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Napoli, Manfredi è il sindaco eletto col metodo Amway

Tredici liste, 520 candidati: per una volta il centrosinistra ha intercettato lo spirito dei tempi. Ha creato un algoritmo, un sistema ingegneristico-elettorale perfetto basato sulla voglia di protagonismo dei micro-candidati. Manfredi il solo a prendere meno voti delle liste. Ciò non toglie che possa essere un ottimo sindaco

Napoli, Manfredi è il sindaco eletto col metodo Amway

Gaetano Manfredi è il nuovo sindaco di Napoli. Non ha vinto le elezioni, ha stravinto le elezioni. È stato eletto al primo turno col 62,88% dei voti. La coalizione si è aggiudicata anche tutte le municipalità: dieci su dieci. Cappotto. Ma attenti a definirla una vittoria politica. È stata una vittoria che possiamo definire scientifica, infrastrutturale. Sono partiti i primi rumors sulla prossima giunta e la prima etichetta – certamente non negativa – può essere quella di tecnologica e ingegneristica con i nomi di Nicolais e Cosenza.

Sì, è andato al voto il 47% degli aventi diritto, ma non è questo l’aspetto che ci colpisce di più.

La vittoria di Manfredi è stata frutto di una efficacissima trovata ingegneristica. Stavolta il centrosinistra – o quel che è – ha dimostrato di saper essere al passo coi tempi. Di saper intercettare la contemporaneità. Siamo lontani dai tempo in cui rimase a bocca aperta e impiegò quasi un decennio a capire che un signore aveva varato l’era dei partiti personali (se non sbagliamo la definizione è di Mauro Calise). In Campania hanno compreso prima degli altri che la politica è materia per pochi reduci finanche noiosi. Del resto le sconfitte insegnano: sono stati battuti due volte da un ex magistrato che ha vinto al grido di “Viva la rivoluzione”, con tanto di bandana.

E così hanno creato una struttura, un vero e proprio algoritmo umano, che consentisse di vincere a prescindere dal candidato. Le elezioni si sono trasformate in una sorta di Grande fratello in sedicesimi. I dirigenti locali, si dice che sia una fissazione di De Luca (è stato eletto con 15 liste a suo sostegno), hanno intercettato questa sfrenata voglia di candidarsi, di mettersi in mostra. Del resto l’effetto Di Maio non può non essere trascinante. “Se uno come lui diventa ministro degli Esteri, perché non potrei farcela io?” Qualcuno se la sente di dar torto a chi pone questa domanda?

A sinistra lo hanno capito. Hanno sostenuto il candidato Manfredi con tredici liste tredici. Insistiamo: tredici. Ciascuna con quaranta candidati. In totale 520 candidati. Che hanno fruttato 218mila voti totali per il candidato sindaco. Ha vinto la struttura scientifica, ha vinto l’algoritmo. Ha vinto quello che possiamo definire il metodo Amway, la cosiddetta vendita multilivello. Ciascun venditore recluta ulteriori venditori e si crea l’effetto piramide di cui beneficia il primo arrivato, chi è in testa alla piramide. E, come accade con il metodo Amway, ovviamente i primi cui ci si rivolge per estendere la struttura sono i familiari, gli amici, i vicini di casa. Così è accaduto. Ciascun candidato ha portato voti alla causa.

Manfredi è stato il beneficiario di questa indovinata struttura ingegneristica. Poi potrà rivelarsi, e ce lo auguriamo, il miglior sindaco della storia della città. Non stiamo discutendo il valore della persona. Conosciamo persone che si sono candidate con liste legate a Manfredi e che ignoravano chi fosse Manfredi. Questo è un merito, attenzione. Non un demerito. Forse per la prima volta il centrosinistra ha colto lo spirito del tempo e non lo ha subito. Per dirla calcisticamente, queste elezioni hanno ricordato la celeberrima conferenza stampa in cui Arrigo Sacchi spiegò che, costruito un sistema di gioco, che poi giocasse Bibì o Bobò non faceva alcuna differenza. L’Arrigo al solito esagerava ma il succo è chiaro.

È quel che in fondo riconosce persino la signora Manfredi, ovviamente dando una interpretazione diversa, quando dichiara al Corriere del Mezzogiorno: “Sono molto contenta del risultato raggiunto, superiore alle aspettative. Mio marito non era conosciuto profondamente, ma questi consensi significano che ha saputo farsi apprezzare”.

Dei sette candidati a sindaco, Manfredi è l’unico ad aver ottenuto meno voti della sua coalizione. Non c’è stato alcun effetto trascinamento, anzi. Lui ha preso il tre per cento in meno rispetto alle sue liste: 62,88% contro il 65,88. Tutti gli altri candidati hanno preso più voti delle proprie liste grazie al voto disgiunto, persino la Solombrino (0,31 versus 0,28).

Non solo. Ma se guardiamo i voti dei partiti, il Pd (12,2) e il M5S (9,92) insieme hanno totalizzato il 21,93% ossia un terzo dei voti di lista (65,88). Non possiamo definirli irrilevanti ma neanche decisivi né centrali. Non c’è alcun laboratorio politico. C’è, invece, un laboratorio ingegneristico-elettorale. Che ha creato un algoritmo perfetto che prescinde dalla politica. Segue altri percorsi. Premia il desiderio di apparire, di mettersi in mostra. È la versione politica de “la televisione la fate voi” di arboriana memoria. Il candidato sindaco lo scegliete voi. Lo create voi con la vostra micro-rete. Cui poi va aggiunto il lavoro tradizionale del capi-bastone.

Fin qui, quel che è accaduto dal punto di vista elettorale. Anzi, ingegneristico-elettorale. Poi, si vedrà. Manfredi potrà dimostrare di essere un signor sindaco. Parte con un vantaggio non indifferente: si confronterà con dieci anni di nulla demagistrisiano. Se solo manderà i bambini a scuola quando scendono due gocce, si sarà guadagnato la rielezione. Non possiamo dire granché di lui. Praticamente non si è visto in campagna elettorale. C’è chi ne parla benissimo e chi malissimo. Si potrebbe fare un discorso sul ruolo dell’università in Italia. È da considerare classe dirigente l’ex rettore della principale università di una una città che ha un tasso emigratorio giovanile spaventoso? Il discorso sarebbe lungo e ci porterebbe lontano.

Manfredi ha stracciato i suoi avversari. Maresca che ha letteralmente gettato a mare il suo profilo di figura anti-camorra fino a farsi fotografare con Hugo Maradona all’esterno dello stadio. Bassolino non è andato oltre l’orizzonte della rivincita, senza alcuno sguardo sul futuro, chiuso nel suo mondo delle diciannove assoluzioni che non lo esimono da gravi responsabilità politiche che lui continua a far finta di non vedere. I ritorni dei grandi vecchi sono affascinanti se riemergono da un lavacro di autocritica, altrimenti destano sentimenti che andrebbero descritti con aggettivi che qui ci risparmiamo. Alessandra Clemente francamente ha preso fin troppi voti rispetto all’eredità che rappresentava.

L’auspicio, il sogno, è che con Manfredi possa realmente nascere una giunta “scientifica”, che pensi e ridisegni Napoli con una testa, un rigore e un metodo scientifici. Come è avvenuta con la creazione dell’algoritmo che ha portato alla sua elezione.

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