Guccini: «Un tizio mi ha scritto una lettera per dirmi “Guccini, va all’inferno vecchio rimbambito! Per fortuna che c’è Vasco Rossi!»
A La Stampa: «Il mondo cattolico ha molto amato le mie canzoni. L’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, mi onora della sua amicizia. È venuto a trovarmi fin quassù, a casa mia, diverse volte».

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La Stampa intervista oggi Francesco Guccini di cui oggi esce l’ultimo romanzo Romeo e Giulietta 1949.
In quegli anni, come in questo libro, la vita politica si intrecciava profondamente con quella privata delle persone. Ricorda i suoi genitori andare al voto dopo la guerra?
«Certo che li ricordo: ricordo loro e l’atmosfera di quei giorni, il voto per il Referendum monarchia-repubblica. Quell’atmosfera me l’ha ricordata anche il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani. C’erano le zie che dicevano alla mamma di stare attenta a non sporcare la scheda elettorale con il rossetto, che altrimenti sarebbe stata invalidata. C’era in mia madre anche il desiderio di dare un voto di classe, perché si sapeva che i signori avrebbero votato per la monarchia, ma i signori non avevano fatto e non avrebbero mai fatto nulla di buono per quelli come noi: anche per questo votò Repubblica. Poi certo, la mia famiglia era tutta di democristiani, era l’Italia di don Camillo e Peppone, divisa, ma che riusciva a stare insieme».
In questi suoi libri su quegli anni si respira in effetti l’Italia di Guareschi. Lo leggeva?
«L’ho molto amato, ma più che leggerlo io, lo assorbivo dalla grande passione per lui di mio padre. Era amico dell’attore Gianrico Tedeschi, erano stati internati insieme, si raccontavano a memoria gli episodi di Don Camillo e di Mondo piccolo e ridevano molto».
Lei ha mai avuto la tentazione di credere in Dio?
«No, mai. Non me ne sono più occupato dopo aver smesso di andare alla messa da ragazzino. Però il mondo cattolico ha molto amato le mie canzoni. L’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, mi onora della sua amicizia. È venuto a trovarmi fin quassù, a casa mia, diverse volte».
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Come vive il fatto che ci siano sempre nuo- vi giovani che si avvicinano alle sue canzo- ni e le amano? «Mi fa ovviamente molto piacere, ma mica mi amano tutti. Anzi. Mi hanno detto che sui social c’è gente che dice cose terribili di me e questo in qualche modo mi affascina. Ma la cosa più divertente è stata che un tizio si è preso la briga di scrivermi una lettera per dirmi: “Guccini, va all’inferno vecchio rimbambito! Per fortuna che c’è Vasco Rossi!”. Cioè, si è preso la briga di prendere un cartoncino, scrivermi, comprare il francobollo per mandarmi a quel paese».
Se potesse incontrare ancora una volta suo padre, che cosa vorrebbe dirgli?
«Ah, mi piacerebbe molto parlare di nuovo con lui di politica e di storia. Lo facevamo spesso, nei suoi ultimi tempi. Era molto interessato alla storia, si era anche comprato dei libri per studiare che poi io e mio fratello abbiamo ritrovato a casa sua. Era un uomo speciale mio padre. Quando venne qui a Pàvana, i primi tempi se ne stava in un angolo zitto, perché non capiva e non parlava il dialetto, ma tutti dicevano: “Guarda quel Guccini, che tipo riflessivo ed educato!”».