L’uscita di Osimhen ha cambiato la partita. Mertens non ha inciso ed Elmas a sinistra è stato inutile. Il Cagliari e il calo fisico hanno fatto il resto
Il Napoli avrebbe potuto battere il Cagliari, lo avrebbe anche meritato. Ma i sardi non hanno rubato nulla. Ci sono alcune osservazioni da fare. Soprattutto per quel che riguarda gli ultimi venti minuti del Napoli e di Gattuso. La squadra ha mostrato un altro volto con l’uscita di Osimhen (che ha subito un colpo alla testa e, ricordiamo, aveva segnato la rete del 2-0 annullata per motivi misteriosi). Il nigeriano è uscito al 75esimo. In quel momento, Gattuso ha utilizzato il secondo slot per le sostituzioni: fuori Osimhen e dentro Mertens che non ha fatto praticamente nulla. Col primo caldo, sul punteggio di 1-o e contro una squadra che non voleva saperne di mollare, Gattuso ha optato per il cambio di default. Col senno di poi, è stato un errore grave. Va riconosciuto che il belga, tranne alcuni lampi dovuti alla sua classe, è l’ombra del calciatore che fu. È stato un cambio inutile.
Sei minuti dopo, il terzo e ultimo slot con due cambi: fuori Zielinski e dentro Bakayoko, fuori Fabian e dentro Elmas. Il nord macedone è stato dirottato a sinistra, proprio come avvenne nella formazione iniziale contro il Granada. Errare è umano, perseverare è diabolico. A quel punto, il Napoli non ha potuto sostituire nessuno e si è ritrovato Koulibaly preda dei crampi, Bakayoko a farne le veci, ed Elmas in una posizione non sua. Rrahmani in panchina a guardare.
Ovviamente il calcio è così. Gli avversari possono segnare in qualsiasi momento. Hanno segnato al 93esimo, ma pochi momenti prima soltanto Meret si è frapposto tra Pavoletti e il gol. Il Napoli era alle corde. Ha patito il caldo, ha patito la lunga rincorsa e soprattutto un avversario che vale decisamente di più dei 32 punti in classifica.
Mancano quattro giornate, la Juventus sta perdendo a Udine, il Napoli è in corsa per conquistare la Champions. Nessun dramma. È però il momento di fare scelte anche nuove, che sovvertano le naturali gerarchie. Meglio un asino vivo che un professore morto. Dev’essere questo il principio guida del finale di campionato.