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A Roma la casa rifugio per i gay perseguitati dalle famiglie

Il primo caso una figlia di mafiosi che avevano progettato di ucciderla perché lesbica. Una ragazza stuprata dalla zio che voleva educarla all’eterosessualità

A Roma la casa rifugio per i gay perseguitati dalle famiglie

C’è una palazzina nascosta, nella periferia di Roma Sud. Un luogo protetto. Una casa che accoglie ragazzi omosessuali rifiutati dalle famiglie. Perseguitati dai loro stessi genitori, in alcuni casi. Ne scrive Repubblica, che racconta i dolori degli otto ragazzi che vi hanno trovato rifugio (ma le domande per entrare sono 400 l’anno). Hanno tutti tra i 18 e i 20 anni.

L’appartamento è gestito dal “Gay center” e finanziato interamente dalla Croce Rossa. I ragazzi possono restare qui fino a un anno, hanno il supporto di psicologi, educatori, medici e tutela legale.

C’è Antonia, che diventerà Antonio.

«Sto facendo il percorso per cambiare sesso, per avere i nuovi documenti. Da ragazzino ero così disperato che ho lasciato la scuola, dopo una brutta aggressione. Prima o poi riprenderò. Ma la mia passione è cucire e disegnare modelli: piccole cose che già vendo».

C’è Ania, che è stata stuprata dallo zio che voleva così guarirla dall’amore per le donne. O Abdul, picchiato a sangue dal padre perché amava Guido. Costretto a vedere la madre di nascosto, è riuscito a diplomarsi e adesso sogna di andare all’università.

Alessandro è arrivato da un mese, minacciato di morte dal compagno della madre:

«“Vattene da quegli schifosi come te, sei tutto sbagliato”. mi gridava. Per lui i gay sono peggio dei criminali. Qui finalmente ho iniziato a dormire».

L’idea di aprire questa casa è del presidente di Gay Center, Fabrizio Marrazzo. Racconta:

«Da poco ha finito il suo percorso con noi Carmela, ultimogenita di una famiglia mafiosa, scappata dalla prigione in cui i genitori l’avevano rinchiusa con l’intento di ucciderla perché lesbica. Carmela si opponeva alla famiglia rivendicando la propria omosessualità. È riuscita a fuggire grazie a un cugino che l’ha avvertita del progetto sciagurato dei suoi genitori. In pigiama e soltanto con il cellulare in mano con cui ci ha avvertito. Abbiamo attivato le forze dell’ordine che l’hanno portata da noi. Per lei era già predisposta una vasca con l’acido. Oggi vive felicemente all’estero».

La sfida della casa gay, continua, è portare i ragazzi all’autonomia, sostenerli nell’avviamento al lavoro.

«Chi viene da noi ha soltanto terra bruciata intorno. Abbiamo visto giovani sottoposti a esorcismi, a cure psichiatriche coatte. L’intolleranza contro i gay è radicata e violenta. È stato un errore stralciare dalla legge sull’omofobia il reato di propaganda anti Lgbt. Le ragazze e i ragazzi che arrivano da noi, in fuga dall’orrore, sono vittime proprio di quella propaganda razzista».

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