“Conosco il calcio meglio di voi. Non vi leggo, non mi interessa quello che scrivete”. Il ct della Spagna ha vinto tirando una linea professionale, quasi filosofica. Non c’è allenatore o giocatore che non lo pensi
“Non leggo i giornali da tanti anni perché ciò che scrivete non mi interessa”, ha detto Luis Enrique ai giornalisti spagnoli. I quali per paradosso ne hanno registrato la strafottente presa di potere e sono corsi a scrivere su di lui le peggio cose. Che lui non leggerà, ma poco importa. Come i bambini ai quali dici di abbassare la voce, e quelli urlano più forte. Il volume regola parecchi mondi, inopportunamente.
Ha detto pure, il ct della Spagna, che lui ne sa di più dei giornalisti – “conosco il calcio meglio di voi” – e che il tempo gli avrebbe dato ragione. Il tempo ci ha messo un attimo a dargli implacabilmente ragione. Tanto che – il cortocircuito è affascinante ancorché classico – i giornalisti hanno fatto carta straccia delle critiche del giorno prima e hanno preso a dargli ragione pure loro.
Luis Enrique non ha solo battuto l’Italia. Luis Enrique ha vinto e basta. Non ha aspettato che la Spagna battesse i campioni d’Europa per dirsi certo certissimo del fatto suo. Ha messo in conto di perdere, e di fottersene. L’eventuale massacro su pubblica piazza mediatica non l’avrebbe scalfito. Anche perché, in premessa, lui aveva alzato l’argine: manco vi leggo.
Quindi Luis Enrique oggi non leggerà, per esempio, il titolo di As – “Mamma mia” – e Alfredo Relaño che ammette “Luis Enrique aveva ragione anche sul debutto di Gavi”. Appena ieri la convocazione del 17enne in una selezione senza giocatori del Real era per i giornali spagnoli (e per chi li legge) un abominio. Oggi si potrebbe farne una rassegna stampa dedicata: pare sia sbocciato il nuovo Xavi. Chi l’avrebbe mai detto? Luis Enrique, ecco. Giusto lui.
Nelle more d’un rapporto sempre conflittuale come quello tra i protagonisti dello sport e chi ne racconta le gesta, fatto di aderenze, amicizie, scazzi e vaffanculo più o meno ribaditi, Luis Enrique ha detto una cosa quasi banale: che i giornalisti in fondo non ci capiscono un granché è pensiero comune. Persino tra i giornalisti che si prendono meno sul serio. Lo sport è un universo settoriale, come tanti. E chi lo abita se ne percepisce indigeno. Mazzarri ogni volta che risponde alle domande di uno studio tv si rivolge all’ex giocatore di turno, e la premessa è comune a molti: “tu sei stato giocatore, lo sai…”. Gli altri no. Gli altri sono turisti che non capiranno mai davvero tutto.
C’è un’aneddotica infinita di conferenze stampa dai toni violenti, di interviste in tv finite malissimo, di mezze frasi sprezzanti lasciate al microfono, di ammiccamenti plateali, di cipigli inequivocabili. Ma quello è un iceberg. Sotto, abbastanza evidente, c’è la spartizione netta tra due mondi che se la tirano moltissimo. E che sono professionalmente inestricabili. La singolarità dell’uscita di Luis Enrique sta nei termini – netti, perentori – coi quali ha messo i suoi paletti. Ha tirato una riga.
Ha evitato di girare attorno alla questione, né si è ritratto come spesso accade. Ha chiarito. Il brivido della polemica e delle successive ripercussioni ha riguardato solo chi l’ascoltava. Per Luis Enrique Italia-Spagna non avrebbe cambiato nulla: s’è reso impermeabile. L’ansia del risultato immediato pronto a confermare o sconfessare le critiche e la sua replica, è ricaduta sugli altri. Lui s’è ritirato al suo posto, senza giornali e giornalisti. Figurarsi i social.
El Mundo le ha definite “argomentazioni iconoclaste, di rottura, rivoluzionarie e provocatorie. L’agitazione è la sua forma di gestione, al contrario della stabilità. Luis Enrique è arrogante e insopportabile. Ha definito ignoranti assoluti tutti quelli che scrivono o parlano di calcio. Ma avrà torto, perché è umano e non avrà sempre ragione”.
E’ l’ennesima lettura parziale. Non c’è un solo allenatore – o giocatore – che non avrà ascoltato assertivo Luis Enrique. Molti, moltissimi, hanno avuto l’opportunità di chiarire lo stesso antipatico concetto magari di persona, vis-à-vis. Altri hanno lasciato correre con malcelata supponenza, tessendo rapporti spendibili in carriera. Luis Enrique non ne avrebbe avuto bisogno comunque, da un pezzo. Ha rivelato un’ovvietà dirompente: ha detto dei giornalisti ciò che dei giornalisti pensano tutti.