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Iniesta, una vita a giocare come tra i tavolini del bar di famiglia

Gianni Montieri firma un libro che prende la forma di un fuoriclasse mondiale. Lo fa parlando di calcio, dolori, depressione, gol decisivi

Iniesta, una vita a giocare come tra i tavolini del bar di famiglia

Se un giorno dovesse essere realizzato un film su Iniesta, la prima scena sarebbe certamente quella descritta da Gianni Montieri. Sarebbe perfetta per Tornatore: un bambino che fa meraviglie col pallone tra i tavolini all’aperto di un bar. Il bar di famiglia. Il bar Luján, come sua madre: Maria Luján. La donna che convinse il marito a lasciare che il figlio provasse a fare il calciatore, che abbandonasse casa per trasferirsi alla Masìa. A soli dodici anni. Il papà, José Antonio, era disperato. Eppure era stato lui per quattro anni ad accompagnarlo in macchina ad Albacete tre volte a settimana. Quaranta chilometri ad andare e quaranta a tornare. Alla Masìa, pare, il piccolo Andrés piangesse e si prendesse a botte con i futuri fuoriclasse in fila per il telefono. Sotto lo sguardo già allora ampio di Puyol.

“Andrés Iniesta, come una danza” (editore 66thand2nd) è un filo che traccia la vita e la carriera di questo grandissimo calciatore, cardine di una squadra simbolo della storia del calcio. E lo fa nei tempi e nei modi che lui ci ha sempre mostrato. In campo e fuori. Un libro che unisce lentamente i puntini, senza mai rinunciare alla cifra stilistica di Montieri un poeta che ama il pallone. Rigo dopo rigo, ricompone la figura di un fuoriclasse che in fondo non si è mai discostato granché da quel bambino che dribblava tavolini e gambe dei clienti.

Sia chiaro, non è un libro che dribbla il calcio e va per la tangente. No no. È un libro che parla di calcio e di Iniesta, che si sofferma sul modo di giocare, che entra sul campo. Che ce lo mostra come se lo stessimo ammirando in tv. Non è un esercizio di stile. Racconta, senza enfasi, come si diventa Iniesta. L’essere decisivi che può essere una caratteristica che hai impresso nel Dna. Montieri accompagna il lettore, non lo istruisce. Lungo il racconto ricorda i momenti che hanno segnato la carriera del numero 8 del Barcellona di Guardiola. Ha fatto la storia quando le partite erano avviate alla fine. Si può essere forti e non decisivi. Iniesta era decisivo. Che fosse il Mondiale. Che fosse la Nike Premier Cup torneo a squadre Under 15. Che fosse una semifinale di Champions League giocata contro il Chelsea, brutalizzata dall’arbitraggio di Ovrebo che resterà per sempre impresso nella mente dei tifosi dei Blues. Assieme, ovviamente, al gol di Iniesta all’ultimo minuto.

È un libro che prende la forma di Iniesta. Misurato. Che va in gol senza clamore. Montieri svela il significato profondo di quella corsa dopo il gol mondiale all’Olanda. Una corsa persino sfrenata per Iniesta nonostante valesse un Mondiale. La scritta sotto la maglietta – “DANI JARQUE SIEMPRE CON NOSOTROS” -, come nacque. Chi era Dani Jarque l’amico di Andrés che giocava con l’Espanyol e morì un anno prima, a Firenze. Tragico addio che spalancò ad Andrés l’universo della depressione che Montieri associa a un colore bianco opaco. Illuminante la descrizione di come affrontò la terapia: con la stessa meticolosità con cui curava gli allenamenti.

“La dottoressa Puig ha dichiarato che arrivava sempre dieci o quindici minuti prima, per concentrarsi, per prepararsi”.

Un giorno, agli albori del ciclo di Guardiola, in piena tempesta, aprì la porta di Pep e disse: «Crediamo molto in te e nel lavoro che stiamo facendo, ti seguiamo, ci fidiamo, la squadra è con te». Iniesta e il Barcellona tornarono alla vita. E la Spagna vinse il Mondiale.

Merita una menzione la sola occasione in cui l’illusionista venne meno al suo stile misurato. Quando parlava di Mourinho. «Ha rovinato il calcio spagnolo, non mi piace parlare di questo personaggio». E anni dopo: «Non c’era più la rivalità, c’era l’odio. (…) Non c’era bisogno di essere al Barça o al Real Madrid per accorgersi che la situazione era diventata intollerabile, la responsabilità era di Mourinho, impossibile da non vedere.

Scrive Montieri:

Espressioni forti e decise lontane dai toni consueti di Iniesta: tutto ciò dimostra quanto sia difficile andare d’accordo con Mourinho (e come siano distanti la sua filosofia e il suo approccio rispetto a quello dei catalani) e soprattutto quanto sia risoluto Insiesta quando occorre difendere un’idea o un amico. Appunto, al tempo di quelle polemiche il papà di Andrés dichiara che a scatenare la rabbia di suo figlio fu soprattutto il modo in cui Mourinho trattò Casillas, un amico e compagno di Nazionale.

“È solo il mio modo di vedere le cose” disse Noodles. Ecco, vale lo stesso per Iniesta.

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