Benatia: «Marcavo io Koulibaly, per quel gol alla Juve non ho dormito tre notti»
Alla Gazzetta: "Il giocatore cattivo nel calcio si sta perdendo. Ronaldo si allenava alle 11 di sera dopo essere tornati da una trasferta"

Photo Matteo Ciambelli
Era il 2018, Juventus-Napoli 0-1, Koulibaly in elevazione segna un gol diventato poi iconico. Lo marcava Medhi Benatia. “La presi malissimo, non ho dormito per tre giorni. Si fece male Chiellini e io giocai forse una delle mie migliori partite. Perdemmo 1-0 ma potevamo stare sotto di tre, feci salvataggi su salvataggi, poi Albiol al 90’ mi fece un mezzo blocco, Koulibaly saltò e fece un gol incredibile. La giornata successiva a San Siro con l’Inter Allegri mi mise fuori e io non la presi bene: sembrava fosse tutta colpa mia”. Da allora Benatia ha fatto in tempo a cambiare vita: due anni fa è tornato al Marsiglia, come dirigente. E alla Gazzetta dello Sport dice che i “cattivi” come lui ormai sono fuori moda.
“Nel calcio conta la serietà. Quando sono arrivato a Marsiglia, nel novembre 2023, la squadra veniva da cinque sconfitte di fila. Ricordo giocatori sull’aereo che ridevano e scherzavano. Dissi a Pablo Longoria, il presidente: ‘In un club così non ci sto, sennò finisce male’. Io do tutto ma i giocatori ci devono mettere passione e non si devono nascondere. A luglio 2024 abbiamo deciso di cambiare 13-14 giocatori per portare grinta. Abbiamo inserito gente come Hojbjerg, Facundo Medina, Pavard. Ci manca il carattere del giocatore cattivo, che nel calcio si sta perdendo. C’è meno passione. Quando Guidolin ci dava il giorno libero io andavo lo stesso ad allenarmi. Ora nessuno lo fa”.
Cristiano Ronaldo, suo compagno alla Juventus, “va anche oltre. Una volta tornavamo da Bergamo, dove non avevamo giocato perché pochi giorni dopo c’era la Champions. In pullman mi disse: ‘Ti va di allenarti come me?’. Arrivammo alle 23, io andai a casa, lui si mise la divisa e andò in palestra. Non a caso è il numero uno in assoluto e ha fatto la storia del calcio”.
Roma è un rimpianto: “Da Roma non sarei mai andato via, l’addio mi ha spaccato il cuore. A Walter Sabatini devo tanto, ma in quell’occasione mi ha fatto arrabbiare. Mi sono preso del mercenario, ma non volevo andarmene. Avevo chiuso da miglior difensore del campionato e con la promessa di rinnovare, Sabatini a un certo punto mi disse che dovevano vendermi per il fair play finanziario. Oggi da dirigente lo capisco, allora no. Feci un casino e per un mese e mezzo non giocai, poi chiesi la cessione perché avevo perso la fiducia. Volevo vincere con la Roma, avevo fatto il capitano dopo Totti e De Rossi. L’ho vissuta malissimo”.
Capitolo Juventus-Allegri: “Arrivavo da una stagione al top e stavo trattando il rinnovo con Paratici, pensavo di chiudere la carriera a Torino e sognavo di vincere la Champions ma in America, durante la tournée, venni a sapere che sarebbe tornato Bonucci. Con Allegri fui chiaro, gli dissi che non volevo giocare una partita su quattro, lui mi rassicurò. Dopo una gara con il Milan, in cui feci bene, mi mise in panchina per un po’ e io chiesi la cessione a gennaio. Con Max e Landucci però ho un buon rapporto, Chiellini è un amico così come Buffon”.
A Marsiglia ha scelto De Zerbi: “Roberto è completamente matto di calcio. Tanti allenatori portano a casa le partite anche giocando male e poi sono pure felici, lui no, non s’accontenta mai. Dopo il 5-1 al Nizza scuoteva la testa sconsolato, ripeteva che avremmo potuto giocare meglio. Cose che ho visto fare anche a Guardiola, mio allenatore al Bayern. È un perfezionista, sta nell’ufficio tutto il giorno. Ha solo il calcio in testa e muore per le sue idee. Ha un grandissimo carattere ma non è caratteriale, ti dice le cose in faccia, s’arrabbia con un giocatore ma poi lo bacia”.











