Fiorello: «Quando mio padre è morto ho pensato di smettere, di finirla lì»
Al CorSera: «Mia madre ha rischiato di morire per parto e io con lei. Ci salvammo per miracolo, per questo mio padre decise di chiamarmi come lei»

Sul Corriere della Sera, Aldo Grasso intervista Rosario Fiorello. Parla della sua famiglia, soprattutto, dei suoi genitori. Sua madre rischiò di morire di parto.
«Mia madre si chiama Rosaria come me: quando stavo per nascere ebbe una complicazione molto grave, i medici la davano per spacciata e io con lei. Miracolo, alla fine ci siamo salvati tutt’e due. Io mi sarei dovuto chiamare Raffaele, come mio nonno, a quel punto mio padre decise di chiamarmi come mia madre. Rosaria Galeano detta Sarina».
Il legame con sua madre, oggi 87enne, dice, è speciale. La definisce «la dedizione in persona».
«Per lei mandare fuori i figli pettinati e puliti era un punto d’onore, quello che ci mancava a livello economico non doveva intaccare la nostra dignità».
Ancora oggi prendono il caffè insieme tutte le mattine. Sul padre:
«Il momento più triste della mia vita è stata la morte di mio padre, aveva solo 59 anni, io ora ne ho 62 pensavo di non farcela a superare i 59. Stava ballando con mia madre, si è assentato un attimo: “Sarina ho dimenticato le sigarette in macchina, torno subito”, e l’hanno trovato morto seduto sul sedile. Io ero all’inizio della mia carriera, a Sanremo con Radio Deejay (non so se l’ho mai detto ma la mia ritrosia per Sanremo nasce da questo evento), chiamavo casa e non mi rispondeva nessuno. Poi ho fatto un giro di parenti e mi dissero che mio padre stava male, di tornare subito (in realtà era già morto). Sono corso nella notte a Pila, in Val d’Aosta, a prendere mio fratello che lavorava lì e insieme siamo tornati in Sicilia per i funerali. Mi dispiace che mio padre non abbia visto nulla di quello che ho fatto, allora ero agli inizi. Il mare di Sanremo mi ricorda sempre le lacrime che quella sera ho versato per mio padre di cui avevo ancora tanto bisogno. Ho pensato pure di smetterla, di non tornare più a Milano, di finirla lì».
Da ragazzo non pensava al mondo dello spettacolo, voleva fare il calciatore.
«Nella mia testa il mondo dello spettacolo non esisteva, volevo fare il calciatore. Sono stato molto orgoglioso della prima busta paga che ho preso quando ho cominciato a lavorare nei villaggi turistici: a fine mese mi pagavano, contratto a tempo indeterminato! Mi sono sentito realizzato solo quando sono riuscito a comprare la casa, una casa intestata a me, ad avere il tetto sopra la testa».
Racconta un aneddoto della sua carriera da animatore:
«Una sera, facendo dei giochi nell’anfiteatro, presi di mira due persone anziane, marito e moglie. Più li prendevo in giro, più la gente rideva. Ulivieri mi chiamò, io ero tutto contento “hai visto che bella serata?”. “Sì sì — rispose — ma ora prova a pensare se quelle due persone fossero state tuo padre e tua madre”, pausa. Io da quel giorno non mi sono più permesso di prendere in giro persone che non sono in grado di difendersi».
C’è spazio anche per la crisi vissuta per l’eccesso di successo.
«Dopo il grandissimo successo del Karaoke, a Milano, non sono riuscito a sostenere il peso di una celebrità esagerata e improvvisa. Ero l’uomo più famoso d’Italia e non ho saputo gestire il peso di quel successo, facilissimo passare dall’altare alla polvere. Quando arrivai quinto al Festival di Sanremo del 1995, dove tutti mi davano per vincitore iniziò la discesa».
Arrivò la depressione, fu sua moglie Susanna a farlo rinascere.
Sul suo rapporto con i social:
«Quando sono apparsi i social ho avuto una sorta di ubriacatura. Facebook non mi piaceva, insieme a Jovanotti e Nicola Savino ci buttammo su Twitter, da mattina a sera».
Durante il lockdown ha usato molto i social, dice, soprattutto per tenere compagnia alla gente.
«Infine ho sentito il bisogno di staccare, di avere un contatto fisico con la gente e soprattutto di non dover dire la mia su tutto. È come aver smesso di fumare, era diventata una roba compulsiva. Anche perché, nel frattempo, ho provato cosa sia l’odio sui social. A Sanremo ho fatto una battuta sui no vax, ma solo su quelli che credono che con il vaccino ci iniettassero anche un microchip e i potei forti. Di fronte a tanta violenza, a tanta ostilità ho chiuso».