Gravina: «Da anni, quando la Nazionale fallisce, cerchiamo subito un colpevole senza mai analizzare le cause»
Dal palco dello Sport Industry Talk di Rcs: «Sono convinto che andremo ai Mondiali. Il Var? C'è qualcosa da correggere ma è essenziale per il calcio»

Db Tallin 11/10/2025 - qualificazioni Mondiali 2026 / Estonia-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gabriele Gravina
Intervenuto sul palco dello Sport Industry Talk di Rcs, il presidente della Figc Gabriele Gravina ha affrontato numerosi temi d’attualità legati al calcio italiano, dal rapporto con la Lega Serie A fino al futuro della Nazionale.
Le parole di Gravina
Rapporti con la Lega Serie A
«Dopo una stagione piuttosto tesa nei rapporti con la Lega Serie A, credo che le due istituzioni abbiano trovato un nuovo metodo, più partecipato e più illuminato. Si è abbandonata la logica delle posizioni personali imposte a discapito dell’interesse generale. Ora c’è confronto e maggiore coinvolgimento. Una svolta importante è arrivata con la modifica dello statuto, nel novembre 2024, che riconosce alla Lega un principio di autoregolamentazione e un’autonomia molto più ampia rispetto al passato. Questo ha facilitato il dialogo, insieme al rapporto di stima e amicizia che mi lega da anni a Ezio Simonelli. Non ci facciamo condizionare sul piano personale, ma certamente aiuta nel trovare soluzioni condivise. Stiamo lavorando per il bene del calcio italiano».
Sulla riforma del calcio italiano, Gravina risponde:
«La riforma è già in corso, anche se forse si percepisce meno della realtà. È partita con l’approvazione del piano strategico, nel marzo 2024: un vero piano industriale che incide molto sulla sostenibilità. Stiamo cercando di mettere in sicurezza i conti del nostro calcio, sempre più in difficoltà. C’è però confusione: quando si parla di riforma, molti pensano solo alla riorganizzazione dei campionati, riducendo tutto al numero delle squadre professionistiche».
Alla posizione di Urbano Cairo (che afferma che 100 squadre pro sono troppe) Gravina risponde con chiarezza:
«Lo ripeto da sei anni: per modificare il numero delle squadre serve il consenso di tutte le componenti, e oggi questo consenso non c’è. È qualcosa che potrà accadere solo nel medio periodo. Certo, 100 club professionistici sono troppi: siamo l’unica federazione al mondo con tre livelli professionistici. Serve coraggio. Il decreto legislativo 36 del 2021 permette il passaggio al semiprofessionismo con importanti sgravi fiscali per la Lega Pro: è un atto di responsabilità. Bisogna affrontare anche un turnover che è eccessivo e dannoso. In Serie A retrocede il 15-20%, in B il 35%, in C il 20%. È insostenibile. In C, negli ultimi quattro anni, tre retrocesse su quattro sono fallite. Dobbiamo raffreddare il sistema: turnover più basso, risorse distribuite con maggiore equilibrio. Serve una visione complessiva, non solo numerica. Non basta ridurre il professionismo: bisogna lavorare su sostenibilità, sviluppo e infrastrutture. Probabilmente un turnover del 10% in A, 20% in B e 20% in C è una soluzione concreta che unisce buon senso e volontà. Entro dicembre presenterò questa proposta».
Si gioca troppo?
«Il mercato ha le sue logiche e le coppe europee stanno cannibalizzando i campionati nazionali. Le nostre società dipendono sempre più dai ricavi Uefa: serve una riflessione seria sulla mutualità e sul numero delle squadre».
Sulle polemiche relative al Var
«Ha ridotto l’errore a una percentuale accettabile, attorno all’8-9% nel campionato scorso. Quest’anno siamo al 23-24%, quindi c’è qualcosa da correggere. Bisogna usare meglio lo strumento, non di più: è essenziale per il calcio».
Sulla Nazionale:
«Sono convinto che andremo ai Mondiali, ma non ci si qualifica perché ci si chiama Italia, Francia o Spagna. Si va ai Mondiali perché si vince, perché si programma e si lavora. Noi stiamo cercando di fare proprio questo. Devo essere necessariamente ottimista, altrimenti rischiamo di scivolare in una crisi depressiva. Il calcio non è quello di venti o trent’anni fa: oggi si può vincere o perdere con chiunque. Il mio ottimismo nasce dall’entusiasmo che vedo nella squadra. Devo credere in Rino Gattuso e in questi ragazzi, che non sono affatto scarsi come qualcuno vorrebbe far credere. Da anni, quando la Nazionale fallisce, cerchiamo subito un colpevole — l’allenatore, il presidente, i giocatori — senza mai analizzare davvero le cause».











