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Lorella Cuccarini: «Pippo Baudo mi notò a una convention di gelati» 

Al CorSera: «Sono finita tante volte al Pronto soccorso, ballando. Solo con Gino Landi quattro o cinque volte. Mi chiamano bertuccia: cado sempre bene» 

Lorella Cuccarini: «Pippo Baudo mi notò a una convention di gelati» 

Sul Corriere della Sera un’intervista a Lorella Cuccarini. Racconta la sua infanzia a Roma, nel quartiere Prenestino.

«Mamma sarta, mi ha cresciuta lei, con tanti sacrifici, dopo la separazione da papà. Due fratelli più grandi: ancora oggi, a 56 anni, sono la piccola di casa che deve essere protetta. A tre, allo specchio emulavo i balletti dei varietà tv. Da lì a studiare danza, ho dovuto aspettare i nove anni, quando abbiamo cambiato casa e c’era vicino una palestra con qualche lezione di balletto».

Finite le medie, scelse di fare la segretaria nella scuola di danza pur di continuare ad allenarsi. I suoi modelli, dice, erano Carla Fracci e Raffaella Carrà.

Racconta:

«A 12 anni, non fui ammessa all’Accademia, fu una delusione enorme, la vissi come un’ingiustizia. Ma cominciai a implementare danza moderna e jazz, in fondo, ero sempre stata attratta dai lustrini, dalla donna di spettacolo a tutto campo, da Raffaella. Anche lì, accadde una cosa inimmaginabile: Enzo Paolo Turchi selezionò dei ragazzi per un numero con lei. Avevo forse 13 anni, mi scelsero. A vederla a un passo da me, con un lungo abito bianco, mi emozionai così tanto che, a casa, mi venne l’orticaria».

In tv approdò grazie a Pippo Baudo.

«Una convention di gelati che, a guardare la paga, avrei rifiutato. C’era Pippo Baudo, mi vide e mi fece chiamare dal suo agente. Io mi dicevo: non può capitare a me, dov’è la fregatura? Nel dubbio, mi feci accompagnare da mamma».

Racconta la fatica di otto ore di fila di prove.

«Nel nostro mestiere deve esserci una componente di masochismo… Ricordo le volte che sono finita al Pronto soccorso… Per i lividi alle gambe, mi faceva dolore tenerci sopra il lenzuolo. Gino Landi dice che sono stata un modello perché non ho mai detto no a un coreografo. Era uno sperimentatore, mi ha mandata all’ospedale quattro o cinque volte. Un giorno, mi fece fare una serie di spaccate su una fila di dieci tavolini messi a distanza di un metro e mezzo. Passavo da uno all’altro con due porteur che mi tenevano per l’ascella, su una musica tipo can can: gamba, spaccata; gamba, spaccata. Avevo i polpacci neri. Una volta, sono caduta e ho battuto la nuca; un’altra, un ballerino non fece in tempo a prendermi… Ma mi chiamano bertuccia: cado sempre bene. È una qualità che affini col tempo».

Dopo il varietà ha lavorato in tv con diversi spettacoli, oggi è ad Amici. Nessun rimpianto, dice.

«No, perché mi sono sempre vista come una donna di spettacolo. Nella mia vita, ci sono tante prime volte, segno che rischio in prima persona. Mi piace quando puoi dire di aver aperto una strada, come il musical: fare Grease sembrava impensabile e invece siamo stati in scena tre anni di seguito. Le cose cambiano e io mi proietto in avanti: non puoi fermare il vento con le mani. Il momento più brutto fu quando la Rai mi lasciò a casa tre anni senza lavorare e senza darmi una spiegazione. Nello stesso periodo, persi mamma, mi operai alla tiroide. Ma, col senno di poi, è stato uno di quei momenti in cui dai il giusto valore a ciò che hai costruito, capisci che nulla ti è dovuto e ogni conquista va guadagnata».

Mai smesso di ballare, anche se solo per allenarsi.

«Sì, mi manca, anche se non ho mai smesso. Mi alleno quattro volte alla settimana per un’ora: non ho né il fisico né l’elasticità e la forza dei vent’anni, però quando potrò tornare in teatro so che supplisco con esperienza, passione ed energia che non hanno uguali. Lavoro a delle idee, ma i miei spettacoli vivono di pubblico: con una capienza bassa per Covid non starebbero in piedi».

 

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