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Felicità è battere 3-1 il Bologna. La mediocrità ha pacificato i tifosi del Napoli

Sono gli effetti positivi della rivoluzione anestetizzante di quest’ultimo anno e mezzo. Non abbiamo più ansia da prestazione e siamo tutti più contenti

Felicità è battere 3-1 il Bologna. La mediocrità ha pacificato i tifosi del Napoli

Il Bologna ha avuto l’effetto di una benzodiazepina. Un ansiolitico. “Mi assume un 3-1 al Bologna due volte la settimana, dopo i pasti. Due euro alla porta grazie”. Ce l’avessero prescritto prima ci saremmo risparmiati annate di malessere isterico, a schiumare livore sul divano in ecopelle. O allo stadio – ve lo ricordate, lo stadio? – a cantilenare “vincere!”, imperativo categorico.

A pensarci ora che tenerezza: incazzati per non aver vinto un campionato a 91 punti; incazzati dopo aver battuto l’allora imbattibile Liverpool; incazzati dopo il secondo posto con Ancelotti; incazzati dopo la semifinale di Europa League con Benitez. Forti, fortissimi, e sempre incazzati. Corrosi da un’ambizione irrisolvibile, montata per anni senza sfogo. Quando bastava un Bologna per acquietarci, pur in somministrazione unica. Bastava farcelo bastare.

Se Gattuso ha fatto anche cose buone – beneficio che nel dubbio non si nega a nessuno, per prassi storica – tra queste c’è il riposizionamento del Napoli nella sua dimensione tradizionale. E la rimodulazione delle aspettative del tifoso alfa: vincere sì, ma non troppo; perdere pure va bene, ma non eccessivamente. Restare al centro dello spettro emozionale, i picchi lasciamoli ai funamboli dell’umore. La quiete, la pace dei sensi era tutto ciò che volevamo.

Fateci caso: s’è quasi estinto persino il “papponismo”. Ancora qualche incontentabile patologico vivacchia sui social, ma sono resistenze, minoranze armate sulle colline della ragione. Il resto di noi s’è scocciato di soffrire, tutto qua.

Ora ci godiamo le piccole gioie della vita, in libreria gli scaffali traboccano di microsaggistica d’auto-aiuto. Tipo “la prima sorsata di birra”, un tuffo fuori stagione alla Gaiola, la Juve eliminata agli ottavi di Champions. Chi s’accontenta gode, così così. Siamo usciti a fatica da un decennio yuppie, in cui il successo del Napoli era teoricamente il metro di tutto. Ma non abbiamo mai davvero vinto, non quanto pensavamo di meritare. Il metro s’è accorciato, è diventato un centimetro. E ci siamo un po’ arresi. Le dimensioni non sono importanti.

La rivoluzione anestetizzante di quest’ultimo anno e mezzo ci ha fatto riassaporare il gusto della semplicità. Un cucchiaio d’olio Cuore, la staccionata da saltare, ma alla Fosbury. Le cose buone d’una volta.

E non è solo una percezione intima. Riflettiamo un nirvana che piace a tutti. La condiscendenza del Club di Caressa dopo l’impresa – sì, il 3-1 al Bologna – vale una lettera d’amore, una dimostrazione d’affetto pubblica: vogliono il nostro bene, vogliono solo saperci felici. Come eravamo un tempo, quando non sapevamo d’esserlo. Prima che l’Europa, la lotta per lo scudetto, le nobili rivalità e le cattive compagnie alimentassero una mentalità, a tratti un delirio. “Vincere!”. E se non si vince, poi, la frustrazione, le bestemmie, il veleno.

La ritrovata mediocrità invece – nessuno s’offenda – è meno imbarazzante dello sconforto. È più aderente alla nostra identità di tifosi basici, magari ora più saggi e concreti, sicuramente stanchi. A perdere una partita su tre, sul lungo periodo, si fa l’abitudine. Se nel mentre battiamo il Benevento, o il Bologna, foss’anche la Juventus, adesso ci godiamo il viaggio tra le morbidezze della provincia, non più la meta.

Campare oltre le proprie possibilità alimenta illusioni che non possiamo permetterci. Il contesto sociale è già pesante di suo. Nell’impossibilità di concupire la modella che ammicca in fondo al bar, allora meglio il focolare domestico, una moglie accudente, il rassicurante pasto caldo, la camicia inamidata bene che domani ho una “call”. Detta così sembra la intro fulminante di Trainspotting (“scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo…”) ma è proprio questo il punto: “Scegliete la vita”, e noi abbiamo scelto il Bologna.

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