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Breve diario semiserio di un fotografo alla giornata inaugurale di Procida Capitale della cultura 2022

Una festa contagiosa, l’isola mi ha regalato colori ed emozioni che porto ancora negli occhi. Un’atmosfera da sogno onirico di Fellini 

Breve diario semiserio di un fotografo alla giornata inaugurale di Procida Capitale della cultura 2022

Breve diario semiserio di un fotografo alla giornata inaugurale di Procida Capitale della cultura 2022. Le foto sono tutte di Maurizio De Fazio.

Ore 15,00:
Il ritrovo è al molo Beverello di Napoli, procedure disordinate per l’accesso ma si sa, è sempre un po’ così: le file a Napoli sono sempre creative. Allora tutti insieme appassionatamente saliamo sull’aliscafo della Snav, braccialetto rosa, mare forza 6, vento da sud-est, onda alta, l’aliscafo balla, e quanto balla, ohhhhh ohhhhhh. L’aliscafo decelera, si distribuiscono i sacchetti: ma quanto ci costa questa cultura, ma non era meglio la diretta Tv su Rai2?

Ore 16,00:
L’isola si avvicina, evviva, si posano i sacchetti, una sistemata veloce, cellulari pronti e frettolosamente sbarchiamo a Procida: che la cultura abbia inizio. Al porto della Marina Grande ci aspettano 3 trampolieri dello show-Events vestiti di bianco e il direttore generale Capitale della Cultura Agostino Riitano. Tutti insieme percorriamo via Roma fino alla chiesa della Marina Grande. Ci aspettano i pirati e la compagnia il “Teatro dei Venti” con lo spettacolo “Moby Dick”.

Ore 16,30:
Il cielo grigio non promette nulla di buono. Tutto molto suggestivo. Riusciamo a conquistare una panchina lato scena, la gente si accalca, è tanta, tanta gente: ma i posti non erano limitati? Qualcuno protesta. Le prime file riservate sono vuote. Lo spettacolo inizia, i bambini procidani vestiti di giallo, la musica suggestiva si alza nel silenzio con le musiche di Ravi Shankar e Philip Glass, intanto si affacciano nella piazza il presidente De Luca e un gruppo di consiglieri, ma vanno subito via, le sedie in prima fila ancora vuote.

Ore 17,00:

La musica mi rapisce, sul palco i pirati si azzuffano, è una metafora ma non ho il tempo di capirla, con un piede difendo la panchina dagli assalti degli spettatori ritardatari, con una mano mantengo una videocamera con l’altra cerco di fare fotografie, in questi casi mi affido sempre a santo Fotosciop’ ma questa volta la vedo dura.

Ore17,10:
Gli attori sono venti, bravissimi tutti. Sulla scena si muovono in perfetta sincronia, ora stanno litigando con Gamba di legno, sbucano degli enormi pezzi di legno, ora montano una nave, ma noooo, una nave in tempesta! E il mio  pensiero corre al viaggio di ritorno con aliscafo e mare mosso: magari fossimo pirati, ma siamo tristemente gente di città, non possiamo resistere alle onde tempestose. Intanto la musica si intervalla con brani dal vivo, la forza evocativa della musica silenzia la piazza in genere chiassosa. Il tema dello spettacolo è il viaggio contro le forze avverse della natura, un viaggio evocativo in cerca di un orizzonte lontano e il ritmo musicale emozionante scandisce le operazioni lavorative sul palco.

Ore 17:20:
Prendiamo dai pirati sul palco una secchiata d’acqua, le donne si sputano, sì, ogni tanto si sputano: ma quindi non discendiamo dai greci ma dai pirati! Intanto il ritmo incalza, la musica aumenta, Gamba di legno urla e inveisce, dal palco scendono e salgono i bravissimi attori, la nave si trasforma in una balena, una immensa macchina scenografica, è questo il punto che dovevo capire la metafora, – è la sfida – ma mi riprometto di pensarci meglio.
Intanto resisto agli assalti alla panchina ed è questa la sfida nell’immediato che dovevo vincere,  vedo anche io l’orizzonte lo spettacolo volge al termine, esausto scendo e mi riposo sula mia panchina.

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Ore 18:00:

Si srotola in piazza un enorme striscione verticale da un palazzo rosa: “UTOPIA E’ Avvenimento” – bene, non ho capito ma intraprendo lo stesso il viaggio come indicatomi dagli attori sulle terrazze, seguo anche io il fiume di gente salendo il canalone, sembra una fiaba incantata, da ogni vicolo e dalle terrazze ci sono attori vestiti di bianco, qualcuno decanta versi in prosa, altri suonano, dai balconi “scendono” panari con frasi e aforismi, faccio fatica a fare foto senza fotografi che fotografano, ma sorrido, tutti sorridono e il serpentone di gente si inerpica per la stradina stretta, sotto le citazioni degli striscioni, la gente dialoga con l’architettura attraverso le mascherine, ma come un fiume in piena ci facciamo accogliere dagli archi e dagli anfratti della strada, dai colori caldi delle facciate e qualche condizionatore grigio alluminio.

