Conte sta costruendo un Napoli europeo senza dimenticare quello italiano

Contro la Fiorentina pressing opprimente e organizzato. Hojlund fa l’apriscatole. Il ritorno di Buongiorno. In Champions sarà un’altra storia, è inevitabile

Napoli Hojlund

Mp Firenze 13/09/2025 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Napoli / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: esultanza gol Rasmus Hojlund

Aggressività, aggressività e ancora aggressività

Se nel campionato di Serie A si pratica un calcio meno intenso rispetto ad altri contesti, è inevitabile che una squadra che sa essere aggressiva ed equilibrata, come dire, finisca per spiccare su tutte le altre. Da questo punto di vista, il Napoli di Conte e la partita giocata (e vinta) a Firenze sono due cartine tornasole piuttosto eloquenti. È una questione fisica ma anche tecnico-tattica. Nel senso: gli azzurri hanno indirizzato e fatto propria la gara nei momenti in cui hanno letteralmente travolto – può sembrare un verbo inappropriato, non lo è – i loro avversari con la forza, con un pressing opprimente e organizzato. Ma accanto a queste doti ci hanno messo anche una grande qualità, dei meccanismi offensivi sofisticati, o comunque non elementari.

Da questo punto di vista, la narrazione del calcio contemporaneo è abbastanza distorta. Per la stragrande maggioranza di chi segue le partite, una squadra è intensa solo se – o quando – pressa o copre gli spazi in un certo modo, ma quella è solo una parte del tutto. Essere aggressivi significa anche saper invadere bene il campo avversario, sia nel gioco in verticale che in quello di puro accerchiamento, significa alzare la velocità – e quindi, inevitabilmente, anche la cifra tecnica – delle giocate, significa far ruotare i calciatori in campo in modo continuo e sempre diverso, in modo da disarticolare il sistema difensivo degli avversari.

Ecco, in occasione di Fiorentina-Napoli la squadra di Conte ha messo in mostra tutte queste capacità. L’ha fatto per diversi tratti della gara, non solo quelli che poi hanno determinato il risultato finale. L’ha fatto anche in modo intelligente, cioè a un certo punto i giocatori di Conte si sono  messi a gestire il flusso con meno premura, con meno sollecitudine. Come fa una squadra europea, che però sa anche essere italiana.

Un Napoli asimmetrico, ancora

Ma cosa intendiamo quando parliamo di intensità? Come si manifestano, a livello tecnico-tattico, queste accelerazioni brucianti e la modalità di crociera-gestione che il Napoli ha esibito a Firenze? Andiamo con ordine e iniziamo dalle scelte iniziali di Conte, che ha sorpreso un po’ tutti schierando Hojlund dal primo minuto. L’inserimento del danese, di fatto, è stato l’unico cambio non forzato rispetto alle prime due partite. Poi, certo, anche Beukema e Buongiorno hanno giocato la loro prima gara da titolari, ma l’ex Bologna è stato scelto come sostituto di Rrahmani, mentre Buongiorno è (finalmente) rientrato dopo un lunghissimo stop. E del suo impatto, davvero enorme, parleremo più avanti.

Per il resto, il Napoli è sceso in campo come a Reggio Emilia e come al Maradona contro il Cagliari. Stessi uomini, stesse posizioni teoriche. Di Lorenzo laterale destro, Spinazzola a sinistra. Lobotka e Anguissa in mezzo, De Bruyne e McTominay a dividersi il campo tra trequarti e mezzo spazio di centrosinistra. Politano larghissimo a destra, ovvero ha continuato a essere l’uomo che rende asimmetrico il Napoli, l’unico esterno di ruolo dal centrocampo in su.

