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L’Europeo di Bernardeschi conferma la validità della legge di Kolarov

“I tifosi non capiscono di calcio”, disse. E infatti ci siamo dovuti sorbire il dibattito pre-Europei su Politano. Una deriva sempre più difficile da arginare

L’Europeo di Bernardeschi conferma la validità della legge di Kolarov
Londra (Inghilterra) 06/07/2021 - Euro 2020 / Italia-Spagna / foto Image Sport nella foto: Federico Bernardeschi

Ci deve essere – e di sicuro c’è – un inizio della zona d’ombra. È quell’orizzonte dopo il quale rifiutiamo di sollevare un’eccezione o farci una domanda, essendo convinti della innocuità di questa sospensione del dubbio. Nel calcio esso è assai mobile e visibile ed è ciò che Kolarov ha succintamente distillato nella sua prima legge del football, che del tifoso riconosce non già l’ignoranza – ché, si badi bene, essa sarebbe lacuna colmabile –  ma la irriducibile incapacità di intendere il calcio. Al tifoso il calcio parlerà, nei secoli, una lingua sconosciuta.

Un esempio di declinazione locale di questo limite pelota-intellettivo è stata la polemicuccia sulla mancata convocazione di Politano in nazionale. La realtà, saltata come di consueto a pie’ pari (è difficile non comprendere che Bernardeschi, scelto al posto dell’azzurro, sia un giocatore di migliore utilità tattica rispetto al napoletano) non ha lasciato spazio neppure alla oggettiva constatazione che, essendo Mancini un tecnico di esperienza, la sua scelta dovesse avere fondamento razionale. Tale constatazione, infatti, avrebbe richiesto una autoanalisi, a base di assiomi e deduzioni, che avrebbe infranto la succitata legge Kolaroviana. La storia ha visto poi Bernardeschi segnare due rigori pesantissimi in altrettante partite consecutive, segno che forse qualche motivo doveva effettivamente esistere per questa chiamata in azzurro, pur non risultando evidentemente sufficiente a vincere la credibilità dei tifosi. Per rispettare il principio di inconoscibilità del calcio da parte del supporter, la motivazione generata per la pronta consumazione è stata la ovvia longa manus dei poteri forti che tramano contro il sud (“perché io so’ sfortunato” di Nennillo, riveduto e corretto).

Nell’immediato dopo partita, agli intervistatori che, col piglio di acuti tenenti Colombo, gli chiedevano come mai in nazionale si fosse espresso meglio che nel proprio club, Bernardeschi stranamente non ha saputo rispondere ed ha finito col commuoversi. È un calciatore che ha confessato di aver commesso un abominevole crimine in Italia: ha disputato un campionato scadente – cosa che, in una nazione adusa a livelli massimi di produttività a livello planetario ed in pressoché tutti i settori, risulta davvero spiacevole. In Italia non puoi sbagliare senza che immediatamente scatti la richiesta di dimissioni, tipicamente precedute dalla lista dei paesi meritocratici e civili ove tali dimissioni sarebbero banalmente all’ordine del giorno.

Ora che gli Azzurri hanno coronato un’impresa, potrebbe avere scarso senso risvegliare un discorso di piccolo cabotaggio come questo. Né Bernardeschi è il calciatore dei sogni che tutti desideriamo. Ma a questa zona d’ombra del tifo, alla sua potenzialità violenta e ai corollari dell’effetto Kolarov è bene fare attenzione.

Ad esempio, se in rete cercate oggi “Italia Inghilterra” su YouTube, tra i primi cento risultati ne troverete ottanta di “reazioni di tifosi”. È arduo non percepire alcun pericolo dinanzi a questa incapacità di capire rivendicata e sublimata ad attività redditizia. Esiste un nutritissimo gruppo di attivi vlogger e di relativi seguaci che ha un interesse apparentemente irrefrenabile verso mugolii o grida di gente sconosciuta che guarda le partite davanti ad uno schermo. Molti condiscono i filmati con titoli perentori del tipo “ora dico la mia”. Non che prima il bar dello sport non fosse costantemente frequentato da umarell pieni di sé – il problema nuovo di oggi è che essi si danno vicendevolmente vita. Il deficit pelota-cognitivo del tifoso non solo non è un problema, diventa anzi un valore aggiunto. Un impiego.

La strada che porta ai deliri cui assistiamo oggi contro Rashford e Saka sembra essere tutt’altro affare. E, nella fredda e giusta cronaca, lo è ed è giusto che lo sia. Ma la sua origine risiede nella medesima legge di Kolarov e se oggi emerge e trova forze ed evidenza, nella sua pericolosità,  tra i britannici, è solo perché la sconfitta in finale ha lasciato la parola alla carne viva dei tifosi kolaroviani mentre noi godiamo del tepore stordente della vittoria che, per fortuna, tutto dimentica.

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