Sinner: «Il tennis mi piace perché è una battaglia mentale. Devi entrare nella testa dell’avversario»

A La Repubblica: «Quando perdo, non dormo, rivedo gli highlights per imparare dalle sconfitte. Arrivi al top se c'è equilibrio tra grinta, pressione e divertimento».

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2022 Londra (Inghilterra) - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Jannik Sinner ONLY ITALY

La Repubblica intervista Jannik Sinner. A Wimbledon si è fermato ai quarti, battuto da Djokovic.

«Quando perdo, non dormo. Subito dopo la partita, ho rivisto gli highlights. Voglio imparare immediatamente dopo le sconfitte».

Dopo Umago, giocherà a Montreal, a Cincinnati e poi agli Us Open, l’unico Slam dove non è arrivato almeno ai quarti. Ci fa un pensierino alla vittoria? Mancherà «Novax» Djokovic, e Nadal ha problemi fisici.

«Vediamo. Gioco bene su ogni superficie, passo ore e ore a migliorarmi sempre di più, anche perché con Simone Vagnozzi abbiamo fatto tanti cambiamenti. Ci vuole tempo. Certo, il miglior tennis lo gioco sul cemento».

Cosa deve migliorare?

«Sto lavorando tanto sul servizio. Devo variare di più la palla. Andare più spesso a rete. Essere ancora più aggressivo. Poi magari perdi la partita perché sbagli una volée del cavolo. Ma ora questa è la filosofia: vedremo se pagherà»

Ci pensa a diventare il numero uno al mondo?

«Non mi piace parlare del futuro. Ammetto di saper giocare molto bene a tennis, ma la strada è lunga. Certo però che ci pensi e sogni, perché ti alleni per arrivare lì. Ma per questo obiettivo devi avere dentro di te grinta, saper gestire la pressione, e divertirti, con le persone giuste intorno. Arrivi al top solo con questo equilibrio. Il mio unico obiettivo è esprimere il 100% di me stesso. Poi vediamo a quale numero in classifica corrisponderà».

E come si arriva al 100%?

«Tattica, tecnica, fisico, vita fuori dal campo. Mangio sano ogni giorno, perché persino un pasto giusto può darti quell’1% in più per vincere».

Il tennis è la sua vita?

«Dopo lo sci, l’ho scelto perché mi piace più di tutto il resto. Nello sci, con un errore sei fuori. Nel calcio, un giocatore da solo non può fare la differenza. Nel tennis invece sei solo contro l’altro: è una battaglia mentale, come negli scacchi. Devi entrare nella testa dell’avversario. È questo il vero scopo del tennis. Difatti, i migliori tennisti sono quelli che vincono anche giocando male».

Con Berrettini che rapporto ha?

«Buono. Difficile dire se c’è rivalità, perché ancora non abbiamo giocato contro. Siamo due ragazzi sereni, che danno tutto, ognuno sulla propria strada. Lui è un po’ più adulto, ha vinto di più, è stato nei top 10 a lungo, e ci ritornerà, ancora più forte. Non lo conosco benissimo, ma abbiamo un buon rapporto».

Il suo storico allenatore Riccardo Piatti l’ha lanciata, ora lei è allenato da Simone Vagnozzi e da Darren Cahill. Cosa è cambiato?

«Non voglio fare paragoni tra Riccardo, Cahill e Simone. Ognuno ha la sua testa e personalità. Con Simone e Cahill mi trovo benissimo. Simone è molto bravo a livello tecnico e tattico. Cahill ha tanta esperienza, lo ha dimostrato con gente come Agassi ma anche con Halep, con ognuno trova il modo giusto. Conosce bene il tennis, e l’erba, è molto bravo a motivarti prima della partita. Magari ti dà quello 0,05% in più prima di scendere in campo: ma anche questo può essere decisivo».

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