Quello che ne è venuto fuori è un sistema/modulo di gioco non definito. Anche perché, in fase di costruzione, De Bruyne ha accentuato il movimento verso il centro del campo, in modo da affiancarsi a Lobotka, per poi salire e accompagnare la manovra muovendosi soprattutto verso il centrosinistra del fronte offensivo. E allora, di fatto, si può dire che il Napoli ha mosso il pallone con una sorta di 3-2-4-1 in cui Spinazzola creava una linea di passaggio in ampiezza sulla fascia mancina, in modo da duettare con KDB, ma in cui Di Lorenzo era sempre pronto a staccarsi e a sovrapporsi dalla parte di Politano. Così si determinava un’ulteriore asimmetria nell’asimmetria.

Nello screen in alto, vediamo De Bruyne che si affianca a Lobotka in fase di costruzione. Di Lorenzo si stacca dalla difesa a tre, Spinazzola è decisamente più avanzato e più largo. Nell’immagine di mezzo, vediamo KDB nel cerchio azzurro e Di Lorenzo nel cerchio giallo (che si sovrappone internamente a Politano). I giocatori offensivi del Napoli sono concentrati tutti sulla destra, sull’altra fascia c’è una voragine (segnalata dal riquadro rosso).

I numeri e le statistiche avanzate, come succede spesso, aiutano a leggere e a comprendere le dinamiche di campo. Secondo i rilevamenti di WhoScored. il Napoli ha costruito il 38% delle sue azioni sul lato destro. Inoltre, come se non bastasse, il giocatore azzurro che ha giocato più volte (43) il pallone nel primo tempo è stato Giovanni Di Lorenzo. Come si vede nel campetto appena sotto, poi, De Bruyne ha pensato e si è mosso praticamente da tuttocampista, toccando molti palloni quando c’era da impostare per poi trasformarsi in una mezzala creativa.

Tutti i palloni toccati da De Bruyne

Conte ha fatto tutte queste scelte perché finora ha impostato il suo lavoro su questi concetti, su queste idee. Ma anche perché questo tipo di sistema e certi principi si adattavano benissimo alla Fiorentina 2025/26, una squadra che Pioli ha disegnato a partire dal 3-5-2/5-3-2, che punta molto sulla verve di Dodó a destra e sulla ricerca immediata della verticalità per azionare le due punte. Ecco, il Napoli visto a Firenze ha costretto i suoi avversari a costruire soprattutto dalla parte di Gosens (41% di azioni orchestrate sulla sinistra), limitando così l’impatto di Dodó, e con un baricentro alto ha tolto qualsiasi parvenza di profondità a Moise Kean. Proprio grazie a questa mossa, di fatto, si sono materializzate pure le condizioni per i due gol che hanno indirizzato la gara.

Baricentro alto e rimesse laterali

Nel primo tempo, anzi nel primo quarto d’ora del primo tempo, entrambi i gol del Napoli sono arrivati grazie all’atteggiamento aggressivo, intenso, famelico della squadra di Conte. In entrambi i casi, infatti, i presupposti per le giocate decisive sono maturati a partire da una perfetta fase di pressione e riconquista alta del pallone.

Nel caso del primo gol, l’angolo da cui è scaturita la grande occasione per Di Lorenzo e poi il fallo su Anguissa nasce da un’azione di ripartenza del Napoli, da una respinta della Fiorentina e da un anticipo di Beukema addirittura nella trequarti offensiva del Napoli; il difensore dei Paesi Bassi, per altro, era anche il penultimo uomo più arretrato della squadra di Conte, dietro di lui c’era solo Buongiorno, in marcatura ravvicinata su Kean. Pochi istanti dopo, poi, è proprio Bungiorno ad anticipare Kean con una scivolata in zona molto avanzata di campo, sempre oltre la linea di centrocampo.

