Di Natale: «Scudetto? Duello Conte-Allegri, sono due fenomeni. Per me il centravanti della Juve è Vlahovic, senza dubbio»

A Tuttosport: «Yildiz è il miglior giocatore della Serie A. I genitori ostacolano la crescita dei ragazzi? Tanti pensano di avere Maradona in casa, questo è un problema»

Di Natale napoli

Carrara 05/09/2021 - campionato di calcio serie Lega Pro / Carrarese-Pescara / foto Image Sport nella foto: Antonio Di Natale

Antonio Di Natale – ex attaccante di Udinese e Nazionale, oggi allenatore – ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Tuttosport soffermandosi sulle principali vicende del calcio italiano.

Le parole di Totò Di Natale

Totò Di Natale, quanta Serie A guarda ancora?

«Tanta. Sono sempre innamorato del calcio, mi appassiona vederlo, anche se non è più quello dei miei tempi. In Italia c’è molta meno qualità. Mi piacciono Napoli e Milan, ma occhio all’Inter per lo scudetto. E c’è pure la Roma di Gasperini che mi incuriosisce parecchio».

E la Juve?

«No, non la vedo pronta per lottare per il tricolore. Ma ha i mezzi per arrivare in Champions League e pure per fare molto bene in Europa: i due pareggi contro Borussia Dortmund e Villarreal non sono da buttare. Ovviamente ora le critiche sono fisiologiche: se sei la Juve e pareggi cinque gare di fila un problema c’è. Ma Tudor si riprenderà, ne sono certo».

Al momento c’è un grande problema in attacco. Perché?

«Manca ancora una gerarchia probabilmente. Poi David e Openda arrivano da altri campionati, serve tempo. Anche all’Udinese ero abituato ad avere compagni di squadra di altre nazionalità, ma chi aveva qualità veniva fuori. Magari non subito, ma nel tempo sì».

Tra David, Vlahovic e Openda chi farebbe sempre giocare?

«Vlahovic, senza alcun dubbio. Ha fatto cose straordinarie alla Fiorentina e da quando è alla Juve ogni anno va in doppia cifra. 30 gol a stagione non li farà mai, ma è un giocatore importante. Uno che in Serie A fa la differenza».

E Yildiz? Lo vede stanco?

«Sì, giocare ogni tre giorni non è sicuramente facile. Ma è il miglior giocatore della Serie A, quello che ha il futuro migliore davanti. Parliamo di un numero 10 puro: difficilmente farà mai più di 15 gol a stagione, ma in un lampo sa accendere le partite. È forte, mi piace tanto, ricordiamoci sempre che ha 20 anni: quanti sono i giocatori in Europa che fanno le sue giocate a quell’età?».

Le ricorda Di Natale?

«No, ma proprio perché fa molti meno gol di me. Ma Montella mi ha fatto una testa così su Yildiz: mi racconta sempre quanto sia impressionato da Kenan in allenamento. Gli credo: Vincenzo sa riconoscere il talento. Ma io spero sempre di innamorarmi di qualche gioiello italiano».

Oggi chi la stuzzica in Serie A?

«Modric al Milan è uno spettacolo. Ha 40 anni, gioca in un ruolo particolare: come lui non ce ne sono al mondo. Anche Soulé sta crescendo tantissimo, ma tra gli italiani segnalo Politano: al Napoli è sempre stato sottovalutato, Conte lo sta rendendo uno degli esterni più forti d’Europa».

Perché non c’è, nel Club Italia, un ruolo per Totò Di Natale?

«Io ho le mie scuole calcio, mi piace lavorare con i ragazzi. Non amo i riflettori e non cerco visibilità».

Ha ricevuto una chiamata dalla Nazionale?

«Mai. Ma mi hanno cercato tanti club per darmi un ruolo all’interno degli staff tecnici. Io, però, non mi muovo da Udine: qui sto benissimo, voglio restituire al territorio tutto l’amore che ho ricevuto negli anni».

Lei ha una scuola calcio, segue i giocatori sin da piccolissimi. Ma perché non produciamo più talenti?

«Per tanti motivi. Intanto perché i club non hanno coraggio, non danno mai spazio agli italiani. Ci sono una marea di stranieri, anche di basso livello. Ma perché? Ricordo la Primavera del Lecce che ha vinto lo scudetto nel 2023, infarcita di stranieri».

I genitori sono un tappo alla crescita dei ragazzi?

«Da una parte sì: tanti pensano di avere Maradona in casa. Questo è un problema per gli istruttori e per gli allenatori. Ma la situazione è molto più complessa: le strutture sono poche e non all’altezza. Tante società sono costrette a dividere i campi in 4 per far allenare tutti. Non ci sono strutture. Per fortuna il Comune di Udine, che ringrazio, ci ha messo nelle condizioni di avere spazi idonei: è una rarità in Italia. Capisco le famiglie: vogliono il meglio per i loro figli e sugli impianti siamo indietro a livello nazionale».

La Nazionale torna a Udine. La andrà a vedere?

«Non lo so ancora, il 13 è il mio compleanno e non so quando festeggerò con la mia famiglia. La Figc mi ha invitato: se riesco vado volentieri, la Nazionale ha sempre qualcosa di speciale».

Giusto scendere in campo contro Israele?

«Sì, giusto. La politica deve restare fuori dallo sport. Poi, non cambia la sostanza del pensiero di tutti: la guerra in atto ci fa male. Le immagini che vediamo tutti i giorni sono una ferita aperta».

Leggi anche: Mondiali 2026, Italia appesa a un filo. Gravina: «Ho chiamato Gattuso e gli ho detto: ho avuto un incubo, dimmi qualcosa di positivo»

Torniamo alla Juve. Lei è stato vicino due volte al grande salto dall’Udinese. Ha mai avuto paura di non saper gestire le pressioni di una grande squadra?

«No, uno nella vita deve avere paura solo quando un medico ti diagnostica una malattia. Il calcio è troppo bello per avere paura. Semplicemente a Udine sono sempre stato bene: ho vissuto i 12 anni di carriera più belli della mia vita, perché dovevo lasciare?».

Perché così pochi giocatori fanno la sua stessa scelta?

«Perché oggi comandano i procuratori. Alcuni creano delle guerre tra club e giocatori. Sono della generazione di Maldini, Totti e Del Piero: per me la gratitudine è tutto».

L’Italia ce la farà ad andare ai Mondiali?

«Speriamo, altrimenti sarebbe un dramma. Adesso ci sono due partite importanti, ma alla portata. Di sicuro non è colpa degli allenatori: Spalletti è un maestro. Se non ce l’ha fatta nemmeno lui a risollevare la Nazionale significa che i problemi sono molto più profondi».

Quali sono i giocatori che la fanno ancora innamorare del calcio?

«Yamal: un fenomeno assoluto. Fa delle cose difficili persino da immaginare, speriamo non si bruci. Ma un altro Messi non nascerà a breve».

L’ha mai conosciuto di persona?

«Sì, me lo fece conoscere Alexis Sanchez a Barcellona. Ci siamo visti in privato. Mi emoziono raramente, quella volta però ero felice come un bambino. Poi ho capito perché Leo è il più grande di tutti: è una persona di una semplicità unica. Impossibile non apprezzarlo».

Quale allenatore le sarebbe piaciuto avere?

«Ho avuto allenatori bravissimi, da tutti ho imparato qualcosa. Magari se avessi avuto uno come Gasperini avrei fatto più di 30 gol, ma io avevo poca voglia di correre e lui pretende tanto (ride, ndr). Ora alla Roma ha un’occasione enorme per dimostrare quanto vale: avrà successo anche stavolta».

Chi vince lo scudetto?

«Sarà un duello Conte-Allegri: sono due fenomeni».

E dire che Conte poteva tornare alla Juve, in estate.

«Meglio così, per me che sono napoletano. Antonio è un grandissimo, spero si ripeta anche quest’anno».

Correlate