Ore 18:30:

Passando per un Pulcinella appeso tra i panni bianchi, arriviamo a Piazza della Repubblica dove ci attende la parata variopinta della compagnia francese Les Tambours et Poupéese – Trans Express, la festa è contagiosa, l’atmosfera mi riporta al sogno onirico di Fellini. Enormi bambole giganti e colorate, come estratte da una vecchia scatola dei giocattoli incantano il pubblico con il loro repertorio che unisce composizioni originali, canzoni popolari.
In abiti sfavillanti mi fanno tornare bambino fino a quando non vedo i macchinisti che entrano sotto le ampie gonne delle bambole per sistemare gli ingranaggi che le fanno muovere, ahimè allora capsico che c’è il trucco, intanto i soldatini con le facce colorate di bianco battono i tamburi dispensando sorrisi e linguacce. Il tempo si “imbriaca” e scende qualche goccia d’acqua, si alza il vento, faccio appello a tutte le tecniche di foto-reporter acquisite durante i cortei cittadini e studenteschi guadagnando la testa del corteo e contino a fotografare, intanto mi passano sulla testa enormi draghi luminosi, incrocio facce amiche, saluti veloci mi abbasso la mascherina, ancora in testa al corteo divertito mi faccio travolgere da un felicità contagiosa.

Ore 19:00:

Lascio il corteo direzione Corricella, ci aspetta l’impresa più ardua: La scalata di Terra Murata. È lì che è asserragliato, dalle 18,00, un manipolo di invitati esclusivi e una mezza dozzina di politici TOP, di quelli che contano, tipo il Presidente della Repubblica arrivato sull’isola in elicottero bianco, un Presidente della Regione, un Presidente della Camera e un paio di Sindaci. Arriviamo a Piazza dei Martiri ma la salita al belvedere dei cannoni è bloccata da ingenti forze di polizia, motivi di sicurezza nazionale, ma mica è il G8 di Genova mi chiedo, ma non mi trovo, ma se la cultura non isola perché sono saliti in pochi sul promontorio di Terra Murata? Ma libertà non era stare sopra un albero? La libertà non era partecipazione? Si fa sera, su piazza dei Martiri scende il buio, in lontananza sotto le nuvole nere si irradia un crepuscolo emozionate e avvolgente che riflette lame di luce arancioni, ma non c’è tempo per pensieri romantici qui si deve pensare a un piano per scalare la cima.

Ore 19,40:

Sono passati 40 lunghi minuti e i pezzi grossi della Repubblica Italiana si stanno godendo il panorama e il rinfresco, non ne vogliono sapere di lasciare a noi comuni mortali il belvedere, … zttti, zitti forse vanno via… sì il Presidente sta andando via… e insieme a lui decine di auto blue “ sgommanti” con sirene lampeggianti. “Evviva il presidente” urla la folla, un po’ come quando passò il Rex nel film Amarcord per saccheggiare ancora il pensiero Felliniano, come ciechi ci domandavamo in quale auto fosse il presidente ma tra la folla nessuno può giurare di averlo visto: – “Vi auguro buon viaggio!! Viva L’Italia”, urla la folla acclamante.

Ore 19:50:

Intanto si fa sera e ai pensieri “anarco-insurrezionalisti” sopraggiunge la “cazzimma” napoletana e allora faccio appello a tutta la napoletanità e mi intrufolo tra i varchi dei carabinieri, non sarei dovuto passare ma tant’è l’ho fatto… Di gran lena faccio la salita per arrivare al belvedere, ci sono ancora tanti politici importanti, tra poco inizia il visual show architetturale, un suggestivo show di luci proiettato sul borgo della Corricella. Il tempo di qualche selfie con pezzi importanti della Repubblica che fa sempre Fico, cioè volevo dire figo. Mi affaccio e mi godo lo spettacolo della Corricella colorata in una sequenza di mille colori.

ore20:30:

Si aprono i varchi per il resto dei comuni mortali e il belvedere dei cannoni, che si affaccia sulla Corricella, si affolla di spettatori, faccio il bis e mi rivedo lo spettacolo mai sazio di tanta bellezza. Sulle facciate delle case della Corricella c’è scritto – PROCIDA 22 – l’atto sommo dell’inizio di Procida Capitale della Cultura 2022. La festa volge al termine, e restano sparsi disordinatamente i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente, il tempo di rotolare verso il mare per inciampare dagli amici del Bar Cavaliere per un aperitivo, il mio preferito sull’isola.

Ore 21:30:

è tempo di rientrare, la cultura lascia spazio alla stanchezza, allora come dei pirati impavidi e coraggiosi affrontiamo il ritorno con gli occhi pieni dei colori e delle emozioni che ci ha regalato l’isola, faccio in tempo a sedermi esausto nell’aliscafo, il tempo di frugarmi tra le tasche e apro il biglietto donatomi da una ragazza per le viuzze strette del canalone: – “Immagina Ciò che non è mai esistito”

Tutto vero allora, arrivederci Procida mia.

 

 

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