Aggressività totale  dopo pochissimi secondi di partita

L’aggressività manifestata dal Napoli a Firenze è stata ancora più evidente in occasione del secondo gol. La Fiorentina, infatti, è stata letteralmente assalita dal pressing dei giocatori di Conte. I quali, di fatto, hanno costretto Dzeko a girare velocemente il pallone sulla destra, verso Dodó; il passaggio non era semplice da controllare, poi il terzino brasiliano si è fatto sorprendere dal pressing feroce di Spinazzola e ha perso il pallone. Pochi istanti dopo, Hojlund era solo davanti a De Gea:

Pressing a tutto campo

Ecco di cosa parlavamo quando dicevamo che il Napoli ha velocizzato le proprie giocate: Spinazzola è riuscito a servire un pallone delizioso in un corridoio aperto da Hojlund con il suo movimento a mezzaluna. Sembra tutto semplice e immediato, ma per fare quel tipo di passaggio, per farlo con l’esterno destro e da quella zona di campo, occorre un’enorme sensibilità tecnica. Spinazzola e molti dei suoi compagni hanno questo tipo di sensibilità, e l’hanno dimostrato in diversi momenti della partita giocata a Firenze. Non l’abbiamo visto in video, ma anche il tocco di Anguissa a liberare Di Lorenzo – parliamo dell’azione che ha determinato il rigore trasformato da De Bruyne – è una giocata raffinatissima.

Rasmus Hojlund

Forse l’aggettivo “raffinato” non si addice perfettamente alla postura, all’andatura, al portamento e quindi al gioco di Rasmus Hojlund. Ma l’impatto del centravanti danese è stato comunque eccezionale. E non solo per la sua prestanza fisica, ma per il modo intelligente ed efficace con cui l’ha adoperata. Quella che ha portato al gol, l’abbiamo vista poche righe più sopra, è una delle tante azioni in cui l’ex attaccante di Atalanta e Manchester United ha (stra)vinto il duello corpo a corpo con Pongracic.

Il punto, però, sta anche – anzi: soprattutto – nei luoghi e nei perché di quei duelli: Hojlund, di fatto, ha portato a spasso il suo marcatore per tutto il fronte offensivo, ha attaccato la profondità e ha fatto gioco di sponda, così ha allungato e allargato la difesa avversaria. A differenza di quanto offerto da Lukaku e/o Lucca, che per anagrafica e caratteristiche sono fatalmente più statici, il centravanti danese garantisce una maggiore varietà di movimenti e di soluzioni.

Hojlund è dunque una sorta di apriscatole, un’arma tattica che però poi ha anche il fiato per correre ad aggredire l’area avversaria, e quindi la porta, dopo aver fatto a sportellate con i suoi avversari. Più che il gol, in questo senso, l’azione più significativa è quella terminata con un assist arretrato verso De Bruyne, bravissimo a trovare subito la conclusione a giro sul secondo palo. In quella particolare azione, però, De Gea è stato ancora più bravo del centrocampista belga:

La cosa più impressionante di questa sequenza è la corsa con cui Hojlund, partendo da centrocampo, spacca a metà la difesa avversaria

Anche per Hojlund è bene snocciolare qualche numero: alla fine della gara di Firenze, risulta che l’attaccante danese abbia messo insieme 2 tiri verso la porta di De Gea finiti entrambi dentro lo specchio, un passaggio chiave (quello che abbiamo visto nel video sopra), 2 duelli aerei vinti su 2 tentati, 5 duelli vinti (su 7) con la palla a terra e 4 falli subiti. È tanta, tantissima roba. Anche perché, grazie a questo tipo di presenza e al lavoro tipo pendolo di cui abbiamo già parlato, il Napoli ha potuto tenere costantemente sotto pressione la difesa della Fiorentina. È in questo modo, anche e soprattutto in questo modo, che la squadra di Conte è riuscita a cambiare marcia in alcuni momenti della partita. Oltre a Hojlund. come anticipato, c’è stata anche la difesa alta. E il ritorno di Alessandro Buongiorno, da questo punto di vista, è stato fondamentale.

