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Fulco Pratesi: «Sì, ho portato io i gabbiani a Roma. E a casa non ho la doccia»

Al Corriere: «Mi lavo  con la spugna sotto le ascelle e faccio il bidè. Non serve consumare tanta acqua. Sarebbe meglio smettere di fare i cimiteri e lasciarsi divorare dagli avvoltoi» 

Fulco Pratesi: «Sì, ho portato io i gabbiani a Roma. E a casa non ho la doccia»

Il Corriere della Sera intervista Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia. Architetto, ha progettato numerosi parchi nazionali e riserve naturali, sia in Italia che all’estero. Per cinque anni, fino al 2005, è stato presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo. E’ anche giornalista e illustratore. Si definisce un perfetto esempio dei radical chic ambientalisti.

«Sono il perfetto esempio di radical chic, perché dovrei averne vergogna? I veri radical chic sono persone che hanno i soldi, spesso perché hanno alle spalle famiglie facoltose, e che cercano di arginare l’ondata di consumismo e malagrazia. Qualche volta per espiare un certo senso di colpa per essere nati ricchi. Ma radical chic non è un insulto, anzi. Non c’è niente di male nel rappresentare un’élite che coltiva la sensibilità ambientalista».

Prima di fondare il Wwf Italia, Pratesi era un appassionato cacciatore. E’ stato l’unico modo per avvicinarsi alla natura, fino agli anni Sessanta.

«Quanti safari ho fatto. Poi una volta, era il 1963, mi passò accanto un’orsa con tre cuccioli. Mi commosse. Piansi e decisi di smettere con i fucili».

Non meno grave è la pesca, dice.

«Certo, la pesca sembra meno crudele della caccia perché non vedi l’occhio del capriolo che ti guarda spaurito, ma sempre caccia è».

L’ultimo animale che ha ucciso è stata una zanzara, un anno fa, per errore. Cosa di cui si dice dispiaciuto.

«Perché ogni animale possiede un’anima terrestre, la natura sa bene quali sono i suoi equilibri. Non esistono animali più sacrificabili di altri, è questo il punto. Per esempio, i gatti sono ecologici, però uccidono i topi».

A proposito di topi:

«C’è stato un periodo in cui mi sono messo a seguire gli itinerari dei topi sul Tevere. Avevo imparato dove vanno a nascondersi, che cosa mangiano, dove dormono. Bisogna conoscergli gli animali, è questo il problema».

Un problema che nasce da lontano, in Italia.

«Sì, perché la riforma Gentile del 1923 escluse le Scienze naturali dall’insegnamento. Un errore molto grave del quale ancora oggi paghiamo le conseguenze. Da dove crede che nasca questa noncuranza davanti ad una catastrofe ecologica come quella che stiamo vivendo? Tutti conoscono Dante, ma in quanti conoscono il cervo sardo, per dire?»

E’ stato il Wwf a riportare il cervo sardo in Italia, come il lupo in Abruzzo. E Pratesi ha portato anche i gabbiani a Roma.

«Sì, nel 1973. Mi affidarono una gabbianella ferita, la curammo e la mettemmo nello zoo. Poi lei nidificò e oggi… be’, sono tanti».

Ma né i gabbiani né i piccioni sono fastidiosi come l’uomo.

«L’unica specie fastidiosa, colonizzatrice e sfruttatrice di cui non si parla mai è un’altra. Gli umani. Riponevo molte speranze in papa Francesco, anche perché quel nome mi aveva colpito. Certo, lui si è espresso in favore dell’ecologia e una volta ha anche timidamente accennato al fatto che non bisogna “riprodursi come conigli”, però poteva dire qualcosa in più».

Il fondatore del Wwf vorrebbe abolire i cimiteri. Spiega:

«Diciamo che sarebbe meglio smettere di farne. Soprattutto quelli enormi, magari dotati di cappelle votive grandi come palazzi. Mangiano terreno, danneggiano la natura quando il nostro corpo è destinato a scomparire».

Sarebbe preferibile lasciarsi divorare dagli avvoltoi, come accade in India.

«Io le ho viste le torri dei morti in India, dove secondo i riti zoroastriani lasciano divorare i cadaveri da avvoltoi e nimbi. È una provocazione, certo. E la volta in cui l’ho detto i cattolici mi sono saltati addosso. Ricordo un attacco feroce di Vittorio Messori. Dico solo che in Sardegna c’è una magnifica colonia di avvoltoi. Provocazioni a parte, riflettiamo su una cosa. Passiamo la vita a inquinare il pianeta con il nostro corpo, almeno pensiamo che una volta non più vivi torneremo alla terra e basta. Io e mia moglie Fabrizia abbiamo dato disposizioni per venire cremati. Le ceneri saranno disperse in campagna».

Racconta la sua infanzia da sfollato nel Viterbese, poi il ritorno a Roma, i suoi desideri tarpati dalla necessità di dover condurre l’azienda di famiglia.

«Volevo fare Scienze naturali, ma niente da fare. C’era da sostenere l’impresa di papà. Ma ho fatto l’architetto per anni e volentieri».

Pratesi rivela di non farsi la doccia per non sprecare acqua.

«Da anni non faccio il bagno. La doccia poi mai, l’ho trovata in questa casa ma l’ho fatta togliere. Sa quanti litri d’acqua consumiamo ogni anno? Mi lavo  con la spugna sotto le ascelle e poi ovviamente faccio il bidè. Non serve consumare tanta acqua, basta lavarsi nelle parti critiche con attenzione. Una volta mi chiesero se era opportuno fare pipì sotto la doccia per risparmiare acqua. Mi sembrò eccessivo».

 

 

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