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Il figlio di Carla Fracci: «Ci ha lasciati con sguardi di amore, fiera di averci resi persone con solidi principi»

Francesco Menegazzi al Corriere: «Ricordava con orgoglio la sua infanzia trascorsa a governare le oche nella campagna del cremonese. Non si è mai montata la testa. Avvicinava solo persone gentili» 

Il figlio di Carla Fracci: «Ci ha lasciati con sguardi di amore, fiera di averci resi persone con solidi principi»

Ieri la morte di Carla Fracci, a Milano. Era da tempo malata di tumore. Oggi il Corriere della Sera intervista suo figlio, Francesco Menegatti, architetto e insegnante al Politecnico di Milano. Parla di un «rapido peggioramento, una morte che non ci aspettavamo». E racconra gli ultimi istanti di vita della madre.

«Non parole, ma sguardi pieni di profondo amore per me, per mio papà Beppe, per la collaboratrice storica Luisa Graziadei, per mia moglie Dina e per i suoi nipoti, Giovanni e Ariele».

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«Ci ha lasciati con la convinzione di aver fatto del bene, credo fosse fiera di averci reso persone serie con solidi principi. Una raccomandazione che mia madre ripeteva, ed è significativo del suo carattere, era di rimanere fedeli agli aspetti più semplici della vita. Ricordava con orgoglio la sua infanzia trascorsa a governare le oche nella campagna del cremonese. Non si è mai montata la testa, nonostante la ribalta».

Nonostante fosse un’étoile amata dal pubblico di tutto il mondo, «era sempre pronta a vivere la quotidianità».

Francesco racconta la sua infanzia.

«Semplice, e allo stesso tempo speciale. Ricordo le fantastiche pause estive nella nostra casa a Firenze dove non succedeva niente di significativo fino alla fine di agosto, quando arrivavano per la preparazione del tour invernale personaggi stranissimi. Gente fuori dal comune, straordinaria, colorata, vitale. Persone così ci hanno accompagnato tutta la vita. Le chiacchiere sotto la loggia, il rumore dei piatti dalla cucina».

Non solo nomi famosi.

«Per mia madre l’aspetto umano veniva prima del mestiere e aveva la tendenza ad avvicinare solo persone gentili. Detestava l’arroganza e la vacuità. Oggi riesco a tendere un filo rosso che li lega tutti, teatranti e artisti».

 

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