Cosa significa avere in squadra Buongiorno

Alla sua prima gara da titolare dal 27 aprile scorso, Alessandro Buongiorno ha dato prova di essere tornato ai suoi livelli. Non tanto e non solo perché ha marcato in maniera effocace un attaccante come Moise Kean, al quale ha concesso solo conclusioni ad alto coefficiente di difficoltà, ma per il modo in cui ha tenuto la difesa. È un discorso di atteggiamento che discende dalle caratteristiche di Buongiorno, di possibilità che si concretano in campo grazie alle garanzie fisiche, tattiche e tecniche offerte dal difensore azzurro. In poche parole: con Buongiorno in campo, il Napoli può difendere in maniera più aggressiva, più rischiosa. Può alzare la linea e, quindi, azzardare un pressing più ambizioso.

Anche in questo caso i dati non mentono: Buongiorno è il giocatore del Napoli che ha vinto più contrasti (3) e che ha intercettato più passaggi senza ricorrere allo scontro fisico (2). È anche quello che ha commesso più falli (4), e in fondo, a pensarci bene, anche questo è un dato che dice molto sullo stile di gioco dell’ex difensore del Torino. Inoltre, come se tutto questo non bastasse, ha vinto 3 duelli aerei (su 6 tentati) e ha ingaggiato 8 duelli palla a terra, di cui 3 vinti. Insomma, si può dire che, dal punto di vista dei numeri e delle sensazioni, Buongiorno sia tornato a essere il leader difensivo del Napoli di Conte. E così il Napoli di Conte torna a essere una squadra che può alternare momenti di compattezza arretrata a periodi di partita in cui pressa ad altissimo ritmo. Senza concedere tante occasioni nitide.

Questa è la mappa dei falli commessi da Buongiorno. Ed è bene sottolineare che il Napoli, in questo campetto, attacca da destra verso sinistra.

In realtà, se guardiamo ai numeri di Fiorentina-Napoli, scopriamo che ce ne sono alcuni un po’ mendaci. Parliamo, in particolare, del numero di tiri: la squadra di casa ne ha tentati addirittura 19, di cui 13 nella ripresa. Sembrano tanti, sono tanti, ma in realtà i dati avanzati contribuiscono a “purificare” questa statistica. E dimostrano che il Napoli, in realtà, ha subito pochissimo: le conclusioni finite nello specchio della porta difesa da Milinkovic-Savic sono state solo 3, di cui 2 dopo il minuto 81′; nonostante i 19 tentativi, la Fiorentina ha messo insieme 1.68 xG, mentre il Napoli ne ha accumulati 3.18 (dati Sofascore). Con ben 9 tiri dentro lo specchio della porta di De Gea.

Conclusioni

Insomma, la vittoria del Napoli può dirsi netta. Può dirsi meritata. E la sofferenza finale è stata più percepita che reale. Certo, va anche sottolineato che l’impatto dei giocatori subentrati (David Neres, Elmas, Olivera e Lucca) non è stato significativo, anzi il Napoli sembra aver perso grip proprio dopo i cambi. Ma la verità è che la partita era virtualmente chiusa, il gol di Ranieri è arrivato sugli sviluppi di un calcio d’angolo e quella della Fiorentina è stata una reazione più emotiva che tattica. Da parte sua, Conte fa benissimo a tenere alta la tensione, a pretendere massima concentrazione anche negli ultimi minuti. Ma la realtà è che il suo Napoli è una squadra che deve necessariamente prendersi delle pause, non può spingere sempre sull’acceleratore.

Da qui, dalla gestione di questi momenti, passano le ambizioni degli azzurri. Soprattutto nel campionato di Serie A, un contesto in cui i valori – fisici, tecnici, agonistici – dei giocatori di Conte sembrano superiori a quelli della maggioranza degli avversari. In Champions sarà un’altra storia, è inevitabile, e Conte sta lavorando in questo senso: il suo Napoli è una squadra che sa già essere europea italiana, ora deve solo imparare a gestire bene i momenti di transizione tra le sue due versioni.

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