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Bertolucci: «Berrettini dovrebbe essere più umile nel riconoscere se è in grado di giocare o no»

A Il Messaggero: «Io avrei chiesto a Fognini con chi avrebbe preferito far coppia. Anche se, sinceramente, avrei chiesto un sacrificio a Sonego».

Bertolucci: «Berrettini dovrebbe essere più umile nel riconoscere se è in grado di giocare o no»
Londra (Inghilterra) 09/07/2021 - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Matteo Berrettini

Il Messaggero intervista Paolo Bertolucci, vincitore della Coppa Davis nel 1976. Il tema è la semifinale persa dall’Italia contro il Canada. Il doppio lo hanno giocato Fognini e Berrettini dopo l’infortunio di Bolelli. Bertolucci innanzitutto esalta Sonego, autore di una prestazione eroica.

«È stato bravissimo con Tifano e mi ha proprio esaltato contro Shapovalov: sembrava giocasse uno di quei match mitici che si raccontano negli anni, quelli che ti tolgono il sangue. Non ho perso un “15”. E’ stata una partita folle di quelle che o ti danno lo sprint o ti stendono».

A Bertolucci viene chiesto se avrebbe fatto giocare Berrettini in doppio.

«Se è stato il giocatore a dire che stava male, anch’io poi avrei chiesto a Fognini con chi avrebbe preferito far coppia. Anche se, sinceramente, sarei andato prima da Sonego e gli avrei chiesto un sacrificio: era distrutto ma era anche in uno stato di esaltazione tale che avrebbe fatto un altro partitone. Penso che Volandri abbia anche pensato al giorno dopo, alla finale, a preservare Lorenzo. Io me ne sarei fregato, domani è un altro giorno, avrei cominciato a vincere la semifinale».

Berrettini ha sbagliato a giocare?

«Ognuno è fatto in un modo: si vede che ci tiene molto alla nazionale sia fuori che dentro del campo. Ma alla sua età e con la sua caratura deve essere in grado di capire se può o non può giocare, sempre per il bene della squadra. Saper valutare se non è meglio che giochi un altro al posto proprio è accettare la realtà e anche avere umiltà».

Per Bertolucci Sinner ha sbagliato a non imitare Berrettini e seguire la squadra a Malaga pur non potendo giocare.

«Secondo me sì, io l’avrei fatto. Ma sono scelte molto personali e ognuno risponde delle proprie azioni. Avrebbe dato un’ulteriore dimostrazione di vicinanza ai compagni. Non sarebbe stato un grosso sacrificio, si poteva portare dietro il preparatore atletico, non avrebbe perso tanto».

Non sono troppi questi infortuni degli azzurri?

«A fine stagione i giocatori devono ora valutare all’interno del proprio team se erano evitabili o meno. Con questo tennis sempre più fisico e violento, coi campi sempre più duri, passando continuamente da una situazione ambientale all’altra, dal caldo al freddo, i giocatori si fanno sempre più male. Guarda anche Zverev ed Alcaraz. Eppoi c’è questa data scomoda delle finali di Coppa, a fine anno, infatti a Malaga mancavano quasi tutti i primi. Comunque sia Berrettini, col tennis strappato che ha, è portato a farsi male più spesso».

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