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Da Maresca a Manfredi: la società civile come il professore de L’angelo azzurro

Stimati professionisti ridotti a un tavolino con Hugo Maradona o in posa per negare la propria juventinità pur di provare a diventare sindaco di Napoli

Da Maresca a Manfredi: la società civile come il professore de L’angelo azzurro

Molto tempo fa, con ogni probabilità correva ancora il Novecento, il sindaco pidiessino di Castellammare di Stabia Catello Polito – peraltro genetista e docente universitario – regalò una battuta fulminante sulla società civile: «E che so’ incivile io?». Superiore persino alla ferocia con cui Rosa Russo Iervolino bollava i professionisti della città che di tanto si riunivano in associazioni apparentemente culturali ma sostanzialmente intolleranti alla sua azione politica.

Nel wendersiano corso del tempo, la società civile ha creduto di impossessarsi della politica. E la politica ha lasciato che si illudesse. Essere un politico è considerata una vergogna. Il processo è lungo, lo conosciamo. Prima lo stigma di Tangentopoli, poi venticinque anni di seconda repubblica che hanno portato all’esplosione del grillismo. Quando è tempo di elezione diretta del sindaco, parte la caccia al volto autorevole e presentabile. Che irrompe col suo presunto bagaglio di competenze. È ovviamente una finzione. Anche perché di quelle competenze la politica non sa che farsene. Devono rimanere al di fuori del palazzo. Sono, per così dire, ornamentali.

Di fatto, il prescelto esponente della società civile svolge più o meno il ruolo della cheerleader, è la ragazza pon pon. Non sdegnatevi, l’esempio più calzante sarebbe quello del prestanome. Quindi, fatti i conti, meglio la cheerleader. In campo, ci va sempre la politica. La politica porta i voti. La politica chiude gli accordi gli elettorali. La politica stabilisce i candidati. La politica fa l’elenco delle nomine. Il candidato della società civile si mette in posa, stringe mani, regala frasi più o meno autorevoli, e soprattutto appaga il suo ego ritrovandosi in tv, sui quotidiani, su cartelloni propagandistici. Se poi riesce a sfruttare al meglio le correnti ascensionali e i contesti storici particolarmente favorevoli, si ritrova persino a Palazzo Chigi come Giuseppe Conte. Ma per un Conte che iscrive il proprio nome per due volte nella storia di questo Paese, ce ne sono tanti altri che non vanno oltre qualche dignitosa partitella di periferia.

Accantonata l’idea che lo facciano per provare a donare alla collettività un domani migliore, il punto ci sembra proprio quello toccato in precedenza: l’appagamento dell’ego. Che però chiama in causa una domanda: il gioco vale davvero la candela? Per spiegarci: che cosa spinge uno stimato pm anticamorra come Catello Maresca, uno il cui volto viene associato a coloro i quali hanno rischiato la vita per mettersi al servizio al Bene, che vive sotto scorta da tredici anni, che ha arrestato il boss Michele Zagaria, a mettersi tutto alle spalle per sedersi a un tavolo per annunciare con Enzo Rivellini la candidatura di Hugo Maradona nelle sue liste? È così potente il fascino della politica? Così stordente al punto di mettere a rischio – in realtà il rischio è bello che andato – un’immagine costruita in decenni di studi, impegno, sacrifici, nottate al servizio dello Stato? Sì sì, conosciamo quel vecchio adagio che paragona l’arte del comandare a quella dell’amare. Ma anche un pm anticamorra ha potere. E poi, ci chiediamo, quale potere gestirebbe un sindaco di Napoli? Dovrà principalmente tenere a bada una messe di questuanti, a partire da quelli della propria parte. Certo si sentirà al centro di una rete, il telefono o i telefoni squilleranno in continuazione. Il punto è sempre chi c’è dall’altra parte della cornetta.

Non riusciamo a non pensare al professore de L’angelo azzurro che almeno ha l’attenuante di essersi innamorato di Marlene Dietrich e non del proprio narcisismo. A Napoli, ovviamente, il discorso vale anche per l’ex ministro Gaetano Manfredi, già rettore della Federico II, costretto a negare il proprio tifo per la Juventus, a rilasciare dichiarazioni che definire imbarazzanti è riduttivo e persino a mettersi in posa di fronte al santuario maradoniano ai Quartieri Spagnoli. Il tutto per poter gestire un giorno – non si sa con quale diritto all’ultima parola – la nomina dell’assessore comunale ai Rifiuti solidi urbani. Magari al termine di una riunione notturna, in una stanza fumosa, in cui più di un partecipante ha seri problemi con la lingua italiana.

Magari il giorno dopo si va a Porta a porta. Hai visto mai.

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