara in cui la squadra più forte – il Napoli – ha saputo trovare e mettere quel qualcosa in più che gli ha permesso di vincere. Di portarsi a casa tre punti fondamentali, pesantissimi. E il merito è soprattutto di Antonio Conte, che è riuscito a disegnare in campo una formazione convincente, coerente, anche se lui e i suoi giocatori sono ancora impantanati nelle sabbie mobili dell’emergenza-infortuni.
Dall’altra parte del cielo, invece, Luciano Spalletti si è reso protagonista di decisioni discutibili prima e durante la gara del Maradona. Nel senso che è stato bravo e fortunato a rimettere in piedi il risultato dopo aver fatto delle scelte iniziali a dir poco infelici, ma non ha saputo leggere le mosse da fare dopo il pareggio di Yildiz. E così la sua Juventus si è ritrovata a pagare dazio, ad accusare anche nel risultato il gap di valore assoluto che la separa dal Napoli. Un gap ampio, aggravato anche dalle assenze – pure Spalletti, come Conte, non ha diversi giocatori importanti, tra cui Bremer, Gatti e Vlahovic.
Insomma, come dire: non è un caso che il Napoli abbia vinto due scudetti negli ultimi tre anni, mentre il conto della Juve si ferma al 2020. Così come non è un caso che Conte abbia battuto Spalletti in quello che, incredibile ma vero, è stato il primo scontro diretto nella loro carriera. Napoli-Juventus si può raccontare a partire da questo, dalla forza dei due allenatori. Dall’impatto che hanno avuto, perché l’hanno avuto, sull’andamento della gara e sul risultato. In senso positivo e in negativo.
Continuità VS Cambiamento
Napoli-Juventus è iniziata come una sorta di scontro filosofico tra continuità e cambiamento. La continuità è quella di Antonio Conte, che ha schierato la stessa squadra vista nelle ultime, ottime partite – al netto, ovviamente, del cambio obbligato tra Lobotka ed Elmas. Spalletti, invece, ha varato una piccola rivoluzione: il 3-4-2-1 visto nelle ultime gare si è trasformato in un 3-5-2 puro ma senza punte classicamente intese, con Conceição schierato accanto a Yildiz in attacco, e con McKennie nel terzetto di centrocampo. Le altre mosse inattese del tecnico bianconero sono stati lo spostamento di Cambiaso a destra e l’inserimento di Cabal come quinto a sinistra, dal lato di Koopmeiners (schierato di nuovo come difensore centrale).
L’idea di Spalletti, riletta a posteriori, era quella di stanare le marcature uomo su uomo del Napoli con i movimenti a tutto campo di due attaccanti dinamici come Yildiz e Conceição. L’inserimento di Cabal, invece, era un tentativo di dare maggior copertura dalla parte di David Neres, a maggior ragione perché il braccetto di sinistra era, appunto, Teun Koopmeiners: non proprio un giocatore con lo stesso scatto dell’esterno brasiliano del Napoli. Ecco, se la prima scelta – quella di non dare punti di riferimento alle marcature del Napoli – avrebbe anche potuto rivelarsi esatta, quella di mettere Cabal è stata nefasta. Perché l’ex difensore del Verona è in condizioni poco meno che impresentabili, e perché, in ogni caso, Koopmeiners non aveva alcuna speranza di riuscire a tenere Neres. Lo si è visto dopo pochi secondi di gioco, alla prima percussione dell’ex Shakhtar. Al minuto 7′ è arrivata la conferma definitiva:
Il primo gol di Hojlund
Al di là della scarsissima reattività di Cabal sul tocco in profondità verso Neres, fa impressione notare come l’esterno brasiliano bruci Koopmeiners sullo scatto. Questa è certamente una “giocata tecnica”, cioè legata alle doti fuori scala del giocatore del Napoli, ma va anche sottolineato il modo in cui la squadra di Conte costruisce il gol. È per questo che, nel video sopra, abbiamo “dilatato” l’azione di diversi secondi: dopo una verticalizzazione su Hojlund e il recupero palla della Juve, la riaggressione del Napoli è ferocissima, velocissima, ci sono addirittura cinque giocatori in maglia azzurra in una metà del cerchio di centrocampo. E il tocco decisivo per riprendersi il pallone, proprio in quella porzione di campo, è opera di Mati Olivera. Che in realtà sarebbe il quinto a sinistra nel 3-4-3 di Conte, ma in questa circostanza è venuto molto dentro il campo per supportare i compagni nella fase difensiva.
