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Il tour emozionale di Spalletti e la cittadinanza onoraria sono come la Corazzata Potëmkin

Alla viglia di Juve-Napoli, mentre parla Mazzarri, va in scena la terza giornata di Spalletti a Napoli. Si continua a vivere nel passato

Il tour emozionale di Spalletti e la cittadinanza onoraria sono come la Corazzata Potëmkin

“Oggi noto una tensione più vibrante. Partecipano, scambiano commenti”. Nelle retrovie della Sala dei Baroni corrono voci incontrollate, pazzesche. Si dice che Mazzarri, in conferenza stampa a Castel Volturno, sta annunciando la rivoluzione tattica del horto muso contro la Juve, l’impiego di Juan Jesus centravanti, persino l’acquisto di Mbappé a gennaio. Un sentito dire, perché i giornalisti sono tutti assiepati al Comune di Napoli a rumoreggiare, ineducati, mentre Manfredi consegna a Luciano Spalletti la cittadinanza onoraria. Ecco a te, ̶D̶r̶i̶e̶s̶ ̶M̶e̶r̶t̶e̶n̶s̶, ehm… mister: queste sono le chiavi della città.

«Da questo momento sono un official scugnizzo», risponde lui. Davvero.

“Ogni volta che rivede le immagini dello scudetto gli occhi gli brillano”, abbiamo letto tra le cronache della prima giornata del tour emozionale di Luciano Spalletti a Napoli. Tipo lo sguardo della madre davanti alle baionette, nell’immortale capolavoro di “Serghei EMME Einstein”, La corazzata Potëmkin. Ed eccolo Aurelio De Laurentiis, il Guidobaldo Maria Riccardelli d’occasione, a marcare il territorio, dal Galà del Calcio alla nave da crociera ancorata a Mergellina, fino a Piazza Municipio.

Quel che una causa di lavoro doveva separare, resta legame viscerale, indissolubile. E’ ancora quella “la squadra”, quella di sei mesi orsono nel suo perpetuarsi di celebrazione in premiazione, mentre il presente malconcio e zoppicante va in campo domani. Con la Juventus. A Torino. Manco fosse il Cittadella (con tutto il rispetto per gli amici padovani…). È inquietante la distanza sentimentale, ma anche aziendale, tra quel “passato” e questa realtà sportiva.

L’unica partita che conta, ancora adesso, è quella di giro. Una tournée scattata in volata a marzo 2023 che si credeva esaurita, e che invece continua a riverberarsi come un’eco pacchiana fino alla consumazione del rito più sudamericano di tutti: la cittadinanza onoraria.

Spalletti adesso fa il ct della Nazionale, dice di essere in paradiso, però sentiamo ancora il bisogno di tenercelo stretto, lui e tutta la significanza accessoria. Quel dannato manifesto dell’identità, qualsiasi cosa voglia dire. Ancora ieri De Laurentiis in versione neoborbonica proponeva una rilettura pop della storia moderna: “Solo i francesi ci hanno annebbiato nell’800, poi il nord con Cavour ci ha steso”. Non è invisibile il filo teso con il selfie con gli ultras. È tutto un po’ appiccicaticcio, non trovate?

A Manfredi (“lo juventino” che non vuole regalargli lo stadio) De Laurentiis faceva richiesta, un po’ scherzando un po’ chissà, di un’ulteriore cittadinanza per sé medesimo. Poi tutti in coro – lui, Spalletti, il sindaco – a intonare la nenia della Napoli che bella, dove “è facile vincere”, sempre più capitale internazionale. La città chiaramente chiedeva il bis, con oggi siamo al tris.

Nelle ultime file della sala ormai arriva di tutto: no, non è vero che l’Italia ha battuto l’Inghilterra con un gol di Zoff (anche se con Spalletti in panchina tutto può accadere). Pare invece che Mazzarri, con l’ufficio stampa in fuga, abbia chiuso la conferenza di Castel Volturno urlando “LA CITTADINANZA ONORARIA E’ UNA CAGATA PAZZESCA!”. Indicando l’orologio, per i 92 minuti di applausi più recupero.

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