A Repubblica: «Andare in un altrove anche vicino come in Capri Revolution ti apre un mondo diverso. Non mi è mai piaciuta una certa autoreferenzialità napoletana»
Non solo Paolo Sorrentino, su La Repubblica, oggi, anche un’intervista a Mario Martone. Al cinema, in questi giorni, c’è il suo “Nostalgia”. Parla del rapporto di Napoli col cinema: prima la città era un set, poi è diventata una fucina produttiva. La discriminante è stata il terremoto.
«Dall’inizio dei Novanta i napoletani hanno cominciato a fare film. Prima era un set, Napoli, poi è diventata una fucina creativa e produttiva. Secondo me il fenomeno è legato a quel che è successo, storicamente, con il terremoto. C’è un prima e un dopo. Dopo il terremoto Napoli era in un grave stato di prostrazione, era una città nelle mani della camorra, di una politica corrotta. C’è stata una reazione vitale da parte della cultura alternativa che, in un certo senso, è come se avesse salvato l’anima della città. Questo è accaduto nel teatro, nell’arte, nella pittura, in tutti i campi. E da questa risposta, che negli anni 80 è stata così forte, è venuta fuori una musica indipendente, ad esempio i 99 Posse e un cinema, un teatro indipendenti, penso al nostro Falso Movimento, al Teatro Studio di Caserta di Toni Servillo. Da tutto questo è scaturito anche il cinema. Ed è nato dal terremoto, da una vera frattura».
Continua:
«Ormai la gran parte del cinema italiano viene realizzata da persone che sono napoletane anche quando non parliamo di argomenti napoletani. È interessante: a un certo punto tutta questa capacità esce fuori da Napoli. Ci sono moltissimi tecnici napoletani in ogni campo. E poi c’è l’aspetto produttivo: Qui rido io è prodotto da Nicola Giuliano, napoletano, anche se la sua Indigo ha sede a Roma. Ci sono tanti napoletani che, come me, si dividono tra Roma e Napoli».
Sul suo rapporto con Napoli:
«Per me Napoli è importante sempre. Andare in un altrove anche vicino come in Capri Revolution ti apre un mondo diverso. Non è tanto importante come il mondo vede Napoli, ma come tu da Napoli vedi il mondo. Non conta l’immagine di Napoli, conta Napoli. Così come conta qualunque città per chiunque la viva in modo forte. La critica internazionale che ha lodato Nostalgia, lo ha fatto ad esempio un critico cinese che sa di Napoli in fondo ben poco, ma credo che a lui, e agli spettatori a Cannes sia arrivato qualcosa che parlava di loro stessi. Ci capita di leggere romanzi che ci parlano, magari ambientati a Tel Aviv o San Pietroburgo o Londra, ma la qualità fa sì che ci tocchino nel profondo, nel personale. Dobbiamo fare film con una specificità, ma che parlino agli esseri umani, a realtà rintracciabili a ogni latitudine. A me, del resto, non è mai piaciuta una certa autoreferenzialità napoletana. Infatti
alterno i film che faccio a Napoli con cose di tutt’altro tipo».