ilNapolista

Dite a Conte che l’Inter vince lo stesso, senza di lui

La squadra di Inzaghi per ora tiene. Il collasso imminente era evidentemente solo una percezione mediatica: le squadre non solo solo gli allenatori, nemmeno i più egotici

Dite a Conte che l’Inter vince lo stesso, senza di lui

Il tifoso dell’Inter – quello che per tic narrativo è dipinto come degno seguace d’una squadra “pazza” e quindi a sua volta insano di mente – non crede ai suoi occhi. Aveva fatto i conti con la “dismissione”. S’era preparato ad una stagione di rinculo, con lo scudetto cucito sulla maglia in memoria del tempo perduto. Conte nel frattempo s’aggirava negli studi di Sky ricalibrando la sua immagine da tecnico ossessionato a macchietta isterica, tanto da farne uno show, il Conte Show. E s’era portato via le chiavi del successo, intestandosi le meraviglie dell’ultimo anno come solo gli egomaniaci sanno fare.

Senza dissimulare un principio che al resto del mondo pareva tutto sommato logico: l’Inter di Conte vinceva grazie a Conte, soprattutto. Il grande condottiero incazzoso. Certo: Lukaku. E Hakimi, come no. Ma Conte, signora mia… Seguivano sospiri del povero tifoso ansimante, per un’estate intera investito da un drammone emotivo: un club che mentre vince lo scudetto s’affanna a tagliare gli stipendi dove può, subito, prima ancora dell’esultanza.

Arriva Inzaghi, e gli vendono Hakimi e poi Lukaku. Non essendo Conte, o non ancora, Inzaghi non può giocarsi la carta del “top player in panchina” (sì, cosa ci è toccato leggere per mesi), e quindi resiste all’avvilimento collettivo come può.

Ma cos’è tutta sta luce, all’alba delle prime cinque giornate di campionato? Inter prima (aspettando il Napoli), tre vittorie e un pareggio. 4-0 al Genoa all’esordio, 3-1 a Verona, 2-2 in rimonta con la Samp,  6-1 al Bologna, 3-1 a Firenze in rimonta. In mezzo una buona prestazione col Real Madrid in Champions.

Il collasso imminente era evidentemente solo una percezione mediatica. Tanto è vero che i bookmakers davano l’Inter come favorita per lo scudetto anche ad agosto, e perseverano tuttora. E chi fa le quote ha un occhio freddo, gelido, autorevole, sulle cose dello sport. Aggiungiamo un altro distinguo: l’Inter di Conte poi lo scudetto l’ha vinto, ed è arrivata in finale di Europa League. La successiva, quella di Inzaghi, s’è data un certo lustro per 6 partite. Mica per cinquanta, come direbbe Mourinho. Ma il dato, precoce quanto volete, è che non c’è stato il tonfo. L’Inter è sopravvissuta persino all’addio di Conte e Lukaku, per ora. Non era scontato. Per i montatori di panna è proprio una sorpresa.

Sconcerti sul Corriere della sera scrive che “l’Inter si conferma squadra di vertice, è completa, Dzeko l’ha impreziosita, Inzaghi ha perfezionato il suo intuito nei tempi di gioco. In questo momento è la squadra che ha più il risultato spontaneo, in qualunque modo si mostri. Ha la forza per prendersi i dettagli della partita, sa costruirsi i suoi particolari”.

Per Garlando, Gazzetta dello sport, “dopo un primo tempo svogliato e impreciso, ha riordinato i sentimenti e ha sbranato la partita con tre gol, dimostrando tutte le sue poderose potenzialità”. “I meccanismi funzionano a prescindere dagli interpreti”.

E Barillà su La Stampa ammette che l’Inter “svela qualità e cinismo, sa resistere e colpire, trasformarsi e imporsi, segnare con facilità e fantasia: adesso sono undici marcatori diversi. Carattere e non solo organizzazione, legittimo guardare avanti con fiducia”.

Sarà anche un abbaglio dettato dalla cronaca, ma questa riformulazione solida dell’Inter di Inzaghi ha un valore ulteriore: trasmette il senso della misura. Non era evidentemente Conte il primattore dell’Inter, come non lo sono in genere gli allenatori se non quando fanno danni per evidente incompetenza. A quel livello, la squadra può resistere anche ai traumi del degrado economico, soprattutto se il sostituto di Lukaku è Dzeko, e quello di Hakimi è Dumfries. E se Inzaghi, modestamente, riesce a portarsi a Milano Correa nel bagaglio a mano. Nel contesto d’una Serie A, questa sì decadente.

L’egolatria di Conte, per molti uno scudo per altri un alibi, aveva trasformato l’Inter in una sua creatura esclusiva. Di sponda allo scorso anno Conte s’è riposizionato tra i “big” della panchina, e in attesa d’un lavoro consono è riuscito a rivendersi come star persino in tv. Non un semplice commentatore della Champions di Sky, no: “special guest”. Come se Capello – per dirne un altro che frequenta gli stessi studi – fosse un comprimario.

Inzaghi ha normalizzato finora quell’immagine distorta. In attesa che scoppi, o no, l’Inter s’è liberata d’un’ossessione.

ilnapolista © riproduzione riservata