Ryan Murphy: «American-Horror Story è nato perché a 3 anni nonna per punizione mi faceva guardare Dark Shadows»
Al Venerdì di Repubblica: «Al liceo, nei corridoi, mi chiamavano forgio, epiteto che non mi ha mai turbato. Sapevo di avere una grande forza d'animo e determinazione da vendere. Niente e nessuno poteva fermarmi».

Il Venerdì di Repubblica ha pubblicato una grande intervista di Roberto Croci a Ryan Murphy, produttore, regista e sceneggiatore tv che ha portato sullo schermo alcune tra le serie di successo più acclamate.
«Al liceo, nei corridoi, mi chiamavano forgio, epiteto che non mi ha mai turbato. Sapevo di avere una grande forza d’animo e determinazione da vendere. Niente e nessuno poteva fermarmi».
Molti dei suoi prodotti come Nip/Tuck e American Horror Story hanno una base horror, da cosa nasce?
«Mi fa sentire vivo, mi stimola una reazione. L’horror è sempre stato in bilico tra bene e male, fa emergere sentimenti profondi in questo periodo difficile dal punto di vista politico e sociale».
Si sente incompreso?
«Assolutamente. Quando ho iniziato a lavorare in televisione Tony Soprano era l’uomo che piaceva, che la gente voleva vedere. Come uomo gay ho fatto davvero fatica ad aprirmi una strada. Ecco perché ho sempre voluto lavorare con gruppi sottorappresentati, dalle trend di Pose alle donne di Freud: per le due stagioni della serie ho creato almeno 15 ruoli per donne sopra i 40 anni. Lavoro con moltissime donne e scrivo ruoli per donne sopra i 40, perché per l’industria di Hollywood sono troppo vecchie e nessuno le considera. Alla fine il mio successo è stata la miglior vendetta. Una volta raggiunta una posizione di potere, ho cercato di dare potere a tutte quelle persone che non avevano una voce»
Come nasce l’idea di American Horror Story?
«Nasce da un’ossessione infantile per la serie horror Dark Shadows. Mia nonna mi costringeva a guardarlo per punizione quando avevo tre anni. Mi faceva una gran paura, ma il giorno dopo le chiedevo di guardare un altro episodio. Mi nascondevo dietro la sedia, ma non chiudevo gli occhi, mi piaceva sentirmi spaventato. American Horror Story è nato dopo Glee, perché avevo bisogno di cambiare totalmente. lavoro ancora così dopo uno show violento ho bisogno di ridere e viceversa».
Un artista che ha avuto impatto sul suo lavoro?
«Andy Warhol, per la sua sensibilità queer. Anche lui si è reinventato tante volte come me. Purtroppo non l’ho mai incontrato, ma conosco tante persone che gli erano vicine»