Napoli-Como depurata dalle ideologie (la squadra di Fabregas come non ne avete mai letto)
Davvero ha dominato a Napoli? Non ha praticamente mai tirato in porta. È un gioco speculativo quello di Fabregas. Il Napoli? I cambi devono dare di più a Conte. E Lukaku manca in certe partite

Ni Napoli 01/11/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Como / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Rrahmani e Morata
La partita della teoria, la partita dell’ideologia e la partita vera
La partita tra Napoli e Como, per il modo in cui si è svolta e per il risultato finale, ha generato tutto un codazzo di analisi e commenti. In tanti hanno lodato l’atteggiamento e il gioco della squadra di Fàbregas, sventolandoli come un puro manifesto ideologico. Allo stesso tempo, la scarsa pericolosità – per non dire l’inconcludenza – dei giocatori di Conte ha alimentato la sensazione di distanza teorica e quindi pratica rispetto al Como, come se la partita del Maradona fosse stata uno scontro tra belli e brutti, tra il bene e il male. Tutto normale, per carità, il calcio è uno sport amatissimo – e ricchissimo – proprio in virtù di queste dispute culturali ma non reali, vere e proprie battaglie religiose tra fazioni agguerritissime. Poi, però, alla fine – o prima – di ogni cosa c’è la realtà. E la realtà dice delle cose sostanzialmente diverse.
Intanto, partiamo da una descrizione veritiera, cioè non idealizzata, del Como di Fàbregas. Che, esattamente come dice l’allenatore spagnolo, è una squadra di ventenni (se guardiamo ai titolari di Napoli, Diao, Addai, e Jacobo Ramón sono del 2005, Nico Paz è del 2004, Perrone è del 2003) e quindi può permettersi un sistema di gioco estremamente aggressivo, fatto di raddoppi e triplicazioni di marcatura, di distanze strettissime e rotazioni continue alla ricerca dello spazio in verticale.
Il parallelo/paragone può sembrare blasfemo, forse lo è, ma la sostanza è quella: il Como gioca a mille all’ora esattamente come il Psg di Luis Enrique, che a sua volta può contare su Doué, Barcola, Mayulu, Zaire-Emery, Kvara, João Neves e altri giovani straordinari. E quindi sfatiamo il primo tabù: la tattica della squadra di Fàbregas è sicuramente ideologica, ma è soprattutto legata alle caratteristiche – prima tra tutte l’età, quindi la freschezza atletica – dei giocatori che ha a disposizione.


Quante e quali squadre di Serie A possono permettersi un pressing così feroce in casa del Napoli?
E poi c’è un altro tabù da sfatare, almeno per quanto riguarda Napoli-Como 0-0: Milinkovic-Savic ha effettuato solo 2 parate, una al minuto 4′ su tiro da fuori di Caqueret e quella sul rigore battuto (male) da Morata al minuto 25′. Stop, nient’altro. Forse l’unica occasione da gol che merita di essere citata come tale è il colpo di testa di Morata respinto da Rrahmani, al minuto 61′, ma per il resto il dominio (?) del Como non ha prodotto granché. Anzi, si può dire: non ha prodotto nulla.
Da qui discende un terzo tabù da sfatare: il Como è una squadra raffinata e tecnica, è innegabile, ma la raffinatezza e la tecnica viste a Napoli hanno avuto un carattere speculativo, prima che offensivo. Nel senso che le lunghe fasi di possesso palla della squadra di Fàbregas (56% nel primo, 54% nel secondo tempo) sono servite a gestire il flusso di gioco e a tenere il Napoli basso, questo è vero, ma erano anche un meccanismo per bloccare la squadra di Conte.
Lo stesso discorso vale per le tecniche ostruzionistiche utilizzate lungo tutta la durata della partita. Al di là delle discussioni – di campo e da bar sport – sui giocatori del Como a terra, infatti, va sottolineato come la squadra di Fàbregas sia stata la seconda per numero di falli commessi (16) in una gara disputata contro il Napoli in questa stagione. Solo il Pisa, arrivato a quota 18, ne ha commessi di più. Questa ovviamente non è una critica, il fallo è parte del gioco e in ogni caso è stata preposta la presenza di un arbitro per evitare abusi. Detto questo, però, fa un certo effetto pensare che una squadra così fallosa, e così votata al fallo tattico, sia considerata un’espressione assoluta di offensivismo e modernità.

