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Se avesse detto «‘a bucchina ‘e mammeta» Insigne non sarebbe stato espulso

“Vai a cagare!” con la “g”… Espulso per offesa a pubblico ufficiale, in italiano. La sua prima volta, un inedito. Ha voluto fare il milanese istruito a Milano

“Ma vai a cagare!”. Non “cacare”… con la “g” proprio. E quella “g” ha fatto il guaio.

Ha esagerato, Insigne. Ha voluto alzare l’asticella della protesta, sentirsi per una volta internazionale, lì alla Scala del calcio mentre il suo Napoli si giocava un pezzo di scudetto con l’Inter. L’eco di quel “va a cagare” è rimbalzata sugli anelli vuoti di San Siro prima che l’intercettasse Massa. Cagare, con la g. Una grassa rimostranza da tutti intellegibile, solo proctologicamente corretta. Espulso per offesa a pubblico ufficiale, in italiano. La sua prima volta, un inedito. Ha voluto fare il milanese istruito, a Milano.

Ora tutti si concentrano sul “va a cagare”, versato in prosa da Gattuso nelle interviste post-partita, ufficializzato nel vano tentativo di disinnescarlo. Ma Insigne c’aveva provato per tutta la serata, altroché.

Va scuà l mar cun la furchèta“, aveva detto a Massa una prima volta, già dopo 10 minuti. Continuava a urlare “Ciaparàtt!” ad avversari e compagni, che sospettosi si guardavano l’un l’altro cercando conforto.

Va a dà via i ciap”, ha detto a Skriniar intorno alla mezzora, per un fallaccio punito da Massa con una carezza sul viso e un occhiolino. Ma quello non capiva. E allora lui se n’è andato sdegnato: “Terun…

Una serataccia. Culminata col va-a-cagare-con-la-g. Massa a quel punto non poteva sottrarsi. Non poteva far finta di non comprendere l’intercalare. Era troppo chiaro, esplicito, irriguardoso. Detto da lui, poi, scandito con un lieve accento da bassa Padania. Intollerabile.

Poco da cavillare. C’è persino una sentenza della Cassazione (la n.15350 del 21 aprile 2010) che sancisce la gravità del fatto:

 «”va a cagare” è un’espressione brutalmente volgare, che zittisce l’interlocutore, lo ridicolizza troncando ogni discussione. Lo scurrile e crudo frasario, ampiamente esulante dalla mera e insofferenza o fastidio, attinge l’interlocutore con virulenza demolitoria, vulnerandone il senso di dignità e rispetto che accompagna la persona nella sua dimensione individuale e sociale»

Vuoi mettere con un bel “a bucchina ‘e mammt!”? Lo chic che non impegna. E non lascia la squadra in dieci.

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