Sinner e Alcaraz come Ivan Drago e Rocky; ci abbiamo messo un po’ a cambiare eroe (Corriere dell’Alto Adige)
Così Sinner ha cambiato anche le abitudini di tifo degli italiani

Italy's Jannik Sinner celebrates after winning against US player Ben Shelton during their men's singles quarter-final tennis match on the tenth day of the 2025 Wimbledon Championships at The All England Lawn Tennis and Croquet Club in Wimbledon, southwest London, on July 9, 2025. (Photo by HENRY NICHOLLS / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE
Alessandro Baschieri per il Corriere dell’Alto Adige apre una interessante analisi sulla rivalità tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Il carattere dell’italiano medio è più vicino allo spagnolo che all’altoatesino. L’eroe Rocky Balboa sembra più lo spagnolo con Ivan Drago simile all’altoatesino. Ma l’amore che nutriamo per Sinner ci sta aiutando anche ad affrontare, e cambiare, dei difetti del tutto italici.
L’italiano medio si immedesima più in Alcaraz che in Sinner
Il Corriere dell’Alto Adige scrive: «Alcaraz guascone e gagliardo, Sinner educato ed elegante, un moro e un rosso, un torello e uno spilungone. Non si vince in un modo solo, i campioni lo sanno e anche per questo si temono e si studiano. Solo che stavolta l’italiano, il nostro, quello che tifiamo e abbiamo imparato ad amare, è un tipo nuovo, un modello che agli occhi del Paese è a tutti gli effetti un unicum. Noi siamo quelli del talento arruffone, che urlano e vengono fuori dalla fossa un attimo prima che venga rinchiusa, irregolari e incostanti. Di certo non gli imperturbabili che fanno in silenzio sempre la cosa giusta al momento giusto. Ed ecco perché l’italianissimo Sinner, lontano dall’Alto Adige, ci ha messo un po’ a fare breccia. Per qualcuno era un po’ come tifare Ivan Drago contro Rocky Balboa, provare simpatia per Iceman prima che per Maverick. Non è stato amore a prima vista e Alcaraz non è mai diventato il nemico antipatico. Oggi possiamo dire che l’Italia impazzisce per il suo campione».
L’altoatesino ha cambiato alcuni dei nostri difetti
Il Corriere dell’Alto Adige prosegue: «A Wimbledon non ha solo scritto un pezzo di storia di questo sport ma ha messo le basi per cambiare anche qualche piccola abitudine negli italiani. Siamo improvvisamente tutti tennisti e tutti capitani di Davis. Il tennis sta provando a scalfire la corazza che protegge il Dio pallone e c’è qualcuno, leggi il presidente federale, che la sfida la dichiara: lo sport della racchetta ha raggiunto 1,1 milioni di tesserati ed è secondo solo al calcio che ne ha trecentomila in più».
Il giornale conclude: «Mediaticamente Jannik esiste da soli quattro anni e deborda da due, ma la crescita del movimento ha radici più lontane. E se dovessimo scegliere la motivazione più importante nel mazzo, diremmo che l’allargamento dell’attività di base è riuscito grazie a nuovi concept delle scuole tennis e soprattutto a un sistema di classifica dei giocatori che dà a tutti, dopolavoristi compresi, la possibilità di misurarsi. Anche con se stessi. Così come un maratoneta che scende da 4 ore a 3 ore e 50 minuti si sente un vincitore, così un giocatore di circolo che da 4.3 passa a 4.2 sente di aver centrato un obiettivo. Senza contare che i tornei sono stati strutturati proprio per dare a tutti la possibilità di confrontarsi con giocatori di pari livello e, vinta la sfida, con giocatori di valore crescente».