Tutti i falli effettuati dal Como contro il Napoli. In questo campetto la squadra di Fàbregas attacca da destra verso sinistra, ed è per questo che abbiamo usato la dicitura “fallo tattico”.
Il Napoli con pochi spazi e con poche idee
Insomma, Fàbregas è un allenatore che sa speculare benissimo – il calcio speculativo non è solo difensivo – sui pregi della propria squadra. E infatti, al di là della narrazione sul Como, va detto che il Napoli ha avuto difficoltà a esprimersi in maniera efficace. Intanto perché non è riuscito a tenere i ritmi intensissimi del Como, che – come detto – riusciva a intasare tutti gli spazi, e poi perché agli azzurri sono mancate anche le idee. Oppure, per dirla meglio: la squadra di Conte non è mai riuscita a trovare quelle giocate che le avrebbero permesso di scompaginare il sistema del Como e quindi la partita.
Su questo aspetto ha pesato certamente il ritorno obbligato a un 4-3-3 molto lineare, il cui unico sbocco alternativo riguarda la posizione di McTominay. Lo scozzese, pur avendo mostrato di essere l’unico centrocampista e/o attaccante azzurro azzurro in condizione, resta però un giocatore poco creativo, che pecca di inventiva. E così anche il ricorso al 4-2-3-1 – diventato poi “ufficiale” all’uscita per infortunio di Gilmour, sostituito da Elmas – non ha sortito grandi effetti.


Il 4-2-3-1 del Napoli, con McTominay (evidenziato nel cerchio celeste) sottopunta, o anche seconda punta
Un altro aspetto che potrebbe aver frenato il Napoli, usiamo il condizionale perché non possiamo avere la controprova, riguarda la scelta di esasperare l’arretramento di Politano in fase passiva. Contro il Como, di fatto, la squadra di Conte si è difesa per tutta la gara con un 5-3-2 puro, senza svolazzi. Con Politano sulla linea dei difensori e con Neres o McTominay che si affiancavano a Hojlund nella prima pressione sulla costruzione bassa degli avversari.

Il 5-3-2 difensivo del Napoli
Con questa scelta, e senza alcuna possibilità di giocare in profondità – anche questo è un merito da ascrivere al Como, che nel primo tempo ha tenuto il baricentro a 51 metri –, è come se il Napoli si fosse precluso la possibilità di risalire il campo in maniera veloce sulla destra, quindi di sfruttare i giochi a tre tra lo stesso Politano, Di Lorenzo e Anguissa. Non a caso, viene da dire, all’intervallo David Neres aveva giocato più palloni (20) rispetto a Politano (16), e a fine partita è risultato che il Napoli ha costruito più azioni sulla sinistra (42%) che sulla destra (30%). Di solito questi rapporti sono esattamente ribaltati.
Certo, c’è anche da considerare l’impatto difensivo della scelta di Conte. Se, come detto, il Napoli ha concesso pochissimo al Como, è anche perché la fase di non possesso col 5-3-2 ha funzionato bene. L’unico scompenso si è manifestato in occasione del rigore, alla fine di un’azione in cui il possesso disarticolante del Como è riuscito a disarticolare davvero il Napoli. Al punto da invertire i due esterni difensivi, Di Lorenzo e Spinazzola, perché seguissero i loro avversari diretti.
Questa del Como è una gran bella azione
Il secondo tempo, Buongiorno su Paz e il calo del Como
Tornando per un attimo a un concetto espresso in precedenza: anche i ventenni del Como non possono tenere i ritmi tenuti dal Como nel primo tempo. O comunque non possono farlo per un’intera partita, per 90 minuti e oltre. Ed è per questo che lo scenario offerto dalla ripresa è stato molto diverso rispetto a quello del primo tempo. Se non dal punto di vista tattico, quantomeno per quanto riguarda le sensazioni trasmesse dalla gara. Dopo l’intervallo, infatti, l’unico cambiamento portato da Conte è stato il cambio (forzato?) tra Spinazzola e Gutiérrez, con conseguente conferma del 4-3-3/4-2-3-1 in fase offensiva e del 5-3-2 in fase offensiva.
Il Como, da parte sua, ha progressivamente attutito l’intensità del suo gioco. E così, pur cercando di continuare a bloccare e braccare il Napoli con le armi del primo tempo, ha dovuto abbassare un po’ il suo baricentro (fino a 44 metri) e a concedere qualche spazio in più. Il merito è stato anche di Alessandro Buongiorno, naturalmente via Antonio Conte: il centrale azzurro, di fatto, è diventato l’angelo custode di Nico Paz. Lo ha seguito praticamente a uomo per tutta la ripresa, limitando il suo raggio d’azione e il suo apporto creativo.


