ilNapolista

«Quando Ancelotti è andato via il padre piangeva, perdeva un figlio e due braccia per la campagna»

Il reportage del Paìs da Reggiolo, “la terra che ha forgiato l’uomo tranquillo”. Tra ricordi d’infanzia e gli aneddoti degli amici del paese

«Quando Ancelotti è andato via il padre piangeva, perdeva un figlio e due braccia per la campagna»
Genk 02/10/2019 - Champions League / Genk-Napoli / foto Panoramic/Insidefoto/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

“Suo padre piangeva il giorno in cui se n’è andato. Erano molto umili. Così, oltre ad allontanarsi dal figlio, perse anche l’unico uomo che le desse una mano con la terra e gli animali”. E’ uno dei ricordi che l’inviato del Pais raccoglie nel più classico dei reportage alle “origini” del personaggio in odore di impresa, in questo caso Ancelotti Carlo da Reggiolo ad un passo dalla Champions League.

Daniel Verdù va nella profonda provincia della “prospera Emilia-Romagna” per indagare il passato, la giovinezza, la formazione di Ancelotti. Il colore, l’ambiente, le amicizie. C’è il bar del paese, l’oste che affetta la salsiccia, il compagno di squadra che da piccolo era più forte di lui, ma “per restare vicino alla famiglia” non ha sfondato. C’è il tavolino dove siede Ancelotti quando torna a casa. Tutta la retorica del caso, insomma. Ma il concetto è ben raccontato, ed è aderente all’uomo Ancelotti che pur traspare oggi.

“Di tanto in tanto, dicono i suoi amici, torna a far visita ai suoi genitori al cimitero. La vecchia casa, una casetta con una stalla per due o tre mucche, appartiene ora ad un’altra famiglia. Il bestiame non pascola più sui terreni che Giuseppe, suo padre, affittava. E la casa unifamiliare dove si trasferirono in seguito è rimasta vuota: l’ha lasciata alla sorella, che oggi vive a Novi de Modena, a 17 chilometri di distanza. La traccia di Carlo Ancelotti è piuttosto diffusa a Reggiolo”

“Suo padre lavorava dall’alba al tramonto e lo aiutava. Quindi tutto ciò che è venuto dopo non è stato vissuto come sacrificio. Era un uomo eccezionale. Una persona molto semplice, onesta, equilibrata e laboriosa”, ricorda Willer Settis, giornalista.

Quando Ancelotti si ruppe il ginocchio destro nell’ottobre 1981, decise di tornare a Reggiolo per riprendersi. “Ha portato la Mercedes che aveva comprato da Bruno Conti – racconta Roberto Artioli, che divenne suo autista e confidente inseparabile –  Ma siccome non poteva guidare, guidavo io. Andavamo tutti i pomeriggi al cinema di Modena. E credo che ci abbiano fatto una multa per ogni film che abbiamo visto, perché era impossibile parcheggiare”,

“Un tempo – dice Villiam Vecchi, che sarebbe stato il suo allenatore dei portieri nella maggior parte dei club dove è stato – eravamo una provincia agricola. Ecco perché il suo carattere è calmo, costante e paziente. Carlo ora ama il Madrid, è innamorato. Ma non so se sarà la sua ultima destinazione”.

ilnapolista © riproduzione riservata