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Lontano dalla vetta, il tifoso del Napoli è soddisfatto e rilassato

In città c’era molta più tensione quando la squadra era ai vertici. La Coppa Italia non è più una coppetta. Anche il vento su De Laurentiis è cambiato

Lontano dalla vetta, il tifoso del Napoli è soddisfatto e rilassato
foto Hermann

La felicità del tifoso è un sentimento irrazionale. È un moto dell’anima del tutto personale e, misteriosamente, quasi mai legato ai risultati. Forse lo è molto di più ai sogni e alle aspettative soddisfatte. Le vittorie possono rendere felici i tifosi, ma anche no. Basta andare sulle pagine web dei tifosi juventini per rendersene conto.

Di sicuro i tifosi napoletani, da quanto si respira e si legge sui social network, oggi sono molto più tranquilli e soddisfatti rispetto agli appassionati di altre squadre. E molto più sereni rispetto alle polemiche di qualche recente stagione.

Eppure il Napoli potrebbe concludere il suo peggior campionato dal 2009-2010 in termini di piazzamento. E, nella migliore delle ipotesi, gli azzurri potranno raggiungere al massimo i 68 punti, quarto peggior punteggio degli ultimi 11 campionati, undici in meno rispetto all’insoddisfacente torneo scorso e appena nove in più rispetto al primo di Mazzarri, subentrato a Donadoni a fine 2009.

E invece, nonostante i numeri, per il tifoso post-lockdown c’è di che essere soddisfatti. La Coppa Italia, che ai tempi di Benitez era una semplice coppetta, per i tifosi del 2020 è diventata finalmente un trofeo di cui andare fieri. E c’è ancora una Champions League da giocare, nella quale però gli azzurri partono sfavoriti (nonostante la crisi prolungata del Barcellona) ma il tifoso è rilassato quando pensa a questa competizione. Difficile che il suo stato d’animo possa cambiare, persino in caso di rapida eliminazione.

De Laurentiis non viene più definito quotidianamente “il pappone”. Lo era quando arrivava secondo, non lo è più oggi che è settimo. Forse è merito di alcune decisioni gradite al popolo tifoso, forse è merito del tanto agognato uso della frusta, o forse di un calciomercato apparentemente propositivo.

O forse è solo l’evangelica sindrome del figliol prodigo. Così come il Padre Misericordioso era felice per il ritorno del figlio dissoluto (e neanche notava più il figlio diligente che si era sempre comportato bene), il tifoso del 2020 è felice perché questo Napoli “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

La tifoseria è quindi pronta ad uccidere il vitello grasso, come mai lo era stata negli ultimi anni.

E pensare che se oggi il Napoli si fosse ritrovato nelle stesse condizioni delle squadre che inseguono la Juventus, ovvero la condizione che ha caratterizzato i campionati azzurri negli ultimi anni, i sentimenti prevalenti dei napoletani sarebbero invece di rabbia, frustrazione, delusione e sconforto.

Nei panni dei tifosi dell’Atalanta staremmo imprecando perché, nonostante i 93 gol fatti, ci ritroveremmo lontanissimi dallo scudetto. E la questione arbitrale sarebbe ancora una volta all’ordine del giorno.

Nei panni dei laziali staremmo discutendo delle sconcertanti prestazioni nelle ultime partite. Si parlerebbe apertamente di “presidente che non vuole vincere”, o di “scudetto venduto”.

Nei panni degli interisti non ne parliamo proprio. Il popolo tifoso sarebbe già sceso in piazza con la rabbia in corpo per l’ennesima stagione da favoriti, finita senza neanche un titolo. Il presidente sarebbe stato attaccato dai media e sui social per aver buttato i soldi in calciatori inutili, mentre l’allenatore avrebbe subito un pesantissimo processo mediatico, fino ad essere definito distruttore e presuntuoso.

In fondo non è né più né meno di ciò che è successo a Napoli tutte le volte che gli azzurri hanno giocato un campionato di vertice, senza però riuscire a vincere lo scudetto.

Saper perdere è troppo difficile. In fondo gli anglosassoni hanno una letteratura immensa sulla cultura della sconfitta e sull’infelicità di essere secondi, da loro definiti come “the first losers”.

Quest’anno ce la caveremo con il sorriso sulle labbra, ma difficilmente impareremo che arrivare vicini alla vittoria e perdere è nell’ordine naturale delle cose. Nello sport c’è chi vince e c’è chi perde.

E arrivare sesti o settimi non è mai meglio che arrivare secondi o terzi.

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