Il resto dell’azione si sviluppa secondo i dettami classici del 3-4-3: Di Lorenzo riceve la sfera largo a destra, in posizione di quinto di centrocampo, subito dopo David Neres detta il passaggio in profondità scattando dietro Cabal e davanti a Koopmeiners – c’è anche una finta geniale del brasiliano, che ruba il tempo al suo avversario e poi effettivamente attacca la profondità. Si determina così un duello uno contro uno che il giocatore olandese della Juventus, semplicemente, non può vincere. Cross al centro basso e teso e meraviglioso anticipo di Hojlund su Kelly. Ripetiamo ancora: un gol che si origina dallo schieramento 3-4-3. E dalle scelte non proprio felici di Spalletti.
Napoli in controllo
Dopo l’ottimo inizio e il vantaggio del Napoli, si è determinata una partita abbastanza semplice da leggere: la squadra di Conte continuava a essere aggressiva grazie a marcature a uomo puntuali, intelligenti, funzionali, marcature che la Juventus provava a forzare facendo retrocedere spesso Yildiz e Conceição per cucire il gioco. Una volta sopravanzato il primo pressing, però, la squadra bianconera si ritrovava di fronte un doppio muro compattissimo e neanche così schiacciato verso la propria area: il 5-4-1/5-3-2 difensivo del Napoli, infatti, spesso rimaneva in blocco medio-basso, senza arretrare troppo, in modo che la squadra azzurra potesse controllare agevolmente il gioco.


Il baricentro medio-alto del Napoli in fase di difesa posizionale
Ed è andata esattamente così, sono i numeri a dirlo in maniera chiara: il primo tempo si è concluso con 0 tiri in porta da parte della Juventus. E con 2 conclusioni complessive costruite dai bianconeri, una con Yildiz e una con Conceição. Entrambi questi tentativi, per altro, sono arrivati da fuori area. Anche tutti gli altri indicatori della prima frazione risultatno favorevoli al Napoli, autore di 4 tiri verso la porta di Di Gregorio: gli azzurri hanno messo insieme più dribbiling riusciti (8-3), più contrasti vinti (9-4) e più duelli aerei vinti (4-3) rispetto ai bianconeri.
Insomma, si può dire: nel primo tempo, il Napoli non ha rischiato niente. È andato in vantaggio subito e, pur giocando con un ritmo neanche tanto alto, ha avuto almeno altre due occasioni nitide per portarsi sul 2-0. Parliamo della girata di testa di Di Lorenzo, su cui Di Gregorio è stato bravissimo, e del palo pizzicato da McTominay durante il solo minuto di recupero concesso dall’arbitro La Penna.
La ripresa
Spalletti è tornato in campo correggendo uno dei suoi errori iniziali: non tanto perché abbia inserito un attaccante puro, David, ma perché ha tolto Cabal e ha ridisegnato una Juventus decisamente più lineare. Più assennata, viene da dire. In questo modo, i bianconeri sono passati a un 3-4-3 meno facile da leggere per il Napoli, anche perché i movimenti tra le linee di due trequartisti/laterali come Yildiz e Conceição non hanno permesso più a Buongiorno di spezzare la linea e rendere più aggressivo il sistema difensivo di Conte.
Questo, però, non significa che la Juventus abbia migliorato in modo netto la sua pericolosità offensiva: prima del gol di Yildiz al minuto 59, infatti, la squadra bianconera non era riuscita a costruire neanche una conclusione verso la porta di Milinkovic-Savic. Anzi, a dirla tutta i bianconeri non sono mai riusciti neanche a giocare un pallone nell’area di rigore del Napoli. E quindi, si può dire, il gol del pareggio è arrivato in maniera del tutto inattesa, del tutto improvvisa e improvvisata.
E qui si torna alle intuizioni e al peso degli allenatori: al netto di un intervento su Hojlund per cui i giocatori del Napoli finiranno per protestare, infatti, la rete di Yildiz nasce proprio dalla presenza contemporanea di due giocatori – lo stesso Yildiz e Conceição – che sanno zampettare negli spazi di mezzo tra la difesa e il centrocampo del Napoli, e allora basta una ripartenza veloce e ben congegnata per mandare in tilt le marcature a uomo predisposte da Conte. Sì, Beukema è un po’ troppo tenero con Yildiz e se lo lascia scappare internamente, ma in occasione del gol la Juve muove bene la palla e sfrutta la presenza di un attaccante propriamente detto, Jonathan David, per tenere schiacciata la difesa avversaria.
Dida
Pochi minuti dopo il gol, però, Spalletti ha impattato sulla sua Juve – e quindi sulla partita – in modo poco convincente. Proprio la lettura positiva che aveva portato al gol di Yildiz è stata completamente sconfessata, cancellata con un colpo di vento. L’allenatore bianconero, infatti, ha sostituito proprio il fantasista turco con Openda e Conceição con Miretti, tornando di nuovo al 3-5-2 puro. Ora, ovviamente, sarebbe sbagliato far ricadere tutte le colpe su Spalletti. Anche perché il gol di Hojlund è arrivato all’apice di un’accelerazione tecnica, più che tattica, del Napoli di Conte. Resta il fatto, però, che il nuovo cambio di assetto della Juve non ha sortito alcun effetto. Anzi. E così il Napoli ha potuto ritrovare il vantaggio e ha anche gestito comodamente, di nuovo, l’ultimo tratto della gara.
Hojlund e Zhegrova
Il grande merito di Conte, essenzialmente, è stato quello di assecondare il flusso. Dopo aver costruito ciò che poteva/doveva costruire, il tecnico del Napoli ha permesso alla sua squadra di continuarsi a esprimere in quella direzione: la direzione giusta, quella del 3-4-3/5-4-1 e dell’aggressività. Poi, come ha detto chiaramente – e giustamente – lo stesso tecnico azzurro, il merito va ascritto anche ai calciatori. A Elmas, che ha sostituito in modo convincente Lobotka. A David Neres, una fonte creativa praticamente imprendibile e inesauribile. E poi a Rasmus Hojlund, che contro la Juventus ha davvero mostrato il meglio del suo repertorio. E non solo per i due gol, il primo di grande impatto scenico – il già citato anticipo su Kelly è una giocata da prima punta di livello assoluto – e il secondo più di rapina, ma soprattutto per il contributo enorme dato alla squadra:

Tutti i palloni giocati da Hojlund
Come si vede chiaramente in questo campetto, il centravanti del Napoli è stato preziosissimo come riferimento centrale – in senso geografico s figurato – della manovra offensiva. Nell’imbastire e sostenere le azioni dei suoi compagni, della sua squadra. I dati, in questo senso, sono eloquenti: l’ex Atalanta e Manchester United ha giocato 24 volte la palla, ha fallito solamente 3 tocchi, ha ingaggiato 7 duelli palla a terra, vincendone 3, e solo una grandissima parata di Di Gregorio gli ha tolto la gioia di una tripletta. Insomma, si può dire: pur partendo da un background tecnico sensibilmente diverso rispetto a quello di Lukaku, oggi Conte ha il suo centravanti ideale. Non del tutto simile al belga, ma capace di assicurare al tecnico quel set di movimenti e di connessioni che rendono (ancora? Ancora per quanto?) unico Big Rom.
Dopo il gol del vantaggio, la Juventus non è riuscita a costruire nulla di convincente fino al minuto 93, quando Edon Zhegrova – un altro calciatore decisamente a suo agio quando può muoversi tra le linee avversarie, un fantasista di qualità – ha scambiato due volte il pallone con i compagni e si è aperto lo spazio per la conclusione. Il tiro è venuto fuori debole, centrale, e così Milinkovic-Savic ha dovuto compiere il primo intervento della sua partita. Sì, avete letto bene: il primo in assoluto.
Conclusioni
Quest’ultimo passaggio, quello su Zhegrova e sull’unica parata di Milinkovic-Savic, chiude qualsiasi discorso tattico su Napoli-Juventus 2-1. Perché dimostra come si tratti di due squadre piuttosto distanti tra loro, non solo per il valore assoluto dei calciatori, ma a livello di identità: Conte ha saputo trasmettere ai suoi giocatori un’idea chiara, precisa, efficiente ed efficace. Spalletti, invece, non ci è ancora riuscito. Ed è doveroso sottolineare come, di fatto, l’esordio del Napoli con il suo nuovo assetto (la gara interna contro l’Atalanta del 22 novembre scorso) sia arrivato tre settimane dopo l’insediamento di Spalletti alla Continassa.
Ovviamente quest’ultima rilevazione è una forzatura, nel senso che il lavoro e l’intesa pregressa di Conte con i suoi giocatori hanno un peso enorme. Ma è anche un modo per riconoscere il lavoro eccezionale del tecnico azzurro che ha rimesso non solo in mare, ma ha anche reso di nuovo velocissima, e affidabilissima, una barca che aveva iniziato a fare acqua da tutte le parti.
Le tre vittorie – sei gol fatti, uno solo subito – contro Atalanta, Roma e Juventus, ottenute al netto degli infortuni, sono un segnale chiarissimo della forza del Napoli. Il resto, beh, va ascritto al suo allenatore. Che, al di là del lavoro quotidiano, finora è riuscito (quasi) sempre a venir fuori da tutte le crisi. E anche a leggere, quindi a vincere, quelle partite che si decidono in maniera ineffabile, inafferrabile, in un nanosecondo. Non è datato, non è scontato. Non lo è mai.











