L’amara verità è che della Nazionale non frega niente a nessuno
Ranieri resta a Roma, la sua vita sarebbe diventata complicata a livello ambientale. Ma non è solo Roma. È l'Italia che è così, è l'Italia dei comuni. A noi piace solo vincere, oggi siamo tutti tennisti

Bildnummer: 01648775 Datum: 23.06.1974 Copyright: imago/Colorsport Luigi Riva (Italien) - PUBLICATIONxINxGERxSUIxAUTxHUNxUSAxONLY; Vdia, hoch, Hymne, Nationalhymne Weltmeisterschaft 1974, Nationalmannschaft, Nationalteam, Nationaltrikot, L‰nderspiel, Gruppe 4 Stuttgart Fuflball WM Herren Mannschaft Portr‰t Randmotiv Personen
L’amara verità è che della Nazionale non frega niente a nessuno
Luciano Spalletti saluta in lacrime e nel momento dell’addio rispolvera il suo essere toscanaccio e apre uno squarcio sui calciatori: «Non è possibile che su 25 giocatori ce ne siano 18 con problemini e dolorini». E aggiunge che chi rifiuta la maglia azzurra non dovrebbe essere più convocato. Troppo tardi ha deciso di essere sé stesso. Meglio questa versione rispetto a quella ecumenica o di educatore. Gli sarà utile per la prossima esperienza. Con tutti i suoi errori, almeno Spalletti ci teneva alla Nazionale. Che è vissuta culturalmente come un peso. Se abbiamo saltato due Mondiali, e tra poco forse tre, un motivo ci sarà. La Nazionale va bene solo quando vince, altrimenti se ne può fare a mano. Più di italiani di così, si muore.
Il no di Ranieri è solo l’ultimo atto. Che non si può comprendere se non si prova a comprendere Roma e il romanismo. Non è casuale che Ranieri abbia autorizzato Zazzaroni a pubblicare il suo messaggio privato. Perché Ranieri, per vivere tranquillo a Roma, quelle parole doveva far circolare: “Se avessi voluto continuare, non avremmo preso Gasperini. Voglio pensare solo alla Roma”. Ce la immaginiamo la signora Ranieri che dice al marito: “perché hai deciso di farci vivere in un inferno? Hai 73 anni, amen, è tardi per la Nazionale”. Perché la vita di Ranieri, a Roma, se avesse accettato la Nazionale, non sarebbe stata semplice. Già gli avevano dato del traditore. Il Romanista ha pubblicato un pezzo in cui è scritto che “la Roma non è part-time”. È Roma la loro Nazionale. Aggiungiamo che la trovata del doppio incarico era deboluccia, Ranieri sarebbe stato impallinato alle prime difficoltà. E ha detto no.
Roma e il romanismo sono un condensato di follia (chi non conosce l’ambiente, mai potrà comprenderlo) ma la verità è che la Nazionale è un peso ovunque. Per i tifosi del Napoli come per quelli della Juventus, dell’Inter e altri. È riemersa la natura del Paese. È l’Italia dei comuni. La parcellizzazione. Piccoli staterelli, ciascuno guarda al proprio ombelico. Il fascino della maglia azzurra non esiste più. Gigi Riva i suoi due terribili infortuni li ha avuti in Nazionale. È un tempo lontano.
All’estero la Nazionale è un affare serio e sentito
Prima che qualcuno ci accusi di nazionalismo, come se fosse un reato, ricordiamo che all’estero la Nazionale è una cosa seria. In Germania la allena Nagelsmann. In Francia Deschamps. In Inghilterra Tuchel. In Spagna c’era Luis Enrique. Non ci pare che all’estero a ogni convocazione ci sia la messa scalza di quelli che si presentano in infermeria per tornare a casa. Ci pare inutile provare a far comprendere che l’indebolimento della squadra Italia ha conseguenze sull’intero sistema. L’Italia fuori dal terzo Mondiale di fila depotenzia anche il nostro campionato. Ma sarebbero parole inutili. Bisogna prendere atto della realtà. E nonostante i disastri di Gravina, la politica a nostro avviso è solo un riflesso. Come sempre accade.
La Nazionale è un peso. Agli italiani piace solo vincere. Se c’è Sinner, siamo tennisti. Se c’è Luna Rossa, siamo esperti di vela. Fin quando l’Italia del calcio era una certezza, andava bene. Ora che si naviga nei bassifondi, possiamo tornare a quel che ci interessa veramente: gli affari di casa nostra.