Il video-verità del tredicenne picchiato da un papà: ci siamo bevuti la favola dei buoni e dei cattivi (e ci è piaciuto)

Il video smonta la narrazione moralistica e favolistica. Il figlioletto aggredito, menava. Nemmeno il papà era un angioletto (è stato squalificato). E chi dovrebbe essersi rotto l'anca, esultava aggrappato alla rete

rissa

Alla fine c’è sempre un video. Aspetta qualche ora, al massimo un giorno, e spunteranno i “riflessi filmati” del fattaccio. E allora tutta la narrazione dovrà ripiegare, essere magari smentita, ritrattata. Perché i video – che a loro volta spesso distorcono e non spiegano tutto, ma vabbè – nell’epoca della riproducibilità tecnica mettono sempre un punto, mediaticamente. E, insomma: è affiorato il video e la giustizia sportiva dopo averlo analizzato ha squalificato per un anno il portiere 13enne della Volpiano Pianese, di nome Thomas, “malmenato” dal padre-orco d’un suo avversario, in una indegna rissa da calcio giovanile di provincia.

Quel video va rivisto piano piano, destrutturato, mentre in parallelo leggiamo le decine di pezzi di stampa nazionale, le interviste ai protagonisti (manca solo l’ineffabile testimone di Maccio Capatonda, quello che dà sempre la colpa agli “zingari”, so’ stati i zingari”): un racconto parallelo, un po’ distopico.

Nelle motivazioni della sentenza, l’avvocata Roberta Lapa, giudice sportivo della Figc, scrive che il portiere della Volpiano “assumeva una condotta violenta e antisportiva. Innescando una rissa e colpendo con manate e pugni il fianco e la schiena di un giocatore avversario, steso sul terreno di gioco. Condotta, questa, che dava adito a un ulteriore atto di violenza posto in essere”. E infatti nel video si vede molto bene che è lui a innescare la rissa rispondendo alle provocazioni del portiere di riserva avversario, con la maglia numero 1, che gli passa accanto festeggiando la vittoria.

Ma nel video è altrettanto evidente ciò che succede dopo: i due si spintonano, e in un primo momento il portiere della Volpiano (in verde marcato) incassa un paio di pugni. L’altro inciampa e subisce a sua volta, a terra. E’ una zuffa. Mentre li dividono scende dagli spalti un uomo corpulento, con una maglia nera, il papà di uno dei due ragazzini. Corre verso Thomas e prova a colpirlo. La cronaca immediata dirà che l’ha messo sotto, a terra, l’ha preso addirittura a calci. L’ha massacrato. Invece l’uomo viene immediatamente placcato dal padre di Thomas, che è già in campo come dirigente della società e guardalinee. I due si accapigliano, mentre altri cercano di separarli. Il padre del portiere del Carmagnola torna sugli spalti. Thomas – prima di essere trasportato in ambulanza all’ospedale Martini dove gli referteranno una frattura al malleolo della gamba sinistra e un trauma distrattivo del rachide cervicale, oltre a varie contusioni – viene allontanato con molta difficoltà.

E’ interessante notare che il papà del portiere della Volpiano, Angelo Sarritzu, il dirigente in campo, finisce in pagina sul Corriere della Sera con il suo racconto: “Ho visto un uomo alto due metri scavalcare la recinzione, aveva la bava alla bocca. Si è scagliato contro mio figlio e lo ha preso a pugni in faccia senza pietà. Mi sono messo a correre e mi sono buttato su quell’uomo, gli ho dato cazzotti a caso ma non serviva a niente: io sono mingherlino, quello era una montagna. Ci sono volute cinque o sei persone per fermarlo”. In realtà basta lui. E il giudice sportivo infatti se n’è accorto: “In qualità di rappresentante della società, anziché intervenire per sedare gli animi, assumeva una condotta violenta. Malmenandosi con una persona non presente in distinta, entrata sul terreno di gioco”. E’ stato squalificato fino al 4 marzo 2026. Grazie al video.

Lo stesso portiere della Volpiano, quello squalificato per un anno, passa immediatamente per la vittima senza macchia. E’ un tic del giornali, non scopriamo niente: va identificato il cattivo, e va premiata la debolezza; è un pattern che ripaga sempre. Il ragazzino, sempre al Corriere della Sera, dice: “Continuo a chiedermi perché quell’uomo sia entrato in campo e se mio padre, al suo posto, avrebbe fatto la stessa cosa. In quel momento non ho avuto paura, ero più che altro stupito per una situazione che non mi sarei mai aspettato da un adulto. Ho parlato con mio padre, mi ha detto che sarebbe entrato in campo ma solo per dividerci: non avrebbe mai picchiato un ragazzino”. Si sono lungamente abbracciati, dice la mamma.

Tutta la cronaca del fatto gronda moralizzazioni, a pioggia. Ognuno, protagonisti compresi, dà lezioni agli altri: i ragazzini che si picchiano pretendono che i genitori non si picchino; i due papà si auto-assolvono per istinto paterno (“ho fatto quello che avrebbe fatto ogni papà”). Nessuno mette le mamme in mezzo sol perché il pallone è sport da maschi. Non c’è bisogno di affondare: tutti gli altri compagni di squadra, mentre al centro del campo c’è la rissa, esultano sotto la tribuna imitando la rabbia dei loro idoli di Serie A, con una gestualità ridicola, sproporzionata. È un quadro abbastanza deprimente, ma andiamo avanti.

Quando il video non è ancora uscito i giornali passano alla fase due: la solidarietà di sponda, il commento a scatto fisso. Fanno parlare Zoff e Buffon, perché se serve un commento “tecnico” vai per ruolo: per un portiere apri la rubrica dei portieri… Buffon si spinge anche a consigliare la vittima di perdonare il papà violento.

Ma che fine ha fatto il co-protagonista della rissa iniziale? Il portiere di riserva che per primo sfotte il rivale? Nel video lo si vede correre sotto gli spalti ad esultare, addirittura si arrampica sulla rete. Ad un certo punto, gli passa di fianco il padre “vendicatore”, che sta rientrando dalla missione. Un bel quadretto familiare. Poi dici che padri e figli non fanno più le cose insieme…

Secondo la stampa locale anche lui si è fatto malissimo, si è procurato una “frattura dell’anca a causa della spinta e dei calci subiti dal ragazzino della Volpiano Pianese”, virgoletta ad esempio Torinotoday. Anche in questo caso il video mostra una realtà parallela in cui il ragazzino con l’anca fratturata si sarebbe arrampicato sulla rete…

Avrete notato che la storia, così ricomposta, è quasi opposta a quella raccontata prima che affiorasse il video. E ne escono malissimo tutti.

Ma questo “caso”, ampiamente ruminato dai media in questi giorni, regala nell’epilogo finale – la pubblicazione del video, appunto – anche un insegnamento tutto sommato banale. È incredibile che ancora non abbiamo fatto pace (i giornalisti in primis) con l’onnipresenza della registrazione involontaria di ogni nostra azione. Ci sarà sempre una telecamera, uno smartphone, un obiettivo puntato praticamente ovunque. Anche solo di striscio. La gente ormai si riprende anche mentre si taglia le unghie dei piedi. E alla fine un video spunta sempre. Sempre. Tutta la narrazione di primo acchito, quella anabolizzata dalla voglia di apparire, andrebbe soppesata, per furbizia se non per correttezza. Ma non possiamo farne a meno. La distorsione della verità è un guilty pleasure. La morale qui non c’entra niente. Quel video è disarmante da ogni punto di vista.

Correlate