A distanza, va bene, ma è pur sempre una marcatura a uomo
Il Napoli non ha saputo sfruttare questo cambiamento di scenario, nel senso che ha prodotto poco nonostante il calo accusato dal Como. I numeri sono eloquenti: nella ripresa gli azzurri hanno messo insieme 7 tiri tentati, di cui 4 da fuori area e 3 dall’interno dell’area. Butez è stato bravo su una conclusione velenosa di Politano, ma per il resto le sue parate sono state tutte abbastanza semplici. Anche quella su Hojlund, trovato bene da un cross a centro area servito proprio da Politano. Ecco, proprio la presenza e l’intraprendenza dell’esterno del Napoli sono un segnale del miglioramento rispetto al primo tempo. Certo, come detto il down del Como è stato determinante, ma questo non cambia la realtà della cose. Non cancella il fatto che il Napoli avrebbe potuto/dovuto essere più incisivo in fase offensiva.
Cambi inconsistenti
Paradossalmente, o forse no, il Napoli ha perso un po’ di grip nel momento in cui è iniziata la girandola dei cambi. In particolare, Conte ha sostituito David Neres con Lang (minuto 72′) e poi, nel finale, Hojlund e Politano con Lucca e Lobotka. Su Lang, e sui cambi in generale, forse è arrivato il momento di porsi delle domande. Perché finora l’unico giocatore che è riuscito a impattare su una gara degli azzurri uscendo dalla panchina è stato Lorenzo Lucca, autore di un gol contro il Pisa – la sua unica rete col Napoli, almeno finora – dopo aver rilevato Hojlund. E poi c’è stato De Bruyne, decisivo con un assist per Hojlund in occasione di Napoli-Genoa
Ecco, Conte ha bisogno di qualcosa di più da chi subentra nella ripresa. Ha bisogno di giocatori che possano incidere in maniera tangibile, che sappiano sfruttare le occasioni che gli vengono concesse. In questo senso, guardando a Napoli-Como, la risposta data da Elmas dopo l’infortunio di Gilmour è stata positiva. Ma i dati restano quelli: soprattutto se guardiamo ai giocatori offensivi: a inizio novembre, il Napoli fatica a cambiare l’inerzia delle sue partite attraverso le sostituzioni. A trovare degli strappi decisivi da chi non viene schierato dal primo minuto. È un aspetto su cui bisognerà lavorare, anche perché dalla terza settimana di novembre a metà marzo non ci saranno altre soste per le Nazionali. Si giocherà sempre, quasi sempre ogni tre giorni. E il Napoli non potrà permettersi altri passi falsi, soprattutto in Champions League.
Conclusioni
Quest’ultimo aspetto, quello relativo all’importanza della Champions League, si è avvertito anche durante la gara contro il Como. Lo scarso minutaggio concesso al rientrante Lobotka e l’atteggiamento tenuto dagli azzurri nel finale di gara, quasi come a volersi accontentare del pareggio, dicono che il pensiero di Conte e dei suoi uomini era rivolto, almeno in parte, alla decisiva sfida contro l’Eintracht. Se guardato in quest’ottica, il punto ottenuto contro il Como ha un peso specifico importante. Perché è arrivato al termine di una gara contro una squadra di qualità e difficile da affrontare, come abbiamo visto. E perché il Napoli 2025/26, causa infortuni e sovraccarichi vari, è ancora in costruzione. O comunque in transizione.
Le gare contro Eintracht e Bologna, all’apice di un ciclo sfiancante, diranno se, come e quanto questa transizione è stata ultimata. E lo diranno molto più di quanto non potesse farlo la gara contro il Como, un avversario troppo particolare per poter trarre delle conclusioni sul momento tattico del Napoli. Che, in ogni caso, ha recuperato – almeno fisicamente – Rrahmani e Hojlund, ed è sul punto di ritrovare anche Lobotka. In tribuna al Maradona si è rivisto anche Lukaku, un attaccante che avrebbe fatto molto comodo per una partita come quella contro il Como. Sta tornando anche lui, e si tratta di una notizia molto importante. E non solo per il suo mentore Conte, ma per tutto il Napoli.











