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Iacchetti: «Da 50 anni mi sento in colpa per non aver parlato mai con mio padre, non andavo a trovarlo»

Al CorSera: «Quando mi esibivo nei night, venivano le prostitute con i protettori. Una volta stavo per andare a fuoco per il lancio di una cicca di sigaretta accesa…».

Iacchetti: «Da 50 anni mi sento in colpa per non aver parlato mai con mio padre, non andavo a trovarlo»

Enzo Iacchetti ripercorre la sua carriera in un’intervista al Corriere della Sera. A fine agosto compirà 70 anni.

«Quando suonavo e facevo cabaret nei night, venivano a vedermi anche le prostitute della zona, con i loro protettori. Affrontare questo tipo di pubblico non era facilissimo: se non si divertivano a qualche battuta reagivano in maniera… calorosa. Una volta una cicca di sigaretta accesa mi finì dentro la chitarra, stavo per andare a fuoco».

Ha debuttato da bambino, sul palcoscenico dell’oratorio.

«Ero timidissimo, parlavo pochissimo, ma un regista del mio paese stava preparando uno spettacolo e chiese a mio padre se poteva prendermi per una parte da muto. Mi ritrovai sulla ribalta. Là sopra cominciai a chiacchierare, non riuscivo a stare zitto. Mi piaceva quel posto: fu una folgorazione».

Il vero percorso artistico iniziò al Derby di Milano.

«A fine 1978, dopo la gavetta nei night, approdai al Derby, un’università a numero chiuso, ti insegnava ad affrontare ogni tipo di pubblico. Però le esibizioni duravano fino alle 4 del mattino! Se eri fortunato ed eri tra i primi, ok, ma se ti capitava l’ultima ora beh… era dura far ridere il pubblico rimbambito dal sonno e dall’alcol».

Parla della sua famiglia e della passione per lo spettacolo.

«Gli Iacchetti erano tutti musicisti. I miei zii suonavano nella banda del paese e mio padre cantava in chiesa. Ma lui, che faceva il ciabattino e sognava il figlio ragioniere, non era per niente felice. Quando poi presi il diploma in ragioneria, con il voto 36, il minimo garantito, glielo portai, dicendogli: to’, eccoti il pezzo di carta».

La sua principale passione è stata la musica.

«I miei idoli: Giorgio Gaber, che era musica e teatro, e Jannacci per la musica. Non ho frequentato scuole di recitazione o musicali, ho cercato di imparare da loro, senza copiare. Da Gaber il suo rigore, una religione per me: se fossi stato una donna, l’avrei voluto sposare. Jannacci mi affascinava per il suo modo di essere surreale».

Nel 1994 è iniziata la sua esperienza a Striscia la notizia, dove fa coppia fissa con Ezio Greggio.

«Siamo una coppia di fatto e, giuro, non abbiamo mai litigato. Entrambi abbiamo un notevole senso dell’ironia e godiamo di reciproca stima».

Che regalo vorrebbe per il compleanno?

«Vorrei che mi offrissero un ruolo da serial killer: faccio sempre il bonaccione, mi piacerebbe fare il cattivo. E non vorrei più avere paura della vita. Forse ne vedo il traguardo vicino».

L’errore che non commetterebbe di nuovo?

«Non aver parlato mai con mio padre, non andavo mai a trovarlo: avevo 21 anni quando è morto a soli 57 e vivo ancora questo senso di colpa».

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