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Che si fa con Dazn? Per i più diplomatici “bisogna dialogare”, come coi talebani

Il primo weekend totalmente in streaming è stato un disastro: il tifoso ora può sacramentare sulle Cdn invece che su un rigore sbagliato

Che si fa con Dazn? Per i più diplomatici “bisogna dialogare”, come coi talebani

#DAZNout, #DAZNdown ma anche semplicemente #DAZN. Segue cascata di crudeltà, improperi, ironie a grana sottile, meme come solo i cancelletti di Twitter riescono a trasmettere. Le proteste social danno – a decine di migliaia – la misura del generale disagio del tifoso, costretto a sacramentare non solo e non tanto sul rigore fallito, l’espulsione, il gol subito, quanto sulla sua stessa riproducibilità: chi l’ha visto, nascosto tra i pixel della nuova Seria A in streaming forzato? E soprattutto “quando?” Perché nemmeno la contestuale visione di un evento che si consuma in un presente indifferibile – la partita di pallone – è garantita: c’è chi ha imprecato per il primo rigore mandato in curva da Insigne mentre il dirimpettaio urlava per il gol di Elmas. Con uno straniante effetto eco, in una ridondanza di emozioni per lo più impossibili da ricondurre allo stesso innesco.

Questo è stato – per tantissimi italiani – il primo weekend di calcio no-Sky. Con le immagini veicolate dalla rete, in tutte le sue possibili accezioni: il 3g sfigato, il 5g, la fibra 100 o mille, l’adsl, (per alcuni il fax a giudicare dalla lentezza esasperante di molti download). Sulla tv, il pc, lo smartphone, il tablet. Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, e ognuno in fondo perso dietro il sogghigno di Caressa (perché nel frattempo SkyGo – stesse reti di Dazn- funzionava tranquillamente).

È stato un déja-vu. Perché Dazn era già calato sul calcio italiano da un po’, scatenando lo stesso rigetto. Ma si sa, gli italiani assorbono, s’abituano, basculano. Aiutava il canale satellitare piazzato sulla piattaforma Sky, e le poche occasioni di vero imbuto tecnologico che aveva dissolto la protesta popolare. Ora che tutto, in semi-esclusiva, deve passare per quelle maledette Cdn che nessuno sa davvero cosa siano, ecco che ci si ritrova tutti al bar Mario, prima o poi. E invece di azzuffarci su Ronaldo o su Osimhen, tutti a discutere di snodi, di Content delivery network, di rotelline che girano sul più bello trasformandolo nel più brutto.

Il “downgrade” del segnale è esso stesso un segnale: l’utente finale che s’alambicca per disdire ed accendere abbonamenti sempre più onerosi (nel loro sommarsi) pretende – giustamente – un servizio adeguato. Soprattutto in virtù dell’abituale. Il passaggio dal 4k alla definizione da 56k è un trauma. Ed è il trionfo del “te l’avevo detto”.

la visione con Dazn

L’alta definizione di Dazn, dettaglio

Lo spezzatino, progettato per estrarre tutta la ricchezza possibile dal pacchetto del calcio visibile, diventa a questo punto una mazzata sui piedi: il pubblico s’incazza ben cadenzato, dal sabato pomeriggio al lunedì sera, e così a turno protestano i tifosi dell’Inter, del Milan, del Napoli, della Juve… Ogni partita una mitragliata di insulti.

Con un ecosistema infrastrutturale così complicato il rimpallo delle responsabilità è fisiologico: è colpa di Dazn che non riesce a gestire la massa degli utenti connessi (“le Cdn signora mia!”)? È colpa della rete? E di quale rete? Tim, Vodafone, Wind-Tre, Fastweb? O non sarà sto benedetto televisore 18K che non è abituato a tanta povertà di qualità video? Nel vai-a-sape’ si disperde un capitale d’energie che il tifoso – mediamente – vorrebbe sprecare in ben altre faccende.

La Lega di Serie A – che ricordiamo ha come main sponsor lo stesso main sponsor di Dazn, ovvero Tim – ha scritto a Dazn, chiedendo conto dei disservizi. Sono gli stessi presidenti che si sono preoccupati moltissimo di bandire un alza al rialzo, ma assai meno di pretendere delle garanzie qualitative. Come se il prodotto così svilito alla fine non fosse il loro. A parziale alibi s’atteggiano a innovatori: “L’abbiamo fatto per stimolare la politica a migliorare le infrastrutture”, ha detto Lotito. Temono per il weekend del 12 settembre, con Milan-Lazio e Juventus-Napoli in calendario e quattro metropoli a saturare le vie della rete. Né Fastweb né Vodafone, nel frattempo, segnalano sovraccarichi, quindi tutto riconduce a Dazn.

E dunque, che si fa? I più diplomatici dicono che “con Dazn bisogna dialogare”, come coi Talebani. Altri – i Tvirologi – affermano che “con la terza dose Dazn funziona”. C’è chi osserva che le scuse di Dazn sono in realtà quelle dell’anno scorso che arrivano in ritardo come tutto il resto. E’ una vena satirica ampiamente battuta. Ma c’è chi giustamente s’impunta:

Intanto, è cronaca, si assiste avviliti ad un garbuglio che non tiene conto delle esigenze di chi paga, e s’ostina ad evitare soluzioni poco urbane come “pezzotti” e siti pirata. Con punte epiche: gli highlights che vanno su Rete4 ma non su Sky. A questo punto la rotella che s’aggira su Insigne al momento del tiro da dischetto è il meno. Il passo successivo, per i sani di mente, è “usciamo a prenderci un gelato”: c’è chi a Dazn preferirà la vita.

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