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El Paìs: “Ancelotti a Napoli vittima di una faida tra i clan del presidente e dei giocatori”

El Paìs paragona il difficile l’adattamento del tecnico del Madrid, a differenza di Mourinho che ha invece saputo calarsi perfettamente nell’ambiente di Roma

El Paìs: “Ancelotti a Napoli vittima di una faida tra i clan del presidente e dei giocatori”
Gc Londra (Inghilterra) 16/03/2010 - Champions League / Chelsea-Inter / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Jose' Mourinho-Carlo Ancelotti

Dopo il Telegraph (“I giocatori del Napoli gli unici a non aver capito Ancelotti”), El Paìs che oggi dedica al rapporto tra il tecnico emiliano e il Napoli la rubrica del lunedì di Daniel Verdù. Con lo stesso tema: com’è possibile che un allenatore che ha vinto ovunque, a Napoli non ha funzionato? Tema che solo a Napoli viene giornalisticamente ignorato. Rapporto che mette in contrapposizione a quello tra Mourinho e Roma.

Verdù riesce a trovare un perfetto escamotage per raccontare la vicenda Ancelotti. E scrive che nella chat di whatsapp dei genitori della scuola di sua figlia, mercoledì sera è comparso il messaggio di uno dei tre papà presenti:

“Solo a Napoli potevano buttare fuori uno come Ancelotti”.

El Paìs prova a fornire la propria versione e lo fa con un paragone tra il rapporto che invece ha creato Mourinho a Roma.

Alcuni personaggi funzionano solo in alcuni ecosistemi. Succede con gli artisti e anche con gli allenatori. Il loro successo sta nel decifrare l’ambiente in cui lavorano.

Verdù parte dalla frase di Ancelotti alla fine della vittoriosa semifinale contro il City: “I giocatori sono miei amici”.

Proprio quello che il proprietario del Napoli, Aurelio de Laurentiis, non voleva quando lo assunse quattro anni fa e poi gli ordinò di costringere i suoi giocatori a un ritiro che nessuno voleva. Nemmeno il tecnico. Ancelotti è stato coinvolto in una sorta di regolamento di conti tra clan: quello del capitano, Lorenzo Insigne, e quello del presidente. Una vera e propria faida napoletana. E decise di schierarsi con i giocatori, ovviamente. È il suo codice. Sono suoi amici. Gli unici con cui fuma sigari. E gli amici non li tradisci.

Aggiunge Verdù:

il progetto, probabilmente, non aveva le dimensioni in cui Carletto si sentiva a suo agio. E non sapeva come capirlo.

El Paìs fa poi l’esempio contrario: Mourinho e Roma.

Scrive: quel che poteva essere interpretato come un passo indietro nella sua decadente carriera, è stato trasformato da Mourinho nell’esatto contrario.

All’Olimpico è tornato ad essere quell’allenatore ambizioso di Porto. È riuscito a trasformare la Conference League, una competizione che all’inizio dell’anno i romanisti accettarono con rassegnazione, nel nuovo Mondiale Coppa del Mondo. “Voglio un pubblico che viene a giocare la partita, non solo a guardarla”. Il risultato è stata un’atmosfera che non si vedeva da decenni. (…) Il portoghese ha quasi sempre capito la squadra in cui si trovava e ha saputo adattarsi all’ambiente. Un sintomo di intelligenza. Ancelotti e Mou mostrano in modo contrastante l’importanza di decifrare l’ambiente in cui